PRENDERE OLASCIARE Christopher Isherwood PRENDEREO LASCIARE mo un'idea per un racconto. Forse è buona. Forse è tremenda. So soltanto che non è il mio tipo di idea. Quindi la passo a voi. A tutti gli scrittori vengono idee che non appartengono veramente a loro, specialmente mentre si fanno la barba, o la messa in piega se si tratta di ragazze. (Avete notato? Ho perfino cominciato a parlare con un accento diverso. Lavoce non è più la mia. È per via di questa storia, che non è mia.) Bene, come stavo dicendo, idee del genere sono come numeri di telefono sbagliati. Potete rispondere semplicemente, "Mi dispiace, no, questo non è l'Arsenale della Marina" e riappendere. Oppure, se vi gira, potere far finta di essere qualcun altro, divertirvi un po', e subire le conseguenze. La letteratura pullula delle conseguenze di autori che si divertono con un numero sbagliato: Le due città di Dickens, per esempio, o Il dottor Jekyll e Mr. Hyde o Il ritratto di Dorian Gray. Il governo dice che dobbiamo risparmiare, sfruttare tutto. Quindi sfruttiamo quest'idea. Forse uno dei vostri ragazzi potrebbe cavarne qualcosa. Passatela al ragazzo più brillante che avete, perché questo racconto dev'essere davvero molto brillante, guarnito di slang ultimo grido, ultimissima moda. Toglietela dal congelatore, lasciatela riposare un po', un paio di mesi, almeno, e forse - non dite che non vi avevo avvertito quando comincerà a puzzare. I personaggi? Non posso sprecare tempo a inventare loro dei nomi. Lei la vedo bruna, con quel tipo di occhi neri, insoddisfatti, che sembrano aderire lievemente a facce e specchi, staccandosene poi con una tensione elastica e un piccolo strappo. (Sarà meglio che consultiate qualche redattore di moda sulla sfumatura di rossetto che usa e su come si veste.) Lui è robusto, un po' più vecchio di lei, faceva la lotta e giocava a football, all'università, ha un orecchio a cavolfiore, occhi grigi penetranti, capelli corti, grigi, trascurati, che si rizzano dietro in un ciuffo, e la bocca a cassetta della posta. Sembra buono e gentile, e lo è - con gli altri uomini. I due sono sposati da una diecina d'anni. Vivono in un grande appartamento che guarda sull'East River, nella, diciamo, Cinquantacinquesima Strada. Attenti a come lo ammobiliate; i lettori si aspettano che qUesto tipo di cose siano autentiche. Sentite, vi do un paio di consigli: un cuscino di velluto a coste bianco a forma di mano umana, un paesaggio lunare (scuola di Yves Tanguy), sedie finto-cinesi che in teoria dovrebbero provenire dal Royal Pavilion di Brighton. (Importante: il quadro è stato scelto da lui, non da lei. Questo comincia a far intravvedere qualcosa di astuto, felino e imprevedibile nel carattere di lui.) Prima della guerra lui faceva il consulente di marketing, o qualcosa del genere. È un esperto di statistica, grafici dei prezzi, psicQlogia del consumatore. Legge libri di economia come se fossero romanzi gialli, riesce a scorrere il più voluBibliotecaGino Bianco minoso di questi tomi in poche ore, tirando boccate dalla sua pipa corta, pesante. Quando legge, porta occhiali con la montatura nera, che paiono, non si capisce bene perché, una specie di ironico travestimento. Gira le pagine con un dito tozzo, alza un sopracciglio, tira fuori una matita dal taschino del panciotto, scarabocchia una nota in margine. Come al solito, ha scoperto il particolare tipo di errore del ragionamento di quel particolare autore. Guardandolo da dietro il suo romanzo (l'ultimo frutto dello zelo di Romains), lei aggrotta le sopracciglia. Dal momento in cui il matrimonio è cominciato ad andar male (da principio quasi senza che se ne accorgessero), la vita di lei è andata accelerando gradualmente, al punto che ora, quando lascia una stanza o una casa, le sue labbra cominciano a muoversi automaticamente, in un mormorio di scusa per il ritardo al prossimo appuntamento. Fa parte di ogni nuovo comitato, incarta pacchi per le nuove nazioni unite, parla all'inaugurazione dei club della vittoria, esce con ufficiali della Marina Britannica in licenza, diplomatici sudamericani, e qualunque russo su cui riesca a mettere le mani. In realtà, sta girando in cerchio, sempre con un occhio su di lui, sempre con la speranza che lui reagisca, la sviolini un po' e alla fine si faccia coinvolgere in quello che lei vuole più di ogni altra cosa al mondo - una lunga, lunga chiacchierata. Ma lui, il vecchio lottatore, è troppo intelligente. Si comporta come se questo stato di cose potesse continuare in eterno. "Dobbiamo proprio tirare in ballo queste storie?" Sbadiglia e se la squaglia, a Washington o a letto. Questa è una cosa .che la fa quasi impazzire. Naturalmente, lei discute la situazione, non in modo volgare, con oggettività, analiticamente, con gli amici. Oh sì, è decisa a essere assolutamente imparziale. Incolpa se stessa. Concede a lui il beneficio di ogni possibile dubbio. Mette in discussione le proprie motivazioni; difende quelle di lui. Poi abbandona elegamentemente l'argomento, lasciando al mondo il compito di formulare il verdetto - lui è colpevole, al cinquecento per cento. Lei non protesta. Si limita a scuotere la testa, a sorridere dolcemente, a sospirare. Va da sé che è sfinita, e, oh, tremendamente coraggiosa. E lui? Anche lui discute dei loro rapporti? Nessuno lo sa. .-:, roprio nel momento in cui comincia la mia (voglio Udire la vostra) storia, lei ha deciso di tenere un diario. La scena in cui va a comperarlo, il diario, sarà il primo problema del vostro brillante ragazzo, e non lo invidio, perché quel vecchio trucco del flusso ,di coscienza che si srotola come un gomitolo sta diventando la rottura numero uno della narrativa. Forse il vostro brillante ragazzo riuscirà a costruirci sopra un ponte o ad arginarlo con una diga: la cosa non mi riguarda. Io devo solo informarlo che la sua eroina sta andando giù per la Quinta Avenue e, guardando per caso la vetrina di un piccolo, costosissimo negozio, lo vede: eccolo lì, non un comune diario ma uno stupendo quaderno, rilegato in cuoio bulinato, come un volume delle opere
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