Linea d'ombra - anno II - n. 11 - settembre 1985

fenomeni di costume, "mode culturali", conferenze scientifiche ma divulgative, visto che "lo storico deve rivolgere la propria attenzione soprattutto a quelle opere che alla loro epoca erano stimate e apprezzate, anche se, in base alle nostre norme critiche, risultano oggi del tutto insignificanti" (p. 261). Si parte dalla descrizione di quei grandi "panorami" - dei quali si è persa ormai quasi ogni traccia - che costituirono una vera e propria attrattiva del secolo scorso: rappresentazioni gigantesche di scenografie allestite in appositi locali circolari al centro dei quali il pubblico poteva godere della iperrealistica rappresentazione di eventi storici (La battaglia di Sedan di Anton von Werner, per esempio) o di paesaggi che, con un sapiente gioco di illuminazione, trascoloravano dall'alba al tramonto. Minuziosa resa pittorica di ogni particolare e inserzione di materiali "naturali" (frammenti di rocce, muschio, parti di steccionate), rendevano perfetto l'effetto illusionistico, creando una dimensione in perenne equilibrio precario tra finzione e realtà. Proprio la compresenza di "naturale e artificiale"si riscontra anche nelle tracce che la prima tecnologia ha impresso al paesaggio, con la ferrovia inizialmente, con la navigazione turistica e l'industria del "viaggio organizzato" poi. In seno alla macchina a vapore ha origine il connubio diabolico ma insieme straordinario di forza "naturale" e imposizione meccanica (costrizione "artificiale": siamo sulle tracce di questa dicotomia fondamentale che, tra le altre, percorre tutto il libro), mentre - e il filo rosso è ripreso nell'ultimo capitolo - il gas che proviene dalle viscere della terra (e della preistoria, in forma di foresta millenaria carbonizzata) consente la prima apoteosi della luce artificiale a uso domestico. Dominio sulla natura, dunque, che rivela nel fascino che l'esotico ha esercitato verso la fine del secolo presso ampi strati di pubblico, una tappa importante e chiaramente "panoramica" del viaggio che Sternberger conduce. La tradizione pittorica (attenta per lo più ai paesaggi africani) ben presto diventa di genere, segue cioè piuttosto i canoni rappresentativi già sperimentati e si allontana progressivamente dal paesaggio che di volta in volta ritrae, mentre la stessa immagine della "terra.lontana" si ricompone secondo criteri facilmente assimilabili dalla cultura del periodo, tedesca ed europea tout court. In un "vorticoso scorrere di immagini, il mondo di cui si faceva così conoscenza - restando peraltro estra- !1eo - perse vividezza; le suggestioni li Passage Pommeraye a Nantes di Benois. dell'ignoto divennero intercambiabili e i paesi dei sogni e della nostalgia, le vere patrie, scivolarono in una lontananza sempre più remota" (p. 73). L'elaborazione della legge della conservazione dell'energia fornisce un primo e ancora debole simulacro di certezza quasi metafisica: se osservando la vita terrestre e il funzionamento di tutte le macchine, naturali o artificiali, si viene a perdere ogni equilibrio anche precario, se appaiono costanti fughe di energia inutilizzata che però, indubbiamente, come tale non scomparirà mai, "inseguendo a ritroso l'energia attraverso tutte le sue trasformazioni, il fisico giunge fino alle sfere cosmiche e cosmogoniche, e anche le dimensioni del sistema planetario si rivelano 'imperfette'" (p. 68). È un processo di assolutizzazione, di "sublimazione" della legge fisica che si circonda anche di altri risvolti rassicuranti: "il ciclo della materia imperitura, cantato nelle epopee 'scientifiche' dei cosiddetti materialisti" (p.162) permette di ribaltare completamente l'immagine dell'assoluta e inevitabile caducità della vita umana che riduce inevitabilmentre il corpo in polvere, in trionfo dell'eternità della materia, dell'immortalità di quella stessa polvere, con una specie di pacata consapevolezza democritea. Di gran lunga più produttivo ed efficace rimane comunque l'impatto della teoria SCHEDE/SAGGI evoluzionistica darwiniana sulla mentalità borghese ottocentesca. Con una sorprendente analogia, peraltro già sottolineata anche ai tempi del libro di Sternberger, tra il principio della selezione naturale e le leggi di sopravvivenza economica e di concorrenza nell'epoca del libero capitalismo, "l'insensatezza dell'annientamento totale è rimossa dal 'senso' della formazione di specie superstiti sempre più perfette" (p. 124). Risalendo all'indietro lungo la catena filogenetica si raggiungono ere geologiche antichissime che permettono di salvaguardare almeno una razionalistica parvenza di eternità. "L'intervento o l'atto della creazione è eliminato; la natura appare così 'totale', e cioè correlata in se stessa, composta da una molteplicità non regolamentata, ma tutt'al più spontanea, in breve: panoramica" (p. 130). E siamo ancora al termine chiave della trattazione di Sternberger. Anche tutti gli altri fenomeni studiati nel volume alimentano una dimensione ideologica che diventa patrimonio dell'uomo borghese benpensante durante la seconda metà del secolo XIX. Così il "genere", romanzesco o pittorico che sia; il decorativismo e l'arredo fin de sièc/e; la monumentalità del tempio pagano e inneggiante alla stirpe tedesca come il famoso Walhalla di Leo von Klenze eretto vicino a Regensburg. In definitiva con il concetto di "panorama" non si intende altro che il risultato di un processo di ristrutturazione e di ridisposizione della realtà osservata, secondo un criterio di autoconservazione pacifica e tranquillizzante della coscienza dello spettatore, con un portato ideologico espilicito elaborato a sua giustificazione, e un corrispettivo diretto nella dimensione del gusto e delle inclinazioni pubbliche e private di un'epoca. Si tratta di un processo di oggettivazione delle modalità percettive impiegate, riacquisite poi esplicitamente a livello culturale e ideologico come senso comune vulgato a quel tempo, ma ricostruito attraverso le sottili trame della storia da parte dei posteri. In questo senso Sternberger, fra la totale indifferenza, avvertì il bisogno e il dovere di tratteggiare la fisionomia della cosiddetta Grunderzeit, utilizzando un metodo che lascia ampio spazio di intervento al lettore, che si trova di fronte una serie apparentemente irrelata di fatti e di analisi che si potrebbero coordinare - durante la lettura - certamente con criteri diversi da quello che fin qui è stato proposto, criterio che ha privilegiato il discrimine "naturale artificiale" e la portata "filosofica" di alcune innovazioni tecniche e di alcune teorie scientifiche con la loro forza di impatto sul87

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