Linea d'ombra - anno II - n. 11 - settembre 1985

CANNIBALISMO A/fred Doblin mon molto tempo fa un montanaro ha macellato un bambino, ne ha venduto i muscoli spacciandoli per carne d'agnello e - chiedo venia ai lettori ghiotti di tale carne -una parte ne è stata comprata anche a Berlino. Qualcosa di simile è successo anche nell'antichità e ha dato il via alle tragedie più terribili. Ora arriva a Berlino tanta carne d'agnello che nessuno mangia. La fame di carne ha avuto conseguenze imprevedibili in campo zoologico, e d'altronde a stomaco vuoto non si riesce a ragionare. Ma che cosa fa paura a noi, sazi o affamati, nella storia del montanaro e del bambino? (Penso si trattasse di un montanaro, non vorrei comunque dichiarare immuni altre classi.) Che cos'è che ci offende, il dover collocare un essere umano tra gli animali? É l'atto della soppressione a disgustarci, o l'arrosto di agnello? La soppressione è normale, l'arrosto no. Un vegetariano direbbe: un cadavere è pur sempre un cadavere. Quel che va bene per un bue, a un uomo può non piacere, anche se in realtà siamo tutti vertebrati, e tra un cannibale e un europeo non c'è alcuna differenza. Dal punto di vista culinario la cosa però si fa difficile: sembra infatti che l'arrosto d'agnello -e soprattutto l'arrosto di carne umana - sia tenerissimo e in grado di reggere il confronto con la carne di qualsiasi altro animale da stalla. Tuttavia l'ethos e la dignità umana ci impongono di rifiutare un concetto anomalo. Non so se ha ragione chi afferma che la storia dell'arrosto umano abbia a che fare con l'isteria e il pregiudizio; forse non è vero. Questi scettici sono convinti che, in questo caso, agisce una buona dose di disprezzo nei confronti del caro prossimo, che non viene considerato degno di essere mangiato, di cui si ha schifo. Sembra che tutto risalga a un accordo tra le classi di animali; accordo che prevede ci si mangi secondo regole ben definite; all'interno di ogni classe, invece, ci si rispetta e si pratica un pacifismo "a ostacoli". Gli uomini vengono mangiati "professionalmente" solo da taluni animali. Ci si mangia "per vie traverse". É l'imperativo alimentare che vige nel mondo. É il regolamento, è un cerimoniale. Il cannibalismo ha avuto le stesse terribili conseguenze delle antiche tragedie, e da entrambe possiamo imparare qualcosa. m n'opera violenta e straordinaria è la Penresilea di ... Kleist. Ha messo Goethe a dura prova, ma ha conservato la sua bellezza e la sua terribilità. E stranamente questo dramma, rimasto per tanto tempo una chicca per letterati, può, se ottimamente diretto, essere messo in scena anche in un teatro popolare e generare tensione e coinvolgimento. L'azione convulsa esige forti accenti, che risuonano in animi lacerati. In questo dramma l'eroina, in uno stato di delirio, si getta sul suo amato - per un equivoco, come lo chiama lei stessa, affermando di aver confuso una sillaba (Kilsse con bisse, baci con morsi), di aver fatto un errore di rima - e lo bacia coi denti Berlino, 1918. (da Gli anni di Weimar di J. Wille/1, Garzanti 1984). e con le mani fino a farlo a pezzi, per poi tornare in sé grondante sangue. Non amo molto il teatro, men che meno la tragedia. Malvolentieri mi lascio_derubare di quel poco di ragione che dio, o per lui un funzionario, mi ha dato. In una tragedia vediamo un uomo, o una donna, che non può fare qualcosa; e io dovrei ammirare o trovare tragico il fatto che questa persona questa cosa vorrebbe tuttavia farla. Come se io fossi infermo e volessi fare un salto di due metri, un qualche personaggio famoso, in una data situazione, non riesce a contrastare date resistenze eppure non si dà per vinto; anche a Cas~nova capitò la stessa cosa. Strano, triste, stupido, penoso. E stato detto che un uomo è raramente così stupido come l'eroe di una tragedia, ed è forse questa rarità a giustificarne la rappresentazione su un palcoscenico. Ora, che questa Pentesilea cada in delirio, è cosa che, causa il mal d'amore, succede tutti i giorni. E che può succedere a chiunque; nella maggior parte dei casi è credibilissimo. Che in un tale delirio possa divorare un uomo, è cosa rara, ma i pazzi mandano giù questo e altro. Il fatto è però che essa, nel delirio, non s'accorge che Achille le sta venendo incontro come amante; è questo il punto-chiave, attorno a cui ruota la sconsideratezza della protagonista: ed è reso come qualcosa di inevitabile, in modo tale da forzare la mia ammirazione. Ma questo è solo un mezzo per il fine; per Kleist e per noi si tratta di un'unica cosa: una persona deve essere divorata, in senso figurato e (equi il fatto diventa sensazionale) anche in senso non figurato. É così in tutte le tragedie, e in quest'opera in modo più tangibile che mai. Abbiamo bisogno di una vittima: qualcuno deve essere sacrificato al nostro posto. Il nome "tragedia" deriva dalla denominazione del capro che veniva immolato; il capro è scomparso, ora si tratta di uomini! Poiché siamo cannibali e violiamo ogni giorno l'imperativo alimentare, ci saziamo a teatro. Un vegetariano autentico, però, non dovrebbe assistere ad alcuna tragedia. Siamo portati a trasfigurare la cosa, parliamo d'arte, chiediamo ai professori che hanno scritto libroni sull'argomento che cosa sia il tragico. E non permettiamo al nostro cervello di funzionare, accettiamo senza batter ciglio le stupidaggini senza fine e la limitatezza inaudita dell'eroe, quando assistiamo, per esempio, a scene simili a quella del banchetto dei Proci descritta da Omero: "Ed ecco, una forte risata attirò l'attenzione di Pallade Atena e sconvolse i pensieri dei Proci; tutti ridevano, ora, in sala, con smorfie orribili. Mangiavano carne sanguinolenta, piangendo e con l'animo straziato". Divoriamo Otello e Desdemona, Re Lear e la sua dolce figlia. Più un Achille è straordinario e più lo amiamo perché siamo gente comune. E per questo a teatro ci deve essere un eroe, mentre sul giornale basta il figlio di una portinaia; e'la cosa deve avere uno sviluppo, dobbiamo sapere tutti i dettagli della vicenda, vogli-amo "assaporarla" in ogni senso. L'eroe deve esserci avvicinato dal punto di vista umano. É questa la tattica dei cuochi e del cameriere, volevo dire degli attori e attrici e del regista: ecco spiegata la ricerca di autenticità, l'arte della

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==