simo secolo. Cavallo e cavaliere si ergevano su un imponente piedistallo di granito nel mezzo di uno spartitraffico ovale sulla avenida. Intorno alla base del piedistallo c'erano aiuole circondate da prato, piene di piante sfiorite. Lassù in alto, il Cid stava ritto sulle staffe e brandiva la sua lancia imbandierata. Non v'erano dubbi su che cosa la statua bronzea dovesse rappresentare: il valore marziale e l'audacia della Spagna, la prodezza che aveva riconquistato la penisola ai Mori e più tardi aveva soggiogato un nuovo mondo. C'erano due o tre persone in attesa di autobus a varie paradas lungo l'avenida. Tutte, ormai, stavano guardando le attività dell'agrimensore e della sua assistente. Un uomo che passava, l'unico viandante dal loro lato del viale, si fermò a fissare con imperturbata curiosità. "Buenos dìas", disse. "Buenos dìas", disse seccamente l'agrimensore. "Ora comincia il lavoro difficile, Mary. Attraversa. lo calcolo l'angolo". Una donna che attraversava una strada di gran transito con una stadia sarebbe stata una scena strana dappertutto, e Siviglia di domenica mattina non faceva eccezione. Un uomo lasciò una delle paradas e si avvicinò lentamente. Una coppia che passeggiava dall'altra parte del viale cambiò direzione e si diresse verso le operazioni di agrimensura. Un ciclista traballò per un istante sulle ruote senza progredire, quindi smontò e portò la bicicletta al bordo del marciapiede. L'alta stadia parzialmente colorata sembrava attrarre gente da sempre più lontano. Ignorando tutto ciò, l'uomo al tacheometro lavorava intento ai suoi calcoli; poi girò lo strumento in direzione della donna, che adesso era ferma sullo spartitraffico sotto la statua del Cid, e cominciò ad aggiustare il verniero. "Un po' a sinistra, Mary", gridò. "Un paio di passetti". "Qué es esto, seflor?" domandò un giovane con la camicia bianca e la cravatta della domenica. "Un momento. Mary, un po' a sinistra!" urlò alla donna in mezzo alla strada. "Por favor, seflor, mi faccia la cortesia di tenersi da parte". Subito l'agrimensore si accovacciò davanti al suo strumento. Evidentemente gli si erano appannati gli occhiali, perché se li strappò dal naso. "Un altro po'", ordinò. Guardò su dal telescopio. "Dove sei? Bene! Segna lì, esattamente". Con un gessetto, la donna fece una croce al piede della stadia. "Torna qua", gridò lui. "Non posso lasciare il tacheometro". "Fotògrafo?" gli domandò una donna in nero. "No, no", rispose lui. "Agrimensor". "Por qué? Es extranjero", disse lei. L'uomo fece spallucce. "Seflor". Uno degli astanti, un uomo con un berretto basco, si fece avanti. "Qué està usted haciendo?" "Misurazioni", rispose l'agrimensore in spagnolo. La sua assistente stava avvicinandosi. "Va bene, dalla a me", disse, e le andò incontro per prenderle la stadia. "Ora", disse arcigno, porgendole il metro: "Cinquantasei metri e settantacinque". BibliotecaGino Bianco STORIE/ROTH "Sì, lo so il numero. Non t'agitare, Aaron". Stava già allontanandosi, srotolando il metro del quale lui teneva ancora un'estremità. · L'uomo posò per terra la stadia, con la sua estremità del metro tornò rapido al techeometro e s'inginocchiò vicino al piombino che ne pendeva. "Ci sei, Mary?" gridò. Il metro adesso attraversava la strada, e la donna, raggiunto lo spartitraffico, stava allineando il metro con il segno fatto in precedenza. La meraviglia degli astanti aumentava, e così il loro numero. Nuovi arrivati cominciavano a far domande a quelli già presenti. "lngleses?... Me parecen americanos... Qué hacen?" "Una macchina!" venne il grido d'avvertimento della donna da mezzo alla avenida. "Abbassa il metro!" urlò l'agrimensore dalla sua posizione ricurva. "Abbassa il metro, Mary. Fagli cenno di proseguire!" Alla sua estremità del metro, la donna sorrise implorante al conducente di una piccola Seat che si era fermata davanti allo stretto nastro metallico. "Por favori Pase, por favori". Il conducente, riluttante, procedette. "Dove sei?" disse l'uomo al piombino. "Cinquantacinque e mezzo!" "Deve essere cinquantasei e settantacinque!" "Ma allora è l'aiuola!" "Oh, al diavolo! Prendi nota del numero! Fai un segno sul bordo!" La donna fece una rapida croce dove la pavimentazione dello spartitraffico toccava il bordo di prato dell'aiuola. Di comune accordo, si alzarono, la donna riavvolgendo il metro, l'uomo andandole incontro. "Ce l'avevi in tirare, il metro?" le domandò. Stava sudando. "Sì. Ho fatto due segni, uno dietro l'altro". "Magnifico", disse lui, ansando un po'. "Via! Filiamocela". Le aveva già preso di mano la stadia, e stava riavvolgendo il metro con una rapidità che lo faceva contorcere e strisciare per terra. ''Fa' rientrare la stadia. Io penso a smontare". Con la piccola folla che, sempre perplessa, continuava a guardarli, la coppia richiuse il suo armamentario, e in pochi minuti lo portò al bordo del marciapiede. "Tassì!" chiamò l'uomo, e agitò il braccio. Il conducente di un tassì che passava dall'altra parte dello spartitraffico fece un cenno di risposta, girò intorno alla rotatoria e venne verso di loro. Appena il tassì fu fermo l'agrimensore vi gettò dentro lo scatolone del tacheometro; l'autista, che sembrava abituato alle stranezze dei turisti, scese e lo aiutò a caricare il treppiede e la stadia sul portabagagli sopra la vettura. "Hotel lnglaterra, por f avor", disse l'agrimensore, e quindi, sistemandosi nel suo sedile, emise un fischio di sollievo. "Hai visto, ho fatto appena in tempo". "Perché?" domandò la donna. "Voltati a guardare. Forse riesci ancora a vederlo". A uno dei angoli della glorieta di San Diego c'era un membro della Policìa spagnola nella sua uniforme grigia. 23
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