74 STORIE/TERZI mincia a tremargli, spuntano due lacrime, stanno per esplodere le urla di protesta. Però questo non succede. Il bambino ha una parola segreta di riserva. Guarda il nonno e, con l'aria di cercare una conferma, gli dice: dopo. È nato in lui il concetto del tempo, non già come intervallo misurabile, né come tempo astronomico, né come serie matematica infinita, ma come fenomeno psicologico. Pietrino, a cui non piace piangere, ha scoperto il principio del piacere differito. La partita di calcio è soltanto sospesa, ma riprenderà al più presto. Ora la lingua monosillabica è quasi completamente abbandonata: ne restano tracce, che hanno soprattutto un carattere affettivo. Il camion è ormai denominato camione, ma di tanto in tanto Pietrino lo chiama ancora cav, soprattutto per indicare il vecchio camion, re dei suoi giocattoli, che si trascina dietro con uno spago. Con la parola cambinga-caramella fa il suo ingresso un complicato trisillabo. Il primo quadrisillabo è un nome proprio, Dommamània, che sta per Donna Amalia. Per chiamare il nonno nella sua stanza dei giochi, Pietrino dice: diài, che significa "di là". Ma nel corso di qualche settimana, sentendosi rispondere "vengo", si convince che quest'ultima parola sia migliore per lo scopo, e adesso chiama il nonno dicendogli: vengo, che ovviamente significa "vieni". La coniugazione dei verbi resta un punto difficile, poiché fa riferimento non alle persone, ma alla loro posizione nel discorso. Per lo stesso motivo sono difficili i pronomi. Pietro chiama se stesso io, Pieto, o bimbo, ma preferisce di gran lunga bimbo. I nomi propri sono pure convenzioni, etichette che non dicono niente, mentre i nomi comuni forniscono una descrizione, una qualificazione. Pietrino sa tutti i nomi propri dei suoi parenti, ma non li dice se non gli è richiesto, preferisce un uso per così dire maiuscolo, un uso par excellence, dei nomi comuni. Il Nonno par excellence è anche un nonno qualsiasi, e nonno per Pietrino significava, fino a poco tempo fa, un qualsiasi uomo maturo o vecchio, compresi i personaggi dei quadri e delle statue. Analogamente, il Bimbo par excellence è anche un bimbo qualsiasi, e la parola bimbo lo descrive in modo soddisfacente. lo, come pronome che designa una posizione nel discorso, posizione che può essere occupata da tutti, è molto oscuro per Pietro, come tutti gli altri pronomi. Ma a differenza degli altri pronomi, io esprime anche la nascente autocoscienza e si carica quindi di un forte valore affettivo, come lo specchio nel quale Pietrino si guarda e ride. Perciò, alla domanda: "Chi è io?" Pietro risponde: "Bimbo". E alla domanda successiva: "Chi è bimbo?" Pietro risponde: "Io". Ora Pietrino ha due anni e impara ogni giorno nuove parole e nuovi giri di frase che vengono rapidamente catalogati e memorizzati. Restano però delle incertezze sul loro significato e sul loro uso corretto. Per risolvere queste incertezze Pietro usa il metodo galileiano, riproducendo le condizioni sperimentali originarie. Viene rimproverato, ad esempio, perché butta la palla verso una ripa scoscesa (che l'anno precedente, in fase monosillabica, si chiamava bi-l'abisso) costringendo la nonna o la mamma a faticose manovre per andare a riprenderla. Pietro ascolta attentamente, si dispone la palla davanti al piede, e con un tiro infallibile la scaraventa nell'abisso. Poi dice: Peché butti la palla. Non si butta la palla. Non va nonna a pendee. No, mamma non va. E aspetta fiducioso che vadano a riprenderla per continuare, se necessario, l'approfondimento di questo straordinario fenomeno linguistico. LewisCarroll CaraAlice La vita di Carroll attraverso le lettere: l'autoritratto di un geniale eccentrico. «Supercoralli», pp. 482, L. 38000 Einaudi
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