30 Jacob A. Riis, Monelli di strada in un cortile, New York fine secolo (Museum of the City of New York). BibliotecaGino Bianco dell'epoca, Joyce in particolare. E la soluzione (Joyce andò addirittura a vivere in un altro paese) non era necessariamente che anch'io diventassi un espatriato: bastava che mi trasferissi qualche isolato più giù nella megalopoli di New York, o qualche isolato più su, per abbandonare il mio ambiente, per raggiungere quella specie di distacco in cui tutto, inclusa la tua propria gente, diventa elementi per l'arte, senza alcun senso di avere un profondo impegno nei loro riguardi, nei riguardi della loro lotta di esiliati. Vi fu un periodo in cui pensai di avere un impegno nei riguardi del proletariato. Questa fu la seconda trasformazione. Ma non fu una trasformazione profonda, in realtà non ... Be', vediamo: apparentemente mi sto contraddicendo. Vi fu un periodo in cui ritenni che si trattasse di una trasformazione profonda, mi comportai come se fosse una trasformazione profonda; e penso, sì, di essere stato molto influenzato da questo identificarmi con un movimento rivoluzionario negli Stati Uniti, come facevo negli anni Trenta, più o meno dalla metà degli anni Trenta in poi. Sì, non devo sottovalutarlo. Era un profondo impegno emotivo. Ma è interessante che, ripensando a quel periodo, il mio non era un impegno nel senso che si potrebbe dire ... fosse funzionale, per il quale io agissi dinamicamente all'interno del movimento rivoluzionario. Non sto parlando dello scrittore. Ma non è che venissi fuori con delle idee le quali in qualche modo avessero un qualche effetto sul movimento rivoluzionario, a proposito di ciò che il proletariato potesse o non potesse fare, oppure ciò che l'unità a cui appartenevo - la cellula, come veniva chiamata allora - potesse o non potesse fare per influenzare la gente del quartiere, o nelle fabbriche, o dove vuoi. Questo è molto significativo. Ero passivo, al riguardo - voglio dire, prendevo gli ordini dall'alto, o da quelli che davvero erano dinamici, che davvero venivan fuori con delle idee, e davo una mano a metterle in pratica. Ma in quanto a vivere la cosa, capisci, così che lo stesso viverla producesse, mettesse in moto, se vogliamo, suggerimenti, proposte, modi di arrivare a coinvolgere nella· rivoluzione cerchi più ampi - questo no, non avvenne. Laddove, adesso, si direbbe che non faccia altro che produrre idee su quello che Israele dovrebbe fare - voglio dire, sono sempre a sognare a occhi aperti su Israele. So che molto di ciò che penso non ha alcun valore politico, ma per me ha un valore spirituale, per me ha perfino un valore letterario, per così dire. Se non sono idee pratiche, sono bizzarre, capisci - ma almeno manifestano un vero impegno, che posso definire soltanto come un impegno vitale; diciamo, come un vero musicista vive la sua musica, o un vero matematico vive i suoi studi - qualcuno che è veramente impegnato, così che la sua vita è connessa in una miriade di modi con l'oggetto del suo impegno. E questo è ciò che, oggi, io provo per Israele. E questa, se vogliamo, è la terza grande trasformazione. Giusto? Ne ho già menzionate due - tendevo a sottovalutarne una, ma si trattò di una vera trasformazione. Una, quella letteraria: consapevolezza, distacco. Due (è interessante, lo sviluppo di questa cosa), due, un tentativo di impegno, all'interno della Internazionale, verso le grandi masse americane, e suppongo un rigetto, o un senso di rigetto, nei riguardi del paese, della nazione. Per cui sembrerebbe che le grandi trasformazioni nella tua vita, o se non altro quelle che hai menzionato, abbiano a che fare con il tuo ruolo di individuo in opposizione o in sintonia con la collettività. Proprio così. Si potrebbe dire, naturalmente, che se uno risalisse al ragazzino ebreo che mai aveva pensato a se stesso come isolato, nello East Side, dal resto dei suoi (scusa l'espressione) coetanei, capisci? - mai si era considerato in alcun modo diverso: quello che loro facevano, anche lui lo faceva; andava al heder, e anche loro andavano al heder; andavano a scuola, e anche lui andava a scuola; giocavano per la strada, osservavano il Sabato - e così lui. Questo è lo stadio primitivo. Il prodotto biologico, diciamo. Poi viene la separazione, viene il trasferimento dall'ambiente omogeneo dello East Side a Harlem, dove si aveva l'egemonia dei gentili, specialmente degli irlandesi. E un adattamento a questo ambiente, e un rapidissimo ripudio di ciò che gli era stato insegnato prima - il giudaismo. Un ripudio che fece tutto il percorso fino a giungere all'alienazione. E naturalmente quel ragazzino non aveva sbocchi: non poteva entrare in quel piccolo mondo non ebraico, irlandese; ma vi si adattò, se lo ingraziò - e così facendo, probabilmente perse una bella fetta potenziale del proprio carattere, perché quando si odia l'ambiente che ci ferisce, e cionostante si cerca di entrarvici accattivandoselo, il carattere si fa amorfo. Per cui, la soluzione alla mia difficile situazione sembrò essere quel "mondo altrove" di Coriolano - il mondo delle arti, il mondo dell'arte, in cui Eda Lou Walton ebbe tanta importanza perché mi offrì la possibilità di entrare nel mondo
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