di discussione, perché non potresti essere in qualche altro posto, qui, in questo momento?" "Ma è impossibile! Voglio dire - siamo in un appartamento in una certa casa in una certa via. In una città, in Francia. Un posto segnato sulle carte. Che ha un nome. Non può essere due posti diversi, ti pare? E che mi dici di tutta la gente che vive in questa città? La gente comune. Lo saprebbero anche loro. Si accorgerebbero che qualcosa non va ... " "Non necessariamente." "Perché no?" "Vuoi davvero che te lo spieghi?" "Ma certo!" "Guarda che è solo per amor di discussione. Non sto dicendo dove sei o dove non sei. Questo, solo tu puoi dirlo." "Va bene - solo per amor di discussione ... " "Ora tienti forte. Può darsi che quello che ti dirò non ti piaccia." "Che cosa?" "Vuoi che continui?" "Ma certo!" "O.K., allora ... Che ore erano quando hai guardato l'orologio? No - non guardarlo ancora! Dimmi solo che ore erano." "Vediamo - le due e diciassette ... Ma cos'ha a che fare questo con ... ?" "Ora guarda l'orologio." Guardai l'orologio. Non era difficile leggere l'ora. La mia mente e i miei occhi erano perfettamente chiari. Fissai l'orologio, a lungo. Da principio non riuscivo a credere a quello che vedevo. Ma non c'erano dubbi. Erano le due e diciassette. La lancetta dei minuti non si era mossa di un millimetro. "Oh Gesù Cristo," mi sentii dire, con calma. "Capisci cosa voglio dire?" disse Paul in tono affabile, come se avese semplicemente dimostrato un punto in una discussione puramente teorica. "Potresti davvero essere in un altro posto, qui e adesso. Nessuno degli altri, nessuno tra quella che tu chiami gente comune si accorgerebbe di niente. Non ne avrebbero la possibilità. Ci vuol tempo, per accorgersi di qualcosa - anche solo un istante di tempo, ci vuole. Ma supponi che tu ti trovi in un posto dove esserci non richiede una quantità di tempo?'' Sentivo il sudore freddo sulla fronte. Stavo cominciando a tremare. Tutte le volte in cui avevo avuto veramente paura - quando l'aereo si era quasi schiantato sulle montagne, in Messico, quando avevo aspettato nell'anticamera del dottore, col mio piccolo tumore da mostrargli - be', quei momenti non erano niente, stupidaggini, divertimenti, addirittura ... "Augustus le sa queste cose," stava dicendo Paul. "L'unico errore che fa è quello di cercare di spiegarle ad altri. Non si possono spiegare. Bisogna scoprirle da sé. Parlarne non serve a niente - si riassume tutto in un'altra stupida parola ... " Biblioteca Gino Bianco "Quale parola?" "Eternità." STORIE/ISHERWOOD Fu allora che persi completamente la testa. Mi alzai e mi precipitai nell'altra stanza, travolgendo il tavolo con la sfera di cristallo. Vidi il corridoio che portava alla porta d'entrata. Era lungo circa dieci metri: ma per me era lungo almeno un miglio. Dovevo arrivare a quella porta. Dovevo trovare il modo di fuggire da quel disegno sulla stoffa alle pareti; perché tutt'a un tratto quel disegno era diventato l'appartamento stesso, e io ero in trappola. Mi misi a correre giù per il corridoio. Correvo e correvo e correvo. Ansimavo in cerca di aria. Mi bruciavano i polmoni. Avevo una tremenda fitta in un fianco. Attraverso una porta aperta, scorsi Mokhtar, Dexter, Boots e Prim. Erano tutti nudi, e in circostanze normali, avrei detto che Prim stesse subendo uno stupro. Vale a dire, la donna stava lottando, urlava: Boots e Dexter la tenevano ferma e Mokhtar faceva gesti e"rotici. Ma là parola "stupro" non aveva più akuri significato~perché lo stupro è un atto, e un atto ha un inizio e .una firie: ed esiste nel tempo. Il tempo non esisteva, in quel posto. E non esisteva nemmeno il posto. Poi - all'improvviso - mi trovai sullà porta. Anselm fece una breve apparizione. Indossava una pesante cappa da vescovo ricamata d'oro, sopra l'accappatoio. "Il Grande Serpente proibisce ... " cominciò. Ma io avevo già aperto la porta, ero riuscito a fuggire da quel disegno arabo, e stavo freneticamente premendo il bottone dell'ascensore. Niente. Niente. Non succedeva niente. La voce mi era tornata, e così mi misi a urlare e urlare. Paul uscì tranquillamente dall'appartamento e aprì la porta dell'ascensore: era sempre stato lì, all'ultimo piano. Voleva scendere con me, ma glielo impedii. Perfino nel pieno della crisi isterica, mi resi conto che lui sapeva cosa stavo provando e non era arrabbiato. Uscii dall'edificio, e corsi giù per la strada fino a quando arrivai a un punto illuminato dove c'era un bistrò, aperto. Solo allora trovai il coraggio di guardare l'orologio. Il tempo aveva ricominciato a scorrere - ma molto lentamente, sembrava. Perché la mia fuga era durata meno di cinque minuti. Il peggio era passato. Ma quando tornai nella mia stanza d'albergo e mi infilai a letto, non trovai il coraggio di spegnere la luce. (traduzione di Marisa Caramella) Copyright Christopher lsherwood 1966. 35
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==