PABLOECHAURREN 1) Certamente il fumetto è un linguaggio a se stante anche se, come accade per altri linguaggi, possono influire e confluire in esso tanti elementi derivati da generi diversi come la pittura e la letteratura. Ma queste convergenze, d'altronde, si verificano un po' ovunque, per esempio è sotto gli occhi di tutti il fatto che la pittura è (o può essere) a sua volta influenzata dal fumetto e così la letteratura (basti pensare alle contaminazioni di Zanzotto tra poesia e fumetto o a certa scrittura del gruppo 63 e via dicendo). 2) Oggi il fumetto non ha più limiti espressivi, come già è avvenuto per la pittura e la letteratura, nel suo corpo si è sviluppato il germe dell'avanguardia e così tutte le sperimentazioni, tutte le ipotesi sono possibili, tutti i campi aperti. Alcuni però sostengono che il fumetto deve comunque rimanere fedele _acerti schemi più o meno fissi elusi i quali sarebbe impossibile parlare ancora di fumetti. Ritengo invece che si può ormai ipotizzare (ma non è solo un'ipotesi) un fumetto puramente astratto o chissà altro ancora, così come si sono avuti quadri completamente astratti o testi assolutamente sintetici, così come si sono scritte poesie totalmente rumoristiche o grafiche. Certe parole in libertà particolarmente visuali o "concrete" sono poesie o disegni? A quale categoria appartengono? Bene, se un tale rimescolamento si è verificato nei corpi della pittura e della scrittura non si capisce perché il fumetto, che è un'arte come le altre, di pari dignità e con analoghi problemi, dovrebbe restarne indenne. 3) Ovvio, per me e per coloro ai quali possono piacere le mie tavole, ma anche per tutti quelli che non le conoscono, e sono molti, ma, chissà, potn;bbero incontrarle un giorno o l'altro. 4) Di solito il punto da cui parto è sempre di origine per così dire "letteraria" ... cioè l'idea, l'abbozzo, mi vengono molto spesso leggendo, guardando. 5) Il romanzo, perché mi trascina con sé più a lungo, perché se mi affeziono a qualcosa mi dispiace staccarmene in fretta (lo so, è banale, ma è cosi). Ma al fumetto è più consona la forma racconto. 6) A me che vengo dalla pittura e continuo a fare il pittore, accanto ai fumetti e alle illustrazioni, il fumetto pare molto più tecnologico del quadro nel senso almeno che finisce in un sistema tecnologico (la stampa) molto più complesso di quello della pittura, che vive in maniera più arcaica, BibliotecaGino Bianco Pablo Echaurren, da Nodi, 1984. almeno dal punto di vista del suo rapporto col pubblico e con la diffusione. Il fumetto esiste in quanto pubblicato, riprodotto, moltiplicato; la pittura in quanto pezzo singolo "irriproducibile", o almeno così moltissimi credono. A mio parere anche per la pittura i modi devono trasformarsi verso una maggiore attenzione per la comunicazione e quindi la tecnologia della riproduzione. 7) Meglio parlare delle preferenze che delle antipatie. Scrittori: Boli, Céline, Orwell, Marinetti (per restare nel novecento); pittori: Picasso, De Chirico, Malevic; registi: Spielberg, Lucas, Hitchcock, Clair. 8) Non saprei, alla fin fine tutti lo sono (vicini), quando entrano in collisione con un'idea, quando servono a svilupparla. Pablo Echaurren (Roma 1951), pittore, illustratore, autore di fumetti, ha esposto i suoi lavori in Italia e all'estero. Collabora a "Alter", "Linus", "Tempi supplementari". Tra i suoi lavori: Saette (Frigidaire 1985) e una biografia a fumetti di Marinetti che verrà pubblicata da Milano Libri nei primi mesi del1'86. INCHIESTA/ECHAURREN ELFO 1) Mi pare che il fumetto, proprio nella sua costruzione tecnica, nella preparazione del prodotto, sia qualcosa di diverso sia dal linguaggio scritto che da quello iconico. Se vi sono assonanze con altre forme di comunicazione, sono semmai più forti quelle con il cinema o il video, ma il fumetto mantiene una sua manualità assai specifica. La divisione del lavoro qui è ~idotta al massimo a due persone, ed è quindi possibile un controllo più diretto, quasi fisico, dell'oggetto. 2) Il fumetto deve raccontare per immagini; non può essere immagine pura o didascalia con figure. Questo è il limite, ma è anche la regola del gioco, e i giochi con regole sono formativi. 3) Per me innanzitutto. Se una cosa non piace a me, non posso pretendere che piaccia ad altri. Il pubblico è sempre molto indefinito, lontano. Comunque racconto soprattutto a quelli della mia generazione: è inevitabile. Una serie di rimandi, di riferimenti che uso, possono essere conosciuti da altri pubblici, ma non amati. 4) All'inizio erano miei pezzetti di vita che diventavano racconti, poi ho lavorato sul modulo dell'hard boiled, ed era un discorso di stile, di leggi da imparare e da rispettare. Ultimamente ho fatto un romanzo (San Franciscan Wa/tz, pubblicato su "Alter"), che rispetta il modulo ma contiene ampi frammenti personali (alcuni personaggi, lo sviluppo sentimentale della storia, ecc.). C'è più vita, insomma, e ora penso di essere pronto a cambiare genere. 5) In termini di difficoltà, fare un racconto o un romanzo costa la stessa fatica, che è fondamentalmente quella dell'idea 81
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