Linea d'ombra - anno II - n. 11 - settembre 1985

52 DISCUSSIONE/BERARDINELLI di silenzio, di passività ricettiva e di attenzione disinteressata per essere accolto. Rare insistenze Se il presupposto politico della situazione descritta è la dissoluzione della Sinistra e l'avvio di un lungo processo di adattamento allo stato di cose esistente, il suo presupposto estetico è l'esaurimento della tradizione d'avanguardia. Un esaurimento duplice, con un duplice effetto negativo: perché comporta sia la realizzazione tutt'altro che rivoluzionaria delle utopie estetiche dell'avanguardia ("la profezia di Lautréamont si è avverata", ha scritto Franco Fortini: "la poesia e l'arte sono oggi realmente 'fatte da tutti"'), sia il venir meno dei moventi oppositivi e anarchici che animavano la polemica anti-autoritaