Linea d'ombra - anno II - n. 12 - novembre 1985

14 DISCUSSIONE/BARENGHI Paul Klee, Disegno, 1923. frequenti metamorfosi della sua narrativa non sono frutto di versatilità o di facile eclettismo, bensi derivano dalla precisa volontà di evitare ogni possibile degenerazione in "maniera", salvaguardando cosi quel senso di vigile e attivo contrasto fra l'io e il mondo che è la radice stessa della sua ispirazione. La mutevolezza di Calvino è, in primo luogo, la forma specifica della sua fedeltà a se stesso. Una fedeltà, s'intende, difficile. A uno sguardo d'insieme, l'opera di Calvino appare sì sostanzialmente coerente e unitaria, ma nello stesso tempo instabile, irrequieta: non solo frutto di selezione (e prima o poi alcuni dei numerosi inediti calviniani vedranno la luce), ma anche oggetto di un continuo e ~erfino un po' ossessivo riordinamento interno, come dimostra uno sguardo anche sommario agli indici dei vari libri e delle varie raccolte. Unitaria, insomma, è l'opera di Calvino nel suo insieme: non le opere singole. Si direbbe anzi che in Calvino conviva, accanto alla volontà di imporre ai propri scritti, e più in generale alla propria produzione, un ordine interno rigoroso (a volte con evidenti forzature), la tendenza a porre in luce proprio le contraddizioni, i punti di crisi e di esaurimento dei singoli diversi progetti. E questo vale sia per gli esordi - documentati da quella sorta di laboratorio o palestra narrativa che è Ultimo viene il corvo - sia per epoche successive, come ad esempio per la stagione "cosmicomica". D'altronde l'archetipo fiabesco, nella sua produttiva duttilità, deve anche adattarsi alle esigenze delle mutevoli condizioni storiche. In un primo tempo, dunque Calvino si cimenta con diverse e ingegnose soluzioni narrative: rinnova il registro realistiBibliotecaGino Bianco co-esistenziale attraverso la straniata ottica infantile del Sentiero dei nidi di ragno, dà alle contraddizioni dell'uomo contemporaneo l'immaginosa veste cavalleresca del Visconte dimezzato e del Cavaliere inesistente, ritrova l'incisività del romanzo breve primo-ottocentesco nella Speculazione edilizia (che è il vero contraltare del Barone, di questo non meno intriso di simboli, a mezza via fra allegoria e realtà), sperimenta le più varie combinazioni della relazione triadica individuo-natura-società negli Amori difficili e in Marcovaldo. Ma l'affievolirsi delle prospettive di progresso civile e storico induce Calvino a un pessimismo crescente. I suoi personaggi si fanno sempre più incerti e smarriti, ovvero sempre più distaccati e propensi all'osservazione e all'analisi. Non solo la prospettiva di una decisiva "prova" che imprima un senso alla loro esistenza li trova sempre piu vulnerabili: a insidiare la loro consistenza umana è l'incapacità (o l'impossibilità) di riconoscere nel mondo che li circonda i termini di una. prova quale che sia. Fin dall'inizio, òel resto, non bastava saper superare gli ostacoli: occorreva prima saperli identificare, cioè scegliere il percorso da seguire. L'immagine del percorso (metafora dell'idea di progetto, e fondamento della topologia narrativa calviniana) si complicava cosi in quella dell'intreccio, del reticolo. Ora anche la struttura reticolare cambia aspetto: non è più il fascinoso dedalo delle selve ariostesche o l'intrico dei rami della foresta di Ombrosa, e nemmeno l'inospitale metropoli di Marcovaldo: bensi il labirinto di segrete e cunicoli della fortezza d'If in cui giace prigioniero il conte di Montecristo, l'astratto ricamo geometrico-urbanistico di tante descrizioni di Marco Polo, il forsennato vagabondare del Lettore di Se una notte d'inverno. In questa seconda fase, dunque, CalviPaul K/ee, Disegno. Max Ernst (pari.). no escogita altre e ancor più orginali strategie narrative (e non senza qualche rischio di intellettualismo): ripercorre la storia dell'universo attraverso le fantasie scientifiche del proteiforme Qfwfq (Le cosmicomiche, Ti con zero), compone cruciverba di racconti allineando le carte di tarocchi antichi e moderni (il Castello e la Taverna dei destini incrociati), materializza ipotesi di vite e di convivenze nella rappresentazione di spopolati ambienti umani (Le città invisibili). In tutti questi casi, la polarità fra la sfera oggettiva del reale e la soggettività di una presenza morale in essa è affidata più all'invenzione di inedite situazioni narrative, che alla tempra dei personaggi: di fronte a un presente magmatico e vischioso, che non sembra consentire lo "scatto attivo e cosciente" di una personalità ben individuata (se non a prezzo di inaccettabili velleitarismi), Calvino si impegna a modificare e a riformare le condizioni dell'atto narrativo. Coerente e rigoroso, oltre che nuovamente aperto a una dimensione di narratività più distesa e affabile, sarà dunque l'approdo a un romanzo come Se una notte d'inverno un viaggiatore, incentrato sul motivo dell'interazione fra l'autore che scrive e il lettore che legge: le uniche possibilità che ha l'opera di riscattare la propria necessaria imperfezione (il che significa: le possibilità della lettc;ratura di giustificare la propria esistenza) vengono affidate alla sua capacità di costituirsi come dialogo fra soggetti insigniti di eguale consapevolezza e dignità. Calvino, per la verità, non ha mai cessato di meditare sui rapporti con il pubblico. Da ciò deriva non solo una delle linee di riflessione più acute e suggestivedelle sue pagine saggistiche, ma anche una serie di importanti scelte sul piano della prassi narrati-

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