Linea d'ombra - anno II - n. 12 - novembre 1985

Agnès Varda e la protagonista del suo film. BibliotecaGino Bianco si potesse lavorare rapidamente, su elementi già pronti. Non so come trovare una metafora per questo. Tutto è pronto, c'è solo da girare, perché io mi metto nella situazione di avere gli elementi, gli ambienti, i luoghi, i personaggi e le emozioni e un piano di lavoro molto rigoroso. Il piano era centrato su due aspetti tecnici molto precisi, e comprendeva da una parte le testimonianze della gente, che sono tutte "tra parentesi", e dall'altra le dissolvenze incrociate, che diventano nere. A volte sono mezze dissolvenze, che articolano e si articolano per portare a una descrizione, a una opinione su Monà che evolve a poco a poco, fino all'ultima opinione dell'ultimo testimone, quel tipo che parla solamente del suo culo e la uccide, in qualche modo, con le parole, la distrugge prima che sia morta. Un secondo elemento di struttura del film è .una serie di panoramiche, da un capo all'altro del film, che danno un senso del film discontinuo/continuo, come di un pensiero che prosegue per tutto il tempo. Nella mia testa continua ancora adesso. Nella costruzione del film le panoramiche sono discontinue. Ognuna è un frammento del cammino di Monà, con un frammento del paesaggio, prima e dopo che la si lascia. Qualche volta la si abbandona, altre volte la si incontra - una donna sposata, un operaio di cantiere ... - qualche volta ho cambiato all'ultimo momento, ma c'era comunque la volontà di essere fedeli al progetto, al piano, e all'interno di questo progetto rigoroso la possibilità di improvvisare molte cose. Questo prima delle riprese, prima che l'improvvisazione cominciasse. • La struttura del film è poco apparente ... Ho dato a questo film una struttura molto forte. Alcuni non la vedono, ma del resto esistono anche persone che leggono libri bellissimi e restano indifferenti. È stato detto che il film è poco strutturato, mentre esiste una struttura di un rigore assoluto. Posso essere d'accordo che non si ami il film, che questo tipo di struttura non piaccia, però c'è ed è complessa, articolata, con dolci movimenti di macchina, un certo numero di testimonianze, scene che evolvono ... è un film estremamente strutturato. Si ha tutto il diritto di detestarlo, non dico che lo si debba apprezzare per forza, ma è sicuramente più strutturato di molti film d'azione. Ed è esattamente quella che io chiamo cinestruttura. Significa che si deve scrivere esattamente per il cinema. Non si devono adattare i libri, non si deve fare una sceneggiatura e poi copiarla: si deve restare liberi e captare le cose. Il cinema è un'arte viva, un'arte in movimento che deve saper cogliere anche pensieri in movimento. Io lo pratico come penso sia da praticare il cinema contemporaneo, non voglio dire che non ci sia posto per altri tipi di film e di registi. Il cinema non è un'eredità del teatro dell'Ottocento e della psicologia del romanzo inglese. Esistono anche i film d'azione e i cartoni animati, tutto questo va benissimo, certa gente pensa che si debbano fare queste cose. Per parte mia, mi attengo strettamente a una ricerca che considero parallela a una riflessione sulla pittura e la musica. La mia idea di cinema è il contrario della tirannia, credo che si debba proporre ciò che si crede onesto, e il resto non mi importa. I platani di Sans toit ni loi sono liberi, non più una superficie difoglie, un muro tra la casa e l'esterno come in Sept pièces .... Sono completi, e sono malati. Un contrappunto della sofferenza di Monà alla sofferenza della terra? Sui platani ho fatto un'inchiesta molto seria: è la verità, i platani stanno morendo e in trent'anni, se non si troverà rimedio, saranno estinti. Nel film si dice che la malattia è stata portata in Europa durante la guerra con le casse dei fucili americani, fatte con legno infettato. È vero, non c'era in questo nessuna polemica. Un giornale francese di destra ha scritto che senza la Liberazione avremmo ancora i platani, Hitler e Mussolini. È un'idiozia. Non era per dire che sono contro gli americani, ho solo detto che questa infezione è stata portata dalle casse americane, semplicemente. Chi poteva saperlo, allora? D'altronde non c'è dubbio che ci abbiano liberato, questo è un fatto. Sulla stampa si dicono molte sciocchezze intorno a questo film. Io sono un'artista cineasta, lavoro seriamente nella mia professione, e in essa ci sono evidentemente tutti gli aspetti: anche il commercio, la distribuzione, il festival. Dopo tanti anni di esperienza comincio a sapere che non devo lasciarmi scalfire, faccio il mio lavoro, ed è tutto. E i platani? Monà cammina "senza tetto e senza legge", non vede i platani. Viene a sapere dalla patologa vegetale la storia dei platani e la ripete maldestramente. È una ragazza che sente molte cose, non è una stupida; sembra non capire nulla, vedere nulla, ha l'aria addormentata, ma capisce. E anche il film è un po' così, ha un po'· l'aria di niente, ma è un film forte.

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