Linea d'ombra - anno II - n. 12 - novembre 1985

8 APERTURA/GORDIMER cendiate i tratti forti e calcati che delineano gli eroi veniva dal di dentro. Per conquistare la sua libertà lo scrittore deve rinunciare alla sua libertà. Che l'impulso venisse dall'interno, dall'esterno o da entrambe le parti, per lo scrittore nero sudafricano divenne un imperativo categorico tentare quella via di salvezza. E tale rimane; ma negli anni Ottanta molti scrittori neri di valore sono entrati in conflitto con la richiesta dall'esterno - la responsabilità come ortodossia - e hanno cominciato a far valere il diritto a una propria rappresentazione interiore del gesto essenziale per cui sono parte della lotta dei neri.3 La responsabilità rivoluzionaria dello scrittore può essere da lui enunciata come la scoperta, nelle proprie parole, dello spirito rivoluzionario che assicura per il presente - e per il futuro postrivoluzionario - la salvezza di quella nobiltà che gli uomini e le donne normali possono trovare soltanto fra i loro dubbi, le loro colpevolezze, i loro difetti: il loro coraggio-nonostante-tutto. Verso chi sono responsabili gli scrittori sudafricani se non lo sono per la situazione storica ed esistenziale dei neri, e se sono alienati dalla situazione loro propria, la situazione storica ed esistenziale dei bianchi? Solo una parte dei neri ha richieste da porre agli scrittori bianchi - quell'allineamento con i radicali neri che garantisce integrità ai bianchi che si dichiarano a favore della lotta dei neri per la libertà. Appartenere a questo gruppo di scrittori significa in primo luogo vedersi assegnare una responsabilità politica se non una vera e propria ortodossia: il compito dello scrittore bianco come "lavoratore della cultura" è di elevare la coscienza dei bianchi che, a differenza di lui, non si sono risvegliati. È una responsabilità al tempo stesso minore, rispetto a quella di compositore di inni di lotta assegnata allo scrittore nero, e gravosa se si confrontano gli onori e le calde accoglienze che i neri tributano allo scrittore nero e la taccia di traditore o, nel migliore dei casi, il gelo dell'indifferenza cui lo scrittore bianco è esposto da parte dell'establishment bianco. Per una fortunata ironia, tuttavia, è una responsabilità che lo scrittore bianco ha già assunto su di sé se l'altra responsabilità - quella verso la sua integrità creativa - lo induce allo scrupolo di scrivere quella che egli sa essere la verità, che ai bianchi piaccia udirla o no, perché la maggioranza dei suoi lettori è bianca. Egli esercita una certa influenza sui bianchi, benché non sul governo dominato dai bianchi; può influenzare quegli individui che già confusamente riacquistano coscienza dopo l'abbaglio del potere, e quelli che acquistano coraggio leggendo l'aperta espressione della loro ribellione repressa. Dubito che lo scrittore bianco, anche trattando gli stessi temi dei neri, si renda socialmente molto utile ispirando coraggio ai neri, e dubito che di questo ci sia bisogno. Condividere la vita dei ghetti neri è il primo requisito che manca allo scrittore bianco nella misura in cui vale quella visione populista. Ma gli scrittori neri condividono coi bianchi lo stesso genere di influenza sui bianchi che li leggono, e così categorie che lo stato vorrebbe tenere separate si mescolano grazie alla letteratura - un imprevisto "gesto essenziale" di scrittori consapevoli della loro responsabilità sociale in un paese diviso. BibliotecaGino Bianco Lo scrittore bianco che ha dichiarato la propria responsabilità verso il popolo oppresso non è tenuto a essere, da questo popolo, "più che uno scrittore", perché non si scorge nella sua posizione storica un fattore che lo renda essenziale per la lotta dei neri. Alcuni scrittori hanno però contestato questa definizione accollandosi esattamente le stesse responsabilità rivoluzionarie di scrittori neri come Alex la Guma, Dennis Brutus e Mongane Serote, i quali non fanno distinzione fra i compiti dell'attività clandestina e lo scrivere racconti o poesie. Come Brutus, gli scrittori bianchi Breyten Breytenbach e Jeremy Cronin sono stati processati e imprigionati per aver riconosciuto e accettato la necessità di essere "più che uno scrittore". La loro interpretazione della responsabilità di uno scrittore, nel loro paese e nella loro situazione, rimane una sfida, in particolare nei confronti di coloro che dissentono dalla loro attività pur condividendo con essi la politica di opposizione alla repressione. Non c'è autorità morale pari a quella che conferisce il sacrificio. In Sudafrica la torre d'avorio viene sgretolata ogni volta che la casa di un nero è demolita per far posto alla casa di un bianco. Eppure ci sono posizioni intermedie fra la torre d'avorio sgretolata e il carcere di massima sicurezza. Colui che vede la propria responsabilità nell'essere "solo uno scrittore" deve sempre decidere se ciò significa che egli può compiere il suo gesto essenziale verso la società solo confezionando e riducendo la sua creatività alle dimensioni di un realismo sociale che coloro che lo libereranno dalla sua situazione hanno il potere di chiedergli, o se può essere in grado di farlo, con un'opera che il liberal occidentale George Steiner definisce, nella sua recensione del libro Squartamento di E.M. Cioran, "scrupolosamente argomentata, non declamata ... informata, in ogni nodo e articolazione propositivi, a un giusto senso della natura complessa e contraddittoria del1'evidenza storica". Il grande mentore degli scrittori rivoluzionari russi del XIX secolo, Belinskij, avverte: "Non preoccuparti dell'incarnarsi delle idee. Se sei un poeta, le tue opere le conterranno a tua insaputa - saranno morali e nazionali al tempo stesso se seguirai liberamente la tua ispirazione". Octavio Paz, parlando dal Messico dei bisogni del Terzo Mondo, scorge una fondamentale funzione di critico ~ociale per lo scrittore che è "solo uno scrittore". È una responsabilità che risale alla fonte: il corpus della lingua da cui ha origine lo scrittore. "La critica sociale comincia con la grammatica e col ripristino dei significati" .4 Fu questa la responsabilità che si assunsero, nell'era post-nazista, Heinrich Boli e Giinter Grass, e che attualmente viene assolta dagli scrittori sudafricani, bianchi e neri, quando essi mettono a nudo il vero significato del lessico di eufemismi razzisti del governo sudafricano, termini come "sviluppo separato", "reinsediamento", "stati nazionali" e la grammatica di una legislazione razzista, con camere segregate per i bianchi, i cosiddetti coloureds e gli indiani, e nessuna rappresentanza di alcun genere per la maggioranza dei sudafricani, quelli classificati come neri. Se lo scrittore accoglie la richiesta di realismo sociale che gli perviene dall'esterno, distorcerà, paradossalmente, pro-

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