Linea d'ombra - anno II - n. 12 - novembre 1985

ULTIMLE VE UNQUESTIONARIO AGLAI UTORDIIFUMETTI Come richiesto da questo spazio, dedicato per ora a tutto ciò che di interessante e stimolante avviene nella nuova produzione culturale italiana, limiteremo il campo di questo intervento alla situazione in cui si trovano ad operare gli autori italiani di fumetti che hanno cominciato a pubblicare con continuità all'incirca dopo il 1980, necessariamente giovani per stato anagrafico e contingentemente innovatori (per lo meno nei confronti de/fumetto degli anni Settanta) sia dal punto di vista letterario che da quello iconico. Bisogna subito dire che se in questo modo lo spettro dei partecipanti si riduce agli autori che pubblicano su un paio di riviste, "Alter" e "Frigidaire", più si va a fondo nell'analisi delle modalità con cui costoro (non più di una trentina a esser larghi) affrontano il mercato dellaproduzione culturale, più i punti di riferimento si sfilacciano, si fanno meno chiari, si perdono. Un tempo c'erano due tipologie di fumetto, quello d'impegno sociale e politico e quello d'avventura, più o meno buono; e i riferimenti erano semplici: cinema, letteratura cosiddetta di genere (gialla, di fantascienza o "per ragazzi"), ambizioni di mercato confinate a quelle dell'editoria afumetti. E in effetti nel nostro paese ilfumetto d'autore è cresciuto come un frutto proibito, osteggiato ciclicamente da una tradizione culturale letterariache, aparte qualche rara eccezione, l'ha sempre considerato un sottogenere, o meglio un sottoprodotto: tenuto in conto come un figlio che è bravo, si applica, ma fa solo disegnini in giro per la casa e non si sa se farà il classico, lo scientifico o l'idraulico. I nuovi autori, dall'80 in poi, hanno in qualche misura scardinato la logicasequenziale del fumetto d'avventura presentando agli editori materiali che riflettevano il gusto e la culturapolimediali in cui erano cresciuti, al punto da far sembrare i loro fumetti piuttosto brani di un discorso dalle possibili evoluzioni in altri settori dellaproduzione culturale - cinema, televisione, musica, teatro, persino moda e design. Come ha risposto a questa nuova tendenza l'editoria specializzata? Alcuni editori ilproblema non l'hanno neanche visto da lontano (penso alle due riviste del gruppo Bonelli, "Orient Expess" e "Pilot"), e altre hanno chiuso, come il "Metal Hurlant" versione italiana; altre, vedi "Totem", si sono riciclate in un genereporno soft, assolutamente irrilevante; altre ancora, come "1984" e "Comic Art", vivacchianograzie al riciclo internazionale di materiali d'agenzia. Brutta storia. BibliotecaGino Bianco a curadi FrancoSerra Le uniche due riviste che hanno mostrato segni d'attenzione sono state in questo frangente, "Alter" e "Frigidaire", l'una ributtando la palla agli autori che si sono visti concedere spazi sempre più ampi di sperimentazione, l'altra omogeneizzando la parte scritta con quella dei fumetti al punto che tutto appare funzionale (ai limiti della noia) all'impostazione della rivista e alla visione. del mondo del suo direttore. In altri termini, gli autori italiani di fumetti degli anni ottanta sono stati gli artefici di unapiccola rivoluzione siaforma/e che contenutistica che ne ha rilanciato il ruolo di autori tout-court conferendogli tra l'altro anche una forma di potere nuovo nei confronti degli editori. · Mufloz e Sampayo, con le Ìoro storie che riprendono in chiave espressionista i contenuti della letteratura hard boiled di Chandler, Hammett, McDonald, esplorando nuovi territori di disegno e sceneggiatura, sono stati un po' gli antesignani di questa silenziosa rivoluzione, forse i primi a tener d'occhio le possibilità espressive, di atmosfera, ma anche narrative, che nascono dall'impalpabile confine tra nuvola, testo e disegno, e che scaturiscono dal particolare rapproto tra linguaggio scritto e linguaggio