14 DISCUSSIONE/SCHIAVO realtà. Chi muore muore, infatti, davanti a noi, per noi, ma solo perché muore al nostro posto, la sua morte provvisoriamente ci risparmia proprio nel momento (e solo in quello) in cui la guardiamo accadere. Ecco il negro del Sud Africa come lo abbiamo visto quest'estate nelle varie sequenze in cui il suo corpo brucia e si accartoccia fino a diventare un mucchietto, di cui, come capita talvolta nelle autostrade, potremmo chiedere: "Che cos'è quella massa laggiù? uno straccio, un animale schiacciato, oppure ... ?". Non molti mesi dopo, un'altra scena: il corpo quasi nudo, in slip, disteso con le braccia in croce, forse di un uomo, forse di una donna, su una strada dell'aeroporto di Vienna dopo l'assalto del commando palestinese. E prima, poco prima, avevamo visto i corpi sanguinanti, le schegge annerite dell'aeroporto di Fiumicino, mentre le barelle passavano davanti ai nostri occhi lasciando intravedere la sagoma dei corpi sotto i lenzuoli bianchi, e sullo sfondo, intanto, altri corpi distesi ancora scoperti, su cui alcuni poliziotti pietosamente cercavano di stendere qualche cosa. Non era, del resto, passato molto tempo dal terremoto del Messico, quello che, fra le altre cose, ci aveva fatto vedere i corpi che sbucavano dalla macerie, dalla testa in su, già moribondi, e la voce di commento si doleva che non potessero essere salvati per mancanza di mezzi, di attrezzi. Per ultimo ora lo shuttle, la massa incandescente che abbiamo visto esplodere nell'aria, che ci nasconderà per sempre BibliotecaGino Bianco corpi dei suoi sacrificati, protettivo, a suo modo, contro ogni indiscrezione. Ma ciò che non è possibile rivivere nel momento del sacrificio, può essere sempre rivissuto nei momenti che lo hanno preceduto. Ecosì il centro della tragedia sarà questa volta la vittima più innocente, che esploratrice di professione non era. La maestra (ogni donna è in quanto tale inizialmente maestrina, poi maestra fino alla definitiva correzione: professoressa di storia) che era partita insieme all'equipaggio, nel quadro di una diffusione di massa dei voli spaziali. I corpi. Quanti altri ancora se ne potrebbero ricordare. I corpi di questo grande sacrificio collettivo, che è l'avvenimento, il suo annuncio, la sua visione. La sua sacralità sta proprio qui: che non ciò che materialmente accade ha un senso, un'importanza, un peso per noi, ma solo il suo puro accadere, trasformato in simbolo. E in questo puro accadere, che il potente occhio ci consegna in immagine, alleggerito della materia, sembra che si rinnovi dentro di noi una sete perversa, che ci spinge a desiderare ancora che qualcosa di forte avvenga, che ci sconvolga nei modi in cui ha imparato a sconvolgerci questo rito: con calcolo e brutale gentilezza. E intanto questa sete di puro accadere, che si è alleggerita, anche se finge di no, del peso materiale della vittima, accogliendone il corpo che si trasforma in notizia, ci svela qualcosa della Macchina che ci fa muovere. È la Necessità che ci porta. E forse, oggi solo paesi come la Russia possono nasconderlo. La metafisica tanto negata da certi nostri filosofi di grande successo ritorna, grazie ad essi, mascherata da tecnica, da apparato scientifico-industriale onnipotente, che sta indiscusso, all'ombra del loro discorso, e la cui elevata perfezione scatena un solo piccolo dramma. L'errore. L'imprevedibilità. L'incontrollabilità delle viscere della terra o delle viscere dell'uomo. Il piccolo schermo e l'espressione più pura dell'epifania dell'avvenimento. Della catena che ci lega a doppio o triplo cerchio f\ ' . . ,r ::~,; ~~.,_- - Jn.:: ad esso, ci offre il messaggio più solidale, più efficace, attraverso una mortalità consumata come il pane, nel rito collettivo cui siamo chiamati a partecipare. Solo così, come per strana ironia, la morte che la nostra società illuministicamente rimuove dalle sue meditazioni, e che compare solo in qualche debole eco di Heidegger come orizzonte e sfondo dell'umano, quella morte sfonda, piuttosto, ogni giorno le nostre giornate, guardata dall'Occhio Potentissimo, e ricade sulle nostre tavole imbandite come unico neo dell'esistente, di quella Macchina che ci sovrasta, senza che nulla se ne possa dire, talmente i piu attendibili da qualche tempo non smettono di ripeterci che viviamo nel migliore dei mondi possibili, in fondo. Unico scoglio, unico fallimento: la morte. Tutto il resto è stato risolto da Prometeo . Ecco ,perché la nostra razza felice attraverso il piccolo schermo si dispera di non aver ancora trovato l'acqua miracolosa dell'immortalità, mentre sotto forma di avvenimento continua a fare sacrifici propiziatori alla morte, suo unico nemico. Le il/us1razioni di quesw ;e~iu11e;uI10 //1 /Jm11u Angole11a (da E. Piceni, li mio amico Charlo1, Mondadori 1935).
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