Linea d'ombra - anno II - n. 11 - settembre 1985

Macbeth in una messinscena del 1982. nell'Europa occidentale, e soprattutto in Germania - rimase isolata, si trovò in una complessa situazione di problemi internazionali, a un punto in cui non era più possibile compiere un passo così, senza riflettere. E ancora oggi è così: bisogna ogni volta pensare a che cosa ci si lascia alle spalle, riflettere sulle cose cui si va incontro. Per questo, per poter fare anche solo un passo, occorre mettere in moto molte più cose: ciò significa una maggiore responsabilità e giustifica anche quell'impressione di "tradotto", di mediato, di inaccessibile quasi, che un osservatore esterno può avere. Per quanto riguarda il mio linguaggio, che è stato definito troppo stilizzato, devo far notare che il teatro è una traduzione della realtà: traduzione che si può eseguire con mezzi scenici, ma anche e soprattutto col linguaggio. Trovo non sia poi così eccezionale esprimersi, per esempio, in versi, nel bel mezzo di un'opera teatrale - o anche in prosa, perché no? Noi scrittori dell'Est siamo tutti alla ricerca di un nuovo progetto sociale; e quindi emerge, nella nostra scrittura, un elemento costruttivo che si riflette nel linguaggio. Penso di interpretare correttamente la definizione brechtiana di gestualità se considero il verso un "aiuto" per l'attore e il regista - forse un po' meno per lo spettatore. Ma scrivendo un dialogo in versi è possibile mettere tra parentesi l'inessenziale, arrivare subito al fulcro della situazione, e per l'attore diventa più facile trovare l'atteggiamento e i gesti giusti, scoprire il modulo di recitazione più adatto. Dopotutto basterebbe, in realtà, che l'attore "mostri" e questo lo può fare anche un dilettante. Un attore, a dir la verità, dovrebbe semplicemente dire il testo senza interpretarlo, altrimenti lo limita. Questo l'aveva già detto Brecht, a p_ropositodello stile di recitazione da adottarsi nei drammi didattici, in cui gli attori dovevano essere il più possibile "dilettanti". È vero che grazie alla sua opera i drammi didattici brechtiani - che erano considerati opere di passaggio sia all'Est che all'Ovest - sono finalmente stati rivalutati: lei ha dimostrato che si tratta della soluzione brechtiana forse più radicale e audace, eppure non smette di sottoporli a revisione, di compiere opera di smantellamento critico. Decisamente le piacciono le contraddizioni. Direi piuttosto che è Brecht a essere contraddittorio. Ma è meglio così: se non lo fosse, non sarebbe così stimolante. GUIDA EDITORI Jean-Paul Il fiore azzurro ANDRÉ BRETON Arcano 17 A cura di Laura Xella pp. 125 Lire 15.000 PAUL VALÉRY La caccia magica saggi scelti da 'Variétés' Pref e cura di Marina Giaveri pp. 224 Lire 18.000 CARL EINSTEIN Lo snob e altri saggi A cura di Giusi Zanasi pp. 160 Lire 16.000 La caccia magica !~i ~ GUIDA rtre Lettereal Castoro e adaltreamiche Traduzionedi Orestedel Buono Garzanti 57

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