Linea d'ombra - anno II - n. 11 - settembre 1985

TRESTORIEDIANIMALI ClariceLispector UNAGALLINA C'era una gallina, di domenica. Ancora viva perché non erano passate le nove del mattino. Pareva tranquilla. Da sabato si era rannicchiata in un angolo della cucina, Non guardava nessuno, nessuno la guardava. Anche quando l'avevano scelta, palpandone con indifferenza l'intimità, non avevano saputo dire se era grassa o magra. Impossibile avvertire in lei un'ansia. Fu perciò una sorpresa quando la videro aprire le ali dal corto volo, gonfiare il petto e, con due o tre balzi, raggiungere la rete del terrazzo. Vacillò ancora un attimo - il tempo perché la cuoca lanciasse un grido - ed eccola già sul terrazzo del vicino, da dove, con altro goffo volo, raggiunse un tetto. Lì rimase, orpello dislocato, esitando ora sull'una ora sull'altra zampa. La famiglia venne convocata d'urgenza e costernata vide il pranzo accanto a un comignolo. Il padrone di casa, ricordandosi della duplice necessità di fare saltuariamente dello sport e di pranzare, indossò raggiante un paio di calzoncini da bagno e decise di seguire l'itinerario della gallina: a cauti salti raggiunse il tetto dove questa, esitante e tremebonda, scelse d'urgenza una diversa direzione. L'inseguimento si fece sempre più pressante. Di tetto in tetto fu percorso più di un isolato. Poco avvezza a una più selvaggia lotta per la vita la gallina doveva scegliere da sola il percorso senza l'aiuto di nessun rappresentante della sua razza. Il giovane era tuttavia un cacciatore mediocre. Ma per quanto esigua fosse la posta l'urlo della conquista erarisuonato. Sola al mondo, senza né padre né madre, lei correva, ansimava, muta, concentrata. Di quando in quando, nella fuga, si librava boccheggiante su una gronda di tetto e mentre il giovane si arrampicava con difficoltà su su per altre gronde aveva il tempo di riprendersi un momento. E sembrava allora così libera. Stupita, timida e libera. Priva del senso di vittoria proprio del gallo in fuga. Cosa c'era nei suoi visceri che di lei faceva un essere? La gallina è un essere. È pur vero che su di lei non si può minimamente contare. Neppure lei contava se stessa, così come un gallo non può credere nella propria cresta; suo unico vantaggio era che, con tante galline, per una che muore immediatamente un'altra nasce identica come fosse la stessa. Finalmente, durante una pausa in cui si era fermata per godersi la fuga, il giovane la raggiunse. Tra penne e schiamazzi, venne catturata. E subito portata in trionfo per un'ala lungo i tegoli e deposta con certa violenza sul pavimento della cucina. Ancora frastornata, la gallina si scrollò con roco e indeciso chioccare. Fu allora che accadde. Semplicemente, dalla confusione la gallina depose un uovo. Sorpresa, esausta. Forse era prematuro. Ma subito dopo, nata com'era per la maternità, pareva una vecchia madre allenata. Si accovacciò sull'uovo e lì rimase a respirare aprendo e chiudendo gli occhi. Il suo cuore, così piccolino su un piatto, sollevava e abbassava le penne riempiendo di tepore quello che altro non sarebbe mai stato se non un uovo. Solo la bambina le stava accanto e atterita assistette a tutto. Non appena riuscì a svincolarsi dall'accaduto si alzò da terra e uscì gridando: - Mamma, mamma, non ammazzare più la gallina, ha fatto un uovo! Ci vuole bene, -lei! Tutti tornarono a precipizio in cucina e circondarono muti la giovane puerpera. Riscaldando suo figlio la gallina non era né amabile né scontrosa, né gaia né triste, non era nulla, era una gallina. Cosa che non suscitava nessun particolare sentimento. Il padre, la madre e la figlia la stavano ormai guardando da un po' senza pensare propriamente a niente. Nessuno mai accarezzò una testa di gallina. Infine il padre con certo piglio brusco si decise: - Se voi fate ammazzare questa gallina io non mangerò mai più galline in vita mia! - Neanch'io! giurò la bambina con ardore. La madre, stanca, voltò le spalle. Ignara della vita che le era stata consegnata, la gallina prese a vivere con la famiglia. La bambina, di ritorno da scuola, gettava lontano la cartella senza interrompere la corsa verso la cucina. Il padre ogni tanto si ricordava ancora : "E dire che l'ho obbligata a correre in quello stato!" La gallina era diventata la regina della casa. Tutti, tranne lei, lo sapevano. E continuò così, tra la cucina e il terrazzo di servizio, valendosi delle sue due facoltà: quella dell'apatia e quella del sussulto. Ma quando tutti in casa erano tranquilli e sembravano averla dimenticata, si armava di un modesto coraggio, vestigio della grande fuga - e circolava sull'ammattonato, il corpo che avanzava dietro la testa, cadenzato, come in un campo, malgrado la testa piccina che la tradiva: muovendosi rapida e vibratile, con l'antico spavento della sua specie ormai meccanico. Di quando in quando, sempre più di rado, ricordava ancora la gallina che si era stagliata nell'aria all'orlo del tetto, prossima ad un annuncio. In quei momenti riempiva i polmoni dell'aria impura della cucina e, se alle galline fosse stato concesso di cantare, lei non avrebbe cantato, ma sarebbe stata alquanto più felice. Anche se neppure in quegli istanti l'espressione della sua testa vuota si alterava. In fuga, riposando, al momento di dar alla luce o becchettando grano - era una testa di gallina, la stessa che era stata disegnata all'inizio dei secoli. Finché un giorno l'ammazzarono, la mangiarono, e trascorsero gli anni. ILBUFALO Ma era primavera. Perfino il leone leccò la fronte della leonessa. I due animali biondi. La donna distolse lo sguardo dalla gabbia, dove solo l'odore caldo rammentava la carneficina che era venuta a cercare allo Zoo. Poi il leone si mise a passeggiare appagato e tranquillo, e la leonessa lentamente ricompose la testa di sfinge sopra le zampe stese. ''Ma

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