iconico. È probabilmente attraverso il rapporto con il disegno di Mufloz che i nuovi autori italiani, dapprima Maramotti, Maltolti, Igort, Carpinteri, Elfo e poi anche Ghini, Berthoud, Scandola scoprono le possibilità del fumetto americano degli inizi del secolo e ne rilevano i rapporti con la cultura europea, i riferimenti a Grosz, al cinema di Lang, di Pabst, al cubismo e al futurismo, che rielaborano con grande curiosità e divertimento. Ma se in Mufloz il taglio delle storie contiene evidenti elementi di critica sociale epolitica, quello di una buona parte degli autori italiani sembra più sbilanciato sul versanteestetico. Credo che l'attenzione ai contenuti sia in questo momento un tema di grande attualità; penso che il fumetto sia uno strumento d'intervento nel dibattito culturale talmente immediato e veloce che caricare di significati il segno, il quadro, la vignetta, spostando l'attenzione del lettore da un livello di partecipazione alla sequenza, all'azione e a "ciò che succede", alla contemplazione di una serie di quadretti ciascuno significante di per sé, sia stato magari un momento di passaggio obbligato per la ricerca sulle capacità espressive del disegno, ma sia ormai un discorso invecchiato. Eppure l'unico dibattito attualmente in corso, a cui "Alter" dedica addirittura una rubrica fissa curata da Renato Calligaro, con tutti i discorsi critici che si potrebbero aprire sull'intermediazione dei linguaggi, sulle possibilità di moltiplicazione del linguaggio-fumetto su altri media che non siano solo le riviste, è un dibattito sul fatto che il fumetto possa o non possa essere, sia, diventi una forma dell'Arte. Ed è, qÙesto, un discorso che, ne sono sicuro, solletica non poco l'ambizione di molti autori di fumetti. In un momento in cui si parla di television-art, in cui si afferma che persino da quell'orribile oggetto presente in tutti i salotti possano scaturire forme d'arte, mi pare accettabile che il fumetto possa essere arte; basta che esista qualcuno storicamente delegato afa rio che lo stabilisca, come è sempre successo nella storia. Non capisco invece, e il discorso infastidisce, quando si discute per categorie omologhe difumetto e pittura: è fumo, è un discorso che crea confusione e agglomerazione d'ingegni confusi. Che ilfumetto possa esserepoesia (afumetti), letteratura (afumetti), sta bene, ma che un fumetto progettato per essere stampato e letto pagina per pagina possa essere tal quale pittura mi pare francamente indebito. Se un fumettista decide di fare un quadro o un 'installazione, anche se utilizzerà un linguaggio simile a quello del fumetto, sarà sempre giudicato come pittore, buono o mediocre che sia; e coslse Guttuso farà un fumetto sarà giudicato come autore di fumetti (sicuramente mediocre). Del resto laprogettualità finalizzata a un prodotto su carta stampata spero proprio che sia diversa da quella finalizzata all'esposizione in un luogo fisico deputato. La recente storia dell'arte è relativamente riccadi esempi di artisti che affiancano alla loro produzione pittorica quella di fumetti: Feininger, Masereel, Grosz, fino a Warhol e Liechtenstein, e anche qui e oggi esistono artisti che sono anche autori di fumetti: Jori, Echaurren, Perini. Ma la gran parte di costoro viene apprezzata o meno a seconda del settore d'intervento, con i. canoni critici di quel settore. In realtà il gran fervore d'interesse della critica d'arte nei confronti del fumetto deriva più che alfro dal fatto che nel momento attuale esistono fumettisti interessati e innovativi in misura maggiore che non buoni artisti. Cosi' è. I problemi mi sembrano francamente altri. Qualche anno fa, mentre stavamo preparando un numero speciale di "Alter", José Mufloz disse con una battuta che la presenza di autori come quelli di Storiestrisce aveva fatto sl che si potesse pubblicare

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