SUD Giovanni Commare 9" i sento preso all'amo, come un pesce". ~ Interpretare secondo il punto di vista del pesce, che non soltanto è portato dove vuole chi tira la lenza, ma anche si procura del male appena tenta un movimento contrario a quello del filo che lo tiene. È ininfluente sapere che il pescatore ama il pesce: anzi, per il pesce, sapere di essere amato può solo aumentare la sofferenza. Le bianche ragazze di Cetona prendono il sole alle finestre e si mostrano fresche e carnose a chi corre lungo la strada. In questa luce la carne è trasparente. Luminose ragazze sulla piazza di Piazze. Ma non ho appena salutato la mia donna, che ha preso un rapido per il nord? La mia bussola segna sud. L'ago attraversa l'Italia dalle Alpi a Capo Granitola. L'arsura della paglia e della sciara è un miraggio sui colli senesi. L'isola riluce nel grigio dei calanchi e una quercia sul ciglio della strada è verde frescura per la mia gola, secca dalla paura. Bolsena, un mare che si è impadronito del cuore della terra. Ne ha percorso le arterie ed è esploso nella bocca del vulcano. I bambini che vi entrano sono capad di sognare. Su questi monti difesi da torri (difesi da chi?) i papalini non hanno messo piede. Nella calura che fa un deserto la strada, nella trebbia che arranca su un pendio di frumento, in un boschetto di querce si possono ancora incontrare dèi pagani. I papalini hanno fatto di Viterbo una città nera. Addio, Viterbo la nera. I Longobardi si sono murati nelle cripte. Degli Etruschi restano solo tombe. Roma non ha perso il vizio di spogliare le campagne. Come un acido corrosivo, l'aria metropolitana sale verso le alture di Boccea e le denuda della macchia di pino e di lentischio. La terra è arida. Eppure poco prima un colle di girasoli era un quadro di Van Gogh e Klimt. La città si annuncia con gli scheletri di cemento che dai poggi scuri urlano al cielo. Uno può aggrapparsi a un giorno ed essere senza colpa. Chi salva Ostia, fantasma di marina fosca e umida, schiacciata sotto il peso del cielo? L'allarme suona spesso nelle case fortificate e io perdo il mio sonno e sudo in un letto dove altri hanno dormito. Com'eravate stanchi, amici miei! Perché vedevate la stanchezza nei miei occhi? Dalla metropoli tossicomane alla famiglia antica degli affetti. Quest'Italia sa essere infinita e minuscola, pozzo senza fondo e contenitore tollerante. Enza mi ha accolto e nutrito. Ho conosciuto Caterina, che porta il nome della nonna, madre di mio padre. Ha lo stesso sorriso furbo e gli occhi brillanti; se un sorriso può essere dolce e magico, Caterina lo ha in dote. Conoscendo i bambini, è lecito essere stufi di monumenti e cimiteri di guerra. I pini di Anzio conBibliotecaGino Bianco servano il ricordo della mia adolescenza? La maga Circe non ha abbandonato i suoi luoghi. La incontro nel suo bosco e nuoto con lei nel suo mare scuro e brillante. Dalle dune i signori delle ville difendono la natura e aspettano la luna. Vado via prima di sera. I Borboni hanno percorso le stesse vie dei Romani, ma non hanno saputo servirsene. Per le anime pie l'Appia è il fresco e la vacanza, gli ozi di Capua; per i generali è la freccia tesa verso l'oriente. Nella notte si accendono le sfide e si combattono i duelli fra gli emigranti che ritornano. I pini guardano quest'altra corsa. I fumi coprono la pianura, gli odori ristagnano. Tutto è fuoco e fumo; sembra che l'aria non ce la faccia a liberarsi. Bruciano le stoppie e le immondizie, i sacchi di plastica e i copertoni; Le raffinerie infuocano il cielo e tessono il velluto nero di questa notte. Non abbiamo più il diritto di lamentarci e piagnucolare. Questa città l'abbiamo costruita noi e noi alziamo le mura intorno al mare. Noi siamo le vittime e noi i carnefici. Napoli è una puttana per i marinai americani e nessuno ci costringe a scegliere se essere napoletani o americani. Ma poi non sono più affascinanti di Circe le donne che espongono i seni dietro le mura austere del Castello angioino? Chi si lamenta forse è uno che non fotte? Nella notte di Napoli trovo ospitalità. In questa città posso girare disarmato. È il portone di casa mia, dove nascondevo le scope per giocare agli indiani. Ora l'Appia corre davvero a est con allegria e con entusiasmo. Qui ci sono ancora i pionieri e i grandi vecchi. A Potenza le donne in nero, visi scuri e asciutti, vendono pere e pomodori dell'orto, aglio e cipolle nuove. Una ha solo due forme di pecorino; un'altra una ciotola di chiocciole bianche; un'altra ancora vende una coppia di piccioni uniti nella copulazione. Davanti alle vetrine del corso le facce insulse dei giovanotti della città di provincia. Una ragnatela di tubi regge le case squassate dal terremoto. La strada s'inerpica dal letto del Basento sino ali' Appia. La campagna è oro e carbone. Maggiorana e nepitella pizzicano le narici. Qui il mito si svela agli uomini e ogni cosa può avere un nuovo inizio. Il mezzogiorno mi trova libero, con l'anima ad asciugare al sole. Lucania, bevo il tuo oro. La strada delle legioni romane mi riporta nella storia e per la storia cerco a Tricarico i segni della vita di Rocco Scotellaro; ma i segni sono soltanto libri. Il paese vive all'ombra d'un castello che protegge soltanto la caserma dei carabinieri. Un falco prende pigramente il volo dal ramo secco d'un pioppo e, lasciandosi portare da una corrente aerea, sale nel cielo. Poi discende, le ali immobili, sino a sfiorare il suolo, disegnando una spirale senza fine che a tratti si svolge in una linea parallela al terreno. Il becco aguzzo solca l'aria, ogni cosa che sulla terra si muove sente la minaccia. Ma la linea si
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