Linea d'ombra - anno II - n. 12 - novembre 1985

· riducibile alternativa. Questo approccio tradizionale al romanzo storico non mancava certo di plausibilità: in fondo è nella coscienza stessa dei romanzieri che l'opposizione storia-romanzo è germinata e ha preso forma, e nella concreta prassi narrativa non è diffjcile riscontrare tracce anche vistose di una congenita oscillazione tra verità effettuale e creazione fantastica. Ma sulla base di una giusta premessa l'analisi del genere è finita troppo spesso nel vicolo cieco di una doppia lettura: da una parte il grado di attendibilità documentaria, dall'altro le qualità inventive, l'uno e le altre destinati a incontrarsi solo (e eventualmente) sull'improprio terreno della propaganda politica o ideologica. La specificità letteraria del romanzo storico rimaneva insomma un po' nell'ombra: fatto, questo, tanto più grave, se si pensa all'importanza dell'opera svolta da Walter Scott e seguaci sia rispetto all'allargamento del pubblico della letteratura in un'epoca di eccezionale dinamismo cultuIllustrazione del/'800 per L'assedio di Firenze del Guerrazzi. rale, sia rispetto alla costituzione di una "Che cos'è il romanzo storico" in astratto modernità letteraria borghese, antitetica ai (questione troppo generale, che rinvia a canoni classicisti in vigore nelle culture gen- una articolata tipologia dei generi letterari tilizie. contemporanei ancora tutta da costruire), Il volume collettivo Storie su storie (Ne- bensì "Come sono fatti i romanzi storici", ri Pozza, pp. 188, L. 15.000) denuncia inve- quei romanzi storici in particolare. D'altra ce già nel titolo, quasi provocatoriamente parte, il panorama abbracciato è tuttavia iterativo,l'intenzione di capovolgere l'at- assai vasto, per la diversità delle opere, delteggiamento critico tradizionale sul roman- le letterature e degli scrittori chiamati in zo storico. A ben vedere, del resto (lo ricor- causa: da Scotta Balzac, da James Fenimodava anni or sono uno specialista come re Cooper ai numerosi romanzieri storici atA vrom Fleishman) anche la Storia (history) tivi in Italia e in Francia, e più o meno noti non fa che raccontare delle "storie" (sto- (Grossi, D'Azeglio, Bazzoni, Varese; Viries): ciò a cui la narrativa si dedica da gny, Sismondi, d'Arlincourt, e tanti altri). quando esiste. È tempo dunque che !'anali- Ciascuno dei saggi ha un taglio problesi letteraria cessi di citare la narrativa stori- matico particolare e proprio: la "resistenza ca al cospetto del tribunale delle storiogra- alla storia", cioè la persistenza di elementi fia, e s'impegni a esaminare semplicemente mitici e irrazionalistici e di una nozione ci- (si fa per dire) in quale modo siano costrui- elica e fatalistica del tempo nei romanzi te quelle particolari storie che il romanzo "giacobiti" di Scott; la descrizione storico racconta: considerandole come or- nell'esordio di Jvanhoe; Scott letto da Ruganismi compiuti, animati e innervati da un skin; l'influsso del mito della frontiera e del progetto di letteratura riconoscibilmente tempo epico delle leggende indiane nell'arautonomo e definito. Storie su storie com- ticolazione del rapporto passato-presenteprende sette saggi di sette diversi autori futuro nei Leatherstocking Novels; la legit- (Enrica Villari, Paolo Amalfitano, Jeanne timazione del ruolo del narratore nel roClegg, Alide Cagidemetrio, Marinella Co- manzo stor,ico italiano; Les Chouans di lummi Camerino, Gabriella Fersuoch, Fa- Balzac; alcuni fondamentali paradigmi narbrizio Fiorentino) che trattano diversi rativi nel romanzo storico francese. Ma le aspetti e problemi del romanzo storico nella diverse prospettive si diramano da un imsua fase classica, cioè scottiana, lungo un pianto di analisi metodologicamente coearco di tempo che va dal 1814al 1840. rente, sì che il volume nel suo insieme si La restrizione dell'indagine a una sta- presenta non come una silloge di contributi gione e a un fenomeno abbastanza ben in- sparsi, bensì come l'esito, sfaccettato e dividuato, l'area di influenza di Walter complesso, di un lavoro che ha saputo inteScott, risponde all'esigenza analitica e de- grare felicemente la ricerca individuale con scrittiva enunciata nella premessa: non il confronto critico collettivo. BibliotecaGino Bianco SCHEDE/TARPINO TRAROMANZEOSPIEGAZIONE: LASTORIA Antonella Tarpino Se si potessero unire i tre soggetti evocati nel titolo del libro Scienza narrazione e tempo (Indagine sociale e correnti storiografiche a cavallo del secolo. Atti del seminario della fondazione Basso, 1981 - a cura di Mariuccia Salvati, Angeli, Milano 1985) si arriverebbe a comporre una meccanica definizione della storia come scienza del narrare il tempo. Ma i termini compaiono, non a caso, in una sequenza disgiunta così da indicare fin dalle prime battute i poli, incerti, di una sintesi ancora lontana. E nell'introduzione ai numerosi interventi raccolti nel volume Mariuccia Salvati si trova a ricostruire il frantumato quadro dei vettori, tra loro asimmetrici, che attraversano il campo della storia. Ne emerge un paesaggio ambiguo entro cui convergono le opposte spinte a ricercare un codice scientifico "forte", tale da misurare l'identità della storia rispetto alle scienze sociali, e insieme un dilagante senso di inadeguatezza dello strumentario storico di fronte al denso repertorio espressivo della comunicazione artistica. Tra le pieghe dell'antica disputa fra positivismo e storicismo sull'esistenza o meno di leggi generali in storia, gli antitetici termini di scienza e narrazione sembrano ora consumarsi e flettersi entro un orizzonte sfocato. E, brancolando tra gli estenuati echi di un dibattito ottocentesco, la storia rischia di oscillare tra le impalcature di una estetica romantica e gli obsoleti luoghi di una scienza positivistica; cosi da porsi (lo segnala con vigore la più recente filosofia analitica della storia) come antiquata custode di paradigmi entrambi da tempo deceduti. Una doppia "storia" si perpetua dunque nelle vicende, certo non pacificate, della storiografia contemporanea? · A emblema di ciò i molteplici spunti di discussione posti sul tappeto da M. Salvati si dispongono, quasi da sé, lungo una duplice linea d'analisi. Da un lato entro l'assunto che i presupposti del linguaggio della storia vanno ricercati al di fuori dei ristretti ambiti disciplinari per investire la nozione stessa di sapere narrativo. Dall'altro nel solco di categorie capaci di commisurare questa forma di conoscenza al mutevole quadro dei referenti storici. Affiora·così in superficie, avverte M. Salvati, quella dicotomia radicale, attiva nel recente dibattito, che a una "comunità di soggetti dialoganti" di segno ottocentesco oppone l'invadente reductio ad 93

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