Valencia, ospedale psichiatrico: una paziente e Silvia Ricciardelli (foto di Tony D'Urso). BibliotecaGino Bianco gratitudine. Perché da un giorno all'altro tu scopri di aver perduto il senso, che non ha più senso credere e fare quello che si credeva e si faceva prima. Quel fiume sotterraneo di energie che incitava, rendeva attivo, vitale, che guidava come un radar immediato per scegliere o rifiutare ("questo non si può accettare, assolutamente no"), adesso è evaporato o gelato in cinismo spicciolo. Ti capita di incontrare qualcuno e sei un po' frastornato. Avresti bisogno di silenzio per poter assorbire la costernazione provocata nel vedere la trasformazione di questa persona. Invece subisci il cicaleccio, la chiacchiera che si sviluppa nell'incontro e che insieme nasconde e presenta la "mummia" che ti ritrovi davanti, la mummia di qualcuno che prima era "vivo". In Italia si parla spesso di "riflusso". È un'immagine che ho difficoltà ad accettar"e. O meglio, è un'immagine che mi starebbe bene: vi è presente la complementarità. Il riflusso comprende il flusso, entrambi sono movimento, dinami- · smo, il mantenersi in vita di un nucleo fondamentale - certamente trasportato dagli avvenimenti - ancora identico a prima. Oggi, però, vediamo che tutta una "specie" di esperienza è morta, scomparsa. E quelle che sono rimaste hanno cambiato carattere in maniera radicale. Se si cerca di visualizzare questa situazione, l'immagine che si impone è un'altra. La cerco figurandomi non il mondo del teatro, ma dei "teatri": un sistema ecologico dove i grandi alberi colpiscono lo sguardo, ma dove esistono altre "specie" di piante, perfino dei licheni sopra quella che sembrava una nuda roccia. Una ricca e varia vegetazione nata e influenzata da un determinato clima. Questo clima ha cominciato a cambiare. È diventato più freddo, tanto freddo da suggerire che lo spirito del tempo sia diventato glaciale. La glaciazione porta a un arresto di dinamica. Una moltitudine di piante muore. Altre, per sopravvivere, debbono cambiare. In questo panorama di congelamenti, per me e per la "pianta" Odin, il "senso" sta anche nel come conservare il calore, il "fuoco", e saperlo trasmettere personalmente agli altri, farlo arrivare per vie dirette alle generazioni future. Questo presuppone una ricerca "speciale" dei propri spettatori. Quelli che potranno testimoniare per le generazioni del 2005: ho visto. Il senso è uno dei punti cardinali del lavoro teatrale. Potremmo definirlo l'ethos. Il suo complementare è la tecnica con le sue regole esplicite e tangibili. Se il senso è il momento del "fuoco", se esiste una dimensione del teatro che equivale alla "natura delfuoco" che non si può toccare, manipolare, costringere, la sua dimensione complementare, nel teatro, è la "natura della terra" che invece si può misurare, analizzare, coltivare: la tecnica. Fra questi due poli, nella loro interazione, va cercata la possibilità di non soffocare al congelamento: da un lato spegnersi come può capitare al fuoco sotterrato da un eccesso di tecnica e di professionalità; dall'altro, evitare che il fuoco bruci e devasti la terra sulla quale si deve piantare, far crescere ... Come proteggere il fuoco attraversando lo spirito glaciale del tempo? Il fuoco non può essere protetto che dal lavoro teatrale. Allora oggi ha senso un nuovo spettacolo, un Vangelo ispirato agli gnostici che rifiutarono il mondo come condizione sostanzialmente ingiusta e imperfetta, ma ispirato anche ai Hassidim che vedevano nella creazione una Grandezza che li incitava alla gioia e alla vita. Oxyrhincus Evangeliet ha risposto alla domanda sul senso indicando la rivolta. Non la rivoluzione come manifestazione collettiva, ma la rivolta come affermazione dell'individualità. Fino a quando si conserva questo spirito di rivolta che è tuo, individuale, il tuo "fuoco" è ancora in vita. La rivolta alla fine viene schiacciata. Eppure bisogna difendersi dal dimenticare, dal cancellare l'inizio. In ogni persona che fa teatro esiste una ferita che si cerca di rimarginare. Se ci si riflette sopra, questa ferita diventa parola, letteratura, aneddoto. Diventa poco "emozionante", nella sua accezione di muovere, scuotere gli altri. Il teatro è vivo solo se uno riesce a incarnare una ferita che così ricomincia a sanguinare. Ma se il tempo e gli avvenimenti fanno rimarginare la ferita, non vi è più il tuo sangue, il tuo dolore, la tua rivolta, non più tu nel teatro, ma il teatro in te. Per quella corsa dei contrari così cara a Eraclito e a Odin, in Oxyrhincus Evangeliet chi sanguina sono i "falsi messia, signori del mondo". Hanno il potere di censurare, di torturare, di costringere all'esilio, di distruggere gradualmente il rispetto e la dignità dell'essere umano, di banalizzare l'orrore anche nei paesi fuori dalla portata diretta del loro potere. Il modo in cui i giornali e la televisione ogni giorno presentano tutto questo, provoca lentamente, per omeopatia, una assuefazione emotiva. L'indignazione è così inaridita da diventare ridicola. Come difendersi? Non soltanto da avvenimenti che possono anche non investirti personalmente, ma come difendere il proprio rifiuto, specialmente se non si può mani41
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