6 APERTURA/DOBLIN persuasione e tutto l'apparato sensuale e soprannaturale. E, nel finale, dolce e pericoloso, ecco far capolino dentro di noi un senso di annientamento, ed è questo senso che amiamo più di ogni altra cosa, questa fitta che ci viene provocata ad arte. Dalle scimmie abbiamo imparato a provare compassione, e anche per quanto riguarda ogni altro sentimento non facciamo altro che mettere a profitto la nostra capacità di imitare. Proviamo compassione, è il nostro istinto di scimmie e ne siamo fieri, tanto da imbastirci sopra intere filosofie. Ci serviamo astutamente di questo istinto, lo usiamo fino in fondo: per questo, anche se l'eroe viene catturato e divorato, per noi è ancora troppo poco. Siamo o non siamo degli europei civilizzati? L'atto del divorare lo lasciamo agli animali, noi cerchiamo un piacere fuori dal comune. È la compassione che ci dà la piacevole possibilità di sentire ogni colpo inferto all'eroe come inferto a noi stessi. A noi stessi! E così da vicino! Ma in che senso ci divoriamo? Come saliamo baldanzosi in alto per poi offrirci come vittime, infilarci nello spiedo, assaporare con tutti i pori l'aria del campo di battaglia? Certamente, in questo caso non c'entra esattamente la compassione, ma è proprio questo il bello: il poter abusare della compassione, il violentarci, noi e la nostra morale. La complicazione, il "condimento" di un atto cannibalesco compiuto con la voglia di immoralità. Un cannibalismo quasi controvoglia, un cannibalismo "a ostacoli": è questo il terreno di coltura per il tragico. Ci è stato detto, ingenuamente, che quando ci alzeremo grondanti sangue saremo purificati,. Sazi, almeno per questa volta. L'uomo ha mantenuto, del suo periodo più buio, questi tragici giochi. È possibile riconoscerlo proprio sulla base di questi giochi. Che cosa si aspetta, ora, da lui? Quale atteggiamento verso i propri simili? D n quei giorni di marzo ero a Lichtenberg. Il lunedì, quando fu proclamato lo sciopero generale, vidi, la sera tardi, sul I' Alexanderplatz, una sciabola spezzata. Dappertutto, gruppi di persone agitate. Fermavano le macchine, gridavano: "Se noi andiamo a piedi, potete farlo anche voi". Nella Konigstrasse un auto non si fermò: subito ruppero il vetro e costrinsero l'autista a proseguire a piedi. Già il giorno dopo cominciarono a sentirsi, da lontano, dei colpi che, così dicevano, provenivano da Alexanderplatz, sebbene non si riuscisse a capire chi stesse combattendo; il giornale uscì solo quel mercoledì e poi basta. Di giorno in giorno la folla sulla Frankfurter Allee, il viale che porta a est, aumentava. Quel mercoledì venivo da Lichtenberg; cercai di raggiungere Alexanderplatz, ma oltre la Warschauer Strasse la folla era imponente. Si discuteva, si gridava contro il governo; il pubblico era quello, solito e medio, dei lavoratori di questo quartiere. Un gruppo riuscì a far smettere di lavorare gli operai di una fabbrica di mobili che non avevano aderito allo sciopero; erano circa le quattro del pomeriggio. Sulla Konigsberger Strasse un uomo gridò che un soldato era stato fermato e picchiato: risonò un coro di giubilo. C'era molta eccitazione tra la gente. Improvvisamente si formò un raggruppamento che poi, subito, si sciolse: qualcosa volava sopra di noi. Tutti gridano: "A casa! Quelli buttano bombe!" Tutti scappano, sebbene la cosa sembri improbabile. Mi avvio lentamente verso est e vedo passare, rasente alle case, cinque uomini con fucili sulla schiena, visi seri, decisi, e una massa silenziosa, attorno e dietro a loro, che entrano e ispezionano ogni casa. Due uomini, vestiti per metà da soldati, con fucili, si uniscono alla ricerca, entrano in una casa, uno rimane fuori: stanno cercando armi. Escono e s'incamminano per la Warschauer Strasse. Cominciano a circolare storie incredibili: la marina ha avuto il sopravvento sull'esercito; duecento soldati sono rinchiusi nella questura, che stanno bombardando dall'Alexanderplatz e dal ponte; gli insorti hanno cominciato a scavare trincee nel parco dello zoo, vogliono fermare le truppe e prenderle per fame; e fra poco interverranno anche quelli di Spandau. E quel giovedì, nel tardo pomeriggio, ecco che vedo, nell'imboccare la Frankfurter Allee, qualcosa di insolito: a sbarrare la strada ci sono dei carri, rovesciati sul fianco, proprio come fossero animali, con le ruote rivolte verso di me. Il sottopassaggio ferroviario che permette l'accesso alla città è stato bloccato. Attorno ai carri girano due o tre uomini: indossano uniformi dell'esercito strappate e portano i fucili in spalla. E dalla stazione merci si vedono arrivare altri carri, e tutti svoltano nella Giirtelstrasse: stanno per sbarrare l'intero viale. Mi ritrovo in mezzo a una folla enorme, intenta a guardare gli uomini affaccendati attorno ai carri. Ci sono dei ragazzini che saltellano qua e là e si danno da fare: tutto sembra calmo, normale. C'è anche una piccola mitragliatrice; qualcuno pratica un buco nel fondo del carro, e nel far questo rompe la canna della mitragliatrice. Da destra e da sinistra si sente domandare: cosa stanno facendo? E l'esplosione di una granata fa volar via le assi più sottili. Verso sera anche la Giirtelstrasse verrà bloccata: non potremo più uscire. È strano però che ci sia poca gente in postazione di difesa. Dappertutto s'incontrano gruppetti di passanti, di due, tre, massimo cinque persone: se ne stanno nei bar o fanno capannello ma, fino all'ultimo giorno, la cosa non dà nell'occhio. E, a sentire quelli sulle barricate, la situazione è la stessa: sono sempre in pochi. Per strada circola sempre meno traffico: l'unico che s'azzarda a passare è il camion del latte di Bolle che, riverito da amici·e nemici, attraversa coraggiosamente la cortina di spari: è un'immagine commovente che sembra appartenere a tempi andati. Nei giorni seguenti, si vedono per lo più piccoli gruppi assiepati davanti alle case, agli angoli delle strade, e si sentono anche degli spari, e il crepitare aspro delle mitragliatrici (dirette chissà contro chi); e poi si sente gridare: la strada è libera, e le persiane vengono abbassate.Nelle case non c'è gas né luce elettrica né acqua. Per rifornirsi d'acqua uomini, donne e bambini ogni mattina spingono i loro bidoni e secchi per la strada, corrono alle fontane; ma quando comincia a sentirsi il
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