Linea d'ombra - anno II - n. 11 - settembre 1985

72 STORIE/BALDUINO fosse il veromotivo pareva che mi avesse aumentato l'agitazione. "Sono solo le ossessioni di un malato", badavo a ripetermi; ma intanto dormivo a fatica, avevo incubi, mi svegliavo di soprassalto e in un bagno di sudore. Anch'io, come l'ex elettricista, rischiavo d'essere prigioniero del medesimo segreto. E parlargliene, si capisce, mi sembrava solo una vigliaccata. Per fortuna poi lui spariva per settimane, e, se mi capitava di incrociarlo al bar, ci scambiavamo appena un "come va", o una pacca sulla spalla. Non so perché: ma vederlo così appartato, docile e quieto anche se un po' triste, già mi tranquillizzava. fflennero finalmente l'estate e le ferie. Per un po' di Ugiorni, come tutti gli anni sono tornato a Cremona dai miei; poi mi son fatto un po' di montagna, sulle Dolomiti. E al ritorno (a parte che io stesso stavo molto meglio) ho visto subito che la situazione era radicalmente cambiata. L'incredibile novità è questa: da allora l'elettricista Ampelio s'è dato anima e corpo alla pittura. Lavorare non ha più lavorato, nemmeno in quartiere o dall'elettrauto. Dalla fabbrica s'è fatto dare la liquidazione e adesso sta aspettando una pensione di invalidità. Qualcosa che lo tiene occupato comunque ce l'ha. Alterna quadri che, per quel poco che ne può capire uno come me, sembrano il prodotto di una specie di Mondrian nai:f, ad altri in cui campeggiano - sempre su fondi uniformi, bianchi, grigi o nerastri - figurazioni meno nitide, più scomposte o tenebrose. Spesso ripete le stesse composizioni e variano, con dettagli minimi, soltanto i colori: a volte, specie se usa bombolette spray, sono tinte tenui e nebbiose, ma possono anche essere truci, violente e cariche all'inverosimile. Che cosa valgano non so. Non è questo che conta. Semmai, ecco, sono forse il solo che possa capire fino in fondo il significato: senza nemmeno essercelo detto sappiamo entrambi che sta tentando di ritrovare una ad una le immagini inafferrabili di quei suoi giorni al di là della vita. Anni fa mi è capitato di vedere, a Bologna, una mostra che mi pare fosse intitolata "L'occhio magico" e dove molte composizioni così erano ricavate con effetti di luce, fili colorati, piccoli tubi fuorescenti ecc. Così ho pensato che, pure in questo campo, volendo, Ampelio potrebbe mettere a frutto la sua professionalità. Dirò di più: qualcosa, anzi molto si potrebbe congegnare con un qualsiasi computer e perfino con quelli tipo giocattolo. Ma perché dovrei fargliene parola? Per lui tutto ciò che ha a che fare con l'elettricità è irrimediabilmente tabù e dunque sarebbe solo una cattiveria. Devo riconoscere piuttosto che, quando ne parla (il nostro argomento ormai sono solo i quadri), Ampelio rivela un'intelligenza e una sensibilità che mai sarei arrivato ad attribuirgli. Dice magari cose che a me pare di avere già sentito, di aver già letto da qualche parte, ma certo non è così che lui ci è arrivato. Appunto la sera che è venuto a regalarmi uno dei suoi dipinti (uno dei primi, credo, e comunque quello stesso al quale avevo mostrato di interessarmi di più) se n'è uscito con un altro discorso che ha finito per colpirmi parecchio. "Se osservi bene" mi disse; "scopri che quelle che contano sono le linee, non i colori. I colori vengono dopo: prima ci sono le linee e sono quasi sempre linee dritte. Hai mai guardato, osservato per davvero le pareti di una stanza, gli angoli e gli spigoli, oppure i contorni di una finestra o le piastrelle di un pavimento? Sono tutte figure geometriche. Attacchi di lì e poi passi ai mobili, alle sedie, a un divano, che so, a una scansia. Guardi le ombre, ed è lo stesso. Esci e vedi che è così anche per le strade: i pali della luce, le case, le cabine telefoniche, le ringhiere e le reti metalliche, le vetrine, i cartelloni pubblicitari... Altri oggetti, comprese le persone, possono esserci o non esserci. Sono dei riempitivi, delle variabili più o meno casuali. Hanno un senso, se poi ce l'hanno, solo perché prima vengono quelle linee... E mica sono delle cornici!" aggiunse, dopo una pausa e quasi aspettando il sopraggiungere di una mia obiezione. Io in verità pensavo ad altro. "Ma tu Ampelio" gli chiesi "quand'è che hai cominciato ad accorgertene?" - "Oh, è da tanto. Quando stai a letto cominci a guardare i muri, il soffitto, gli altri letti. Te ne stai per ore con gli occhi fissi alla finestra e non vedi niente: solo un rettangolo che può essere grigio, azzurro o già scuro. Lo chiami cielo perché ti hanno detto che si chiama così. Ma è soltanto un rettangolo". "Sì... ma non anche prima?" accennai. Finse di non sentire, né io ho avuto il coraggio di insistere. Capisco che l'altro discorso è ormai concluso e che da un pezzo Ampelio si è messo a guardare il mondo con altri occhi. Forse lo va riscoprendo a poco a poco, e magari ne approfitta per riordinarselo a modo suo. Sicuramente vede quel che vede, o che vuol vedere. È questione di software, diremmo noi: ha inserito un nuovo programma. Quanto poi, con la pittura e il resto, possa durare ecome, più in generale, se la caverà, non so proprio. Da parte mia, sto bene attento, stavolta, a non farmi contagiare. Gli amici, anche quelli di più vecchia data, ormai l'hanno emarginato e lui, a quel che sembra, poco se ne cura. Lo trovano strano, si capisce; qualcuno, anzi, dice chiaro che il povero Ampelio dev'essere rimasto un po' tocco, un po' fissato. Per me è solo un altro. Sere fa siamo usciti insieme dal Bar Sole e c'era un nebbione così fitto che potevi tagliarlo col coltello. Mentre Ampelio si allontanava mi son fermato qualche istante a guardarlo e per la prima volta ho notato che adesso cammina piano, con la testa infossata e come barcollando. Quasi subito si è dileguato nella nebbia e a quel punto anch'io mi sono mosso per andare dall'altra parte. Non ho nemmeno voglia, ora, di mettermi a spiegare che cosa pensassi. Confesso soltanto che anch'io mi sentivo solo.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==