46 Torgeir Wethal e !ben Nagel Rasmussen in Ceneri di Brecht (fotocollage di Catherine Poher e Jan Russ). BibliotecaGino Bianco pur sapendo che non esisterà una tua vittoria, occorre inventarsi ogni giorno come difendere la propria rocca solitaria, come tenere in vita il senso di questa lotta, mentre gli anni passano e i capelli e gli ideali incanutiscono. Altrimenti tutto quello che hai fatto è stato invano. P.G. I gruppi teatrali costituiscono un panorama composito, decisamente mutato - almeno in Italia - a dispetto dell'inerzia di vecchie definizioni come anche della fretta di nuove etichette. Quello che è cambiato non è tanto il festeggiato incrocio multicolore di esperienze, il dilatarsi apparentemente frenetico delle libertà o delle possibilità dei giovani compositori e dei nuovi stilisti. È piuttosto cambiato il rapporto con l'altra dimensione - o polarità - del teatro, quella relativa al suo essere "processo sociale" e quindi - e insieme - la parte di "ethos" che riguarda il loro modo di produrre, di organizzare il proprio rapporto o la propria giustificazione e funzionalità nel contesto socio-culturale in cui operano e cui appartengono. Certamente davanti ad alcune trasformazioni che si possono leggere come delusioni, occorre sospendere il giudizio: ci sono contraddizioni pesanti fra le aspirazioni dell'operatore culturale e le necessità anche materiali di un professionismo poco redditizio. Eppure è difficile non osservare e accettare la mutazione aziendale di molti collettivi di teatro, la tendenza difensiva e ingenerosa, i processi di egoistica capitàlizzazione delle poche quantità e qualità tanto economiche quanto culturali fin qui raccolte, l'ansia di istituzionalizzazione e l'avidità di riconoscimenti - dentro il conformismo - della loro identità "alternativa'', nella convinzione (o nella presunzione) di essere chissà come riusciti a mantenere una qualche sacra diversità etica o ideologica, che diventa la base di autorizzazione di disattenzioni colpevoli e di avarizie evidenti. Piano piano si rischia allora di diventare -ribelli per definizione, progressisti per Partito "preso" - "più realisti del Re"? Un intero manipolo di Efialti occupa per finta le Termopili? Qualche volta cioè sembra che, all'anima fragile del "gruppo", si vada sostituendo quella, più apprezzata dal mercato, della "bottega". Non nel senso artigiano rinascimentale, ma piuttosto come boutique povera. Allora capita per esempio di pensare che si sia importato il training come valore, ma come "valore di scambio". In altri termini che si sia vissuta la moda del training, come oggi quella del look. L'uno e l'altro semplici e superficiali indicatori di stile, di collocazione nel mercato, piuttosto che distintivi di esperienze impegnative, tutte al limite valide e nemmeno tanto contrapposte. Un intero manipolo di Efialti occupa per finta delle finte Termopili? Eugenio Barba. Sento un grande senso di gioia pensando al futuro. Sono felice perché l'Odin Teatret e io abbiamo conservato la nostra natura di dingo selvatico, non ci siamo lasciati addomesticare ai luoghi comuni dei Persiani, non siamo diventati proprietà dello Stato o di uno strato di persone, perché continuiamo a trovare normale la nostra parallelità. Sappiamo che siamo fuori moda, passé, un fastidio per chi vorrebbe che tutta la stagione degli anni sessanta e settanta scomparisse dalla memoria come un' Atlantide che non è mai esistita. In questo smisurato paesaggio di rigore e di ortodossia invernale, siamo i/fiore nella neve, come direbbe Zeami: patetici senza dubbio, ma fortemente in vita. Non sono deluso. È il momento quando si può valutare l'intelligenza delle persone, la loro saggezza. Non si deve pensare che questa è la fine di un mondo e della sua visione perché il gelo è calato e intere specie di alberi e arbusti sono intirizzite. È soltanto inverno. Verrà un'altra generazione e in maniera sua, diversa dalla nostra, riporterà l'estate. Anche essa, a sua volta, sarà sopraffatta. Ma questa è un'altra faccenda. I "generali" sono troppo forti e anche le rivoluzioni che li abbattono si trasformano in generali. Sembra diventata una legge di natura. Non si deve provare delusione: è il momento della prova. Una volta, guardandosi in giro, non si faceva che scoprire fiumi e cascate, ruscelli e cataratte, acqua, tanta acqua dappertutto che sembrava di essere ai tropici. Adesso si cammina sul solido, non si vede niente che si muove. Allora, quando ogni tanto incontri qualcuno che è in vita, la scoperta ti riempie di gioia. Abbracciandolo senti il suo calore entrare nel tuo sangue. Scopri che questa persona o questo gruppo si è costruito tutto un suo modo di "attraversare l'inverno". Si parla tanto di "sfida". Questa è la vera sfida: il messaggero è il messaggio. Vi era una ragazza che non accettò che il cadavere del fratello non fosse ricoperto da un semplice, ma rituale pugno di terra. Che gesto inefficace, quello di Antigone. Lei che era nella familiarità di Creonte avrebbe potuto usare la spada come Giuditta o il pugnale come Bruto. Invece fece solo un gesto inutile. Ma manifestò il suo rifiuto. Chi fa teatro non può che ripetere il gesto inutile di Antigone. Non può pugnalare, non può recidere teste. Può solo rifiutare, con un pugno di terra, l'inesorabile inverno dei Persiani. Copyright Eugenio Barba 1985.
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