..... Autoritratto di Puskin. testo con la realtà rappresentata, con il pensiero e le ideologie, con il pubblico e con la letteratura precedente e posteriore. Persino in via pratica, di divisione del lavoro, ed euristica questa separazione appare a Lotman molto rischiosa: "un'analisi rigorosamente sincronica lascia in ombra elementi extrasistematici che svolgono un ruolo estremamente importante nella costruzione dei modelli dinamici. Anzi, con l'inserimento di un'opera in una serie storica diversa viene modificata anche l'idea della sua specifica organizzazione immanente". In altre parole per Lotman l'interpretazione strutturale s'identifica con l'interpretazione storica della ricezione: poiché i codici rispettivi dell'emittente e del destinatario non sono (come vorrebbe la vulgata semiotica) uguali e reciprocamente trasparenti, del testo è possibile percepire solo quanto può attivare un contesto di ricezione storicamente determinato, che legge in modo selettivo e orientato. Esiste cioè un'autonoma materialità del testo, una sua datità, ma questa si dà al critico solo nella misura in cui funziona, cioè reagisce a uno specifico contesto culturale. Siamo, a questo punto, assai lontani dalle tassonomie e quantificazioni di buona parte della critica strutturalistico-semiotica, che proprio dalla mancata distinzione di datità del testo e suo funzionamento faceva nascere la sua utopia scientistica. Lotman ci pone dunque di fronte a un'opzione teorico-metodologica forte: non ci fornisce certo una filosofia (si è visto anzi che quanma pure, in quanto archetipo di quello che do lo fa suscita non poche perplessità), ma poi è stato definito "il romanzo russo" per degli strumenti capaci di produrre un sensiantonomasia (da Lermontov a Goncarov, a bile salto di qualità nella nostra pratica Dostoevskij allo stesso Tolstoj), ha media- critico-letteraria, e non solo in questa. Inoltamente giocato un ruolo di grande rilievo tre, e qui sta uno dei principali motivi di fanel complesso della letteratura occidentale scino del libro sull'Onegin, questa teoria ci degli ultimi centocinquant'anni. Lotman è appare già in opera, riconvertita in analisi molto attento alla storia dell'interpretazio- concreta, e proprio per questo estremamenne dell'Onegin e della tradizione da esso te persuasiva, dal momento che Lotman, drivata, ma gli si farebbe un gran torto se si che prima di essere semiologo è grande filoriconducessero le questioni da lui poste agli logo e storico della letteratura, non violenta ambiti tradizionali della "storia della criti- mai il testo, e non è mai trascinato fuori mica" e della ricerca delle "fonti" della lette- sura dall'ansia di confermare il proprio meratura posteriore: quest'attenzione, lungi talinguaggio. Ciò che rappresenta una grandall'essere soltanto uno scrupolo documen- de lezione non solo per i semiologi, nostratario dello storico della letteratura, ci porta ni e no, troppo spesso innamorati del terrodirettamente al centro delle opzioni teori- rismo tecnicistico, ma anche per le anime che fondamentali di Lotinan. Infatti pur belle del saggismo, che sentono disturbato dedicando in prima istanza il suo saggio il loro edonismo estetico non appena si parall'analisi cosiddetta "interna" del testo, li di "opposizioni semantiche" o di "interLotman si preoccupa subito di precisare testualità", e sono sempre pronti ad appliche, dal punto di vista metodologico, non è care il cartiglio infamante dello "pseudoin alcun modo possibile separare l'analisi concetto" non appena s'intraveda un po' immanente, intra-testuale, da quella extra- di teoria. testuale, dall'indagine cioè sui le~ami del Singolare esempio di equilibrio fra teo8 i bI Ì OÌeCaGino Bianco SCHEDE/TURCHETTA Onegin in un disegno di Puskin. ria e prassi critica, li testo e la storia ci obbliga a una lettura costantemente tenuta su un doppio registro, che consideri insieme l'Onegin come oggetto a sé stante e come exemplum, (sia pure sublimemente paradigmatico) di più generali proposizioni. Ecco così che il problema del dialogo fra il testo e i lettori travalica il caso specifico del trauma prodotto dal romanzo in versi puskiniano sui contemporanei, per la sua irriducibilità a qualsiasi schema interpretativo corrente, riproponendo la questione della lettura come traduzione: dal momento che, come si è visto, la lingua del testo non è mai trasparente al codice del destinatario. Non a caso qui, sia sul piano teorico che su quello dell'analisi concreta, Lotman incontra Bachtin, che pure aveva evidenziato il pluri-linguismo puskiniano all'interno di una più generale teoria del dialogismo, che caratterizza ogni fenomeno culturale come traduzione, incontro-scontro di lingue diverse. Ma, e qui probabilmente Lotman va più lontano di Bachtin, anche le relazioni fra i diversi livelli del testo sono a loro modo operazioni di traduzione, relazioni fra lingue diverse, che però collaborano a un 91
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