Heiner Miiller. DOPOBRECHT INCONTROCONHEINERMULLER a cura di Maria Maderna Il nostro incontro con lei inizia, inevitabilmente, con una riflessione sul suo status d'eccezione che lo vede scrittore tra le due Germanie. Come vede la sua situazione di pendolare tra Est e Ovest? Certo, è schizofrenica. Trovo però che nella condizione in cui si trova la RDT il teatro - e la letteratura - abbiano più possibilità di dar vita a progetti tangibili. Sono meno "merce". Da noi non esiste un campo di battaglia per lotte concorrenziali, perché c'è voglia di drammi nuovi - e di opere letterarie in genere - e ci sono troppo pochi drammi. E poiché l'arte nòn è così commercializzata può sorgere, molto più forte che da voi, la cattiva coscienza presso i produttori di cultura. Uno scrittore può passare metà di una notte a cercare una rima per poi accorgersi che alcuni hanno lavorato un'intera notte per più o meno di una rima. Da noi uno ha meno possibilità di sfuggire a questo stato di cose. Ovviamente le conseguenze sarebbero terribili se uno scrittore cercasse di abbreviare la ricerca di una rima, o non si chiedesse neppure più se la rima trovata è buona, se il testo funziona. Sarebbe criminale, immorale. Da noi, letteratura e teatro hanno più effetto sul pubblico, soprattutto il teatro. Tutto ciò che si scrive all'Est è molto importante per la società; ed è più difficile pubblicare qualcosa proprio perché la parola scritta - o rappresentata - ha questo effetto indescrivibile. In Germania Ovest, invece, non esiste nulla, solo uno spazio artificiale per l'arte, la letteratura e l'ideologia ... Nella Repubblica Federale la cultura, l'istruzione sono sempre stati appannaggio di una classe superiore. E la gente legge autori di un kitsch disgustoso, se ne frega di Handke, di Walser o di Boli. Da noi non c'è più questa distinzione tra bassa e alta cultura. Non voglio dire con questo che esista una letteratura migliore, ma questo è un buon presupposto, chissà, per qualcosa di nuovo. Non è sicuramente la situazione ideale, certo. Vorrei fare un altro esempio della situazione in Germania Est. Se una persona, all'Ovest, si suicida, la cosa, detto in termini "forti", può sembrare normale, nel senso che non solleva particolari problemi. Può succedere, la vita è dopotutto così. Alcuni non ce la fanno a vivere e allora si uccidono. Quando in Germania Est una persona si uccide, per noi è un problema enorme, perché inaspettato. Prima di tutto perché, obiettivamente, esisterebbero molti meno motivi di uccidersi. Non ci sono paure o ansie legate alla sopravvivenza, nessun problema di posto di lavoro, niente. E allora si dovrebbe tener conto di motivi o di dimensioni che nella nostra letteratura sono ancora troppo poco presenti. Mi viene in mente che Sartre raccontò una volta che uno scrittore sovietico gli disse: "quando il comunismo avrà vinto e i problemi sociali e economici saranno risolti, allora avrà inizio la tragedia dell'uomo". E questa tragedia, da voi, è contemplata solo nel travestimento da commedia che pratica Beckett. Da noi è, nel vero senso della parola, una faccenda tragica. Non dovrebbe essere necessario, assolutamente, che della gente si uccida. Anch'io, come molti altri nella RDT, ho toccato troppo poco da vicino il campo dei problemi e dei conflitti possibili. Ma, ripeto, da noi ogni cosa ha un'eco più vasta, parlare di un problema insolito può equivalere a una forte provocazione. Ciò è positivo, ovviamente, però rende anche questa cosa più difficile da agire. Da una parte la letteratura ha meno cose di cui parlare, è per così dire esonerata dal trattare dati problemi alla cui risoluzione pensa già la previdenza sociale. D'altra parte c'è però all'Est una voglia, Jm'esigenza di sapere, che fornisce stimoli di accelerazione - se così posso chiamarli - che si trasformano in teatro dell'esperienza. Quel che voglio è cercare di dare credibilità alla forma teatrale. Sembrerebbe un'affermazione troppo ottimistica, considerando le mie opere. So che molti mi considerano un disfattista, ma io mi ritengo un disfattista costruttivo. E ciò è dimostrato dal mio rapporto con Brecht. Che ne pensa del revival brechtiano in Germania, a dispetto del luogo comune che dava Brecht per "morto" o lo bollava come "classico inefficace"?
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