no le gambe dei pantaloni di un normale vestito. Ai piedi portava un paio di pantofole marocchine di cuoio giallo. L'insieme dava l'idea di una specie di compromesso d'emergenza tra abiti rituali e vestiti di tutti i giorni, come quando un prete si mette in fretta la stola sopra il vestito per ascoltare la confessione di un morente. Anselm fece un inchino a mani giunte, stile indù. Poi intonò, "La Volontà è la Legge, la Legge è la Volontà; il Grande Serpente è salito al Terzo Loto e vi ordina di entrare." (Ebbi l'improvvisa tentazione di mettere alla prova quel Mumbo Jumbo e lasciarlo di sasso rispondendogli con un'autentica citazione tantrica; ma avrei rovinato tutto, e anche dimostrato scarsa educazione.) Mentre entravamo nell'appartamento, Anselm accese altre luci dentro la lampada sospesa, illuminando meglio le pareti del corridoio, che si rivelarono piene di quadri. Anselm fece segno a Paul di seguirlo dentro una stanzà sulla sinistra; dal suo comportamento, capii che non voleva che andassi con loro. Mi misi a guardare i quadri, e intanto li sentivo parlare a voce bassa. I quadri erano rozzi, ma sensazionali; per lo più pornografici, e tutti piuttosto terrorizzanti. Uno di essi raffigurava un campo coperto di stoppie, dove camminavano due uomini vestiti come peones messicani. In primo piano, dietro un gruppo di cactus, c'era un pene dall'aria feroce, con la bocca da squalo e gli occhietti da porco, in agguato, pronto a saltar fuori e ad aggredirli. Un altro rappresentava un uomo urlante inghiottito da un'immensa vagina sorridente con un occhio chiuso su ciascun lato: era intitolato "l'amore è cieco". In un altro quadro, un giovane era ritto davanti alla finestra di una casetta, e guardava quella che da fuori sembrava una bella ragazza nuda. Tutto quello che il giovane riusciva a vedere di lei, appoggiata al davanzale, erano la testa, le braccia, e i seni nudi: lo fissava e gli faceva cenno di entrare, con un sorriso seducente. Ma chi guardava il quadro poteva vedere, attraverso la parete laterale della casa, quello che al giovane risultava invisibile: il corpo della ragazza terminava in una coda di serpente, completa di sonagli. In fondo al corridoio c'era una stanza decorata e ammobiliata in convenzionale stile "mistico". C'erano tutti i segni dello Zodiaco dipinti sulle pareti. C'era una sfera di cristallo su un tavolo coperto da un drappo di velluto, vicino a un mazzo di tarocchi. Sullo scaffale di una libreria c'era un Budda da pochi soldi, di quelli che si trovano in tutti negozi di oggetti giapponesi, con due bastoncini profumati accesi davanti. In un angolo c'era uno di quei mobili-archivio di metallo dipinto di grigio. Sui cassetti c'erano delle etichette con la descrizione del contenuto: mantra, mudra, maledizioni, incantesimi d'amore, rune, talismani, fatture, incantesimi verbali, magia bianca, magia nera. Le scritte erano molto grandi, chiare, fatte apposta per attirare l'attenzione di chiunque entrasse nella stanza, e far la dovuta impressione. "Quest'uomo è il solito fanatico da quattro soldi," dissi tra me e me, deluso. In quel momento apparve Paul. Mi trascinò alla fineBibliotecaGino Bianco STORIE/ISHERWOOD stra, che, me ne accorsi in quel momento, si apriva su un balcone. "Hai cinquemila franchi con te, Chris?" mi chiese, quasi in un sussurro. "Perché?" "Perché ne abbiamo bisogno." "E perché ne abbiamo bisogno?" "Oh, ti prego, Chris, sii ragionevole - non discutere. Ne hai bisogno tu. È una specie di tassa che bisogna pagare ad Anselm. Una tassa d'iniziazione ... " "Iniziazione? Ma sei matto? Cosa sta succedendo qui?" "Stai calmo, ti prego. Non avevi promesso ... ?" "O.K. Lasciamo perdere. Ecco qua ... " Diedi i soldi a Paul - pensando a quella tassa extra che si paga alla guida per vedere gli affreschi "spinti" di Pompei - e lui aprì una porta che dava in una stanza sulla destra; una stanza molto più piccola, quasi priva di mobili. Tutt'intorno alle pareti, l'uno accanto all'altro, c'erano dei materassi ricoperti di velluto nero. Le pareti erano interamente drappeggiate di stoffa a intricati disegni arabi, viola, arancione e verdi. C'erano già tre persone, nella stanza: una donna di mezz'età con i capelli tinti di henné, una ragazza ebrea americana col naso lungo e un corpo molto sexy, un giovane inglese con le gambe lunghe e sottili e dotato di una certa avvenenza infantile. Paul disse, "Questo è Chris - Prim, Boots, Dexter". Provai una leggera avversione per Dexter, per via della sua faccia e dei suoi abiti; era vestito come un poeta bohémien di fine secolo. Non provai alcun particolare sentimento, da principio, nei confronti di Prim, la donna, e di Boots, la ragazza. Ed era chiaro che anche loro non provavano molto interesse per me. Mi sedetti su uno dei materassi. Era scomodo e duro. Arrivò Anselm, seguito da un ragazzo arabo con un grande vassoio di rame sul quale erano disposti vari cibi. "lsherwood," disse Anselm, con la sua voce profonda, "questo è Mokhtar, il mio assistente - o, come credono alcuni, il mio demone familiare." Mokhtar sorrise. Indossava un costume arabo: pantaloni gonfi e un giubbetto aperto, senza maniche, che lasciava vedere il torace scuro e sottile. C'era in lui qualcosa di astuto, di malizioso, che mi ricordava i ragazzi dell'isola di Ambrose. Evidentemente aveva la situazione sotto controllo - qualunque fosse, questa situazione. "Preferisce cominciare con del kif o del majoun?" mi chiese Anselm. Era gentile, ma in un modo strano, non giusto, sembrava un rivenditore di automobili. Il suo accento, mi sembrò, era un misto di irlandese e scuole private. Dovetti assumere un'espressione vacua, a quella domanda, perché aggiunse subito, "Il nostro comune amico mi dice che lei è estraneo alle sottili delizie della cannabis indica?" "Vuol dire dell'hashish," mi spiegò Paul, "o, come la chiamiamo noi rozzi americani, marijuana. Tesoro, farai meglio a rilassarti ... " Si rivolse a Mokhtar, "Cominciamo con un po' di majoun, è una tale delizia che Chris qui ne an31
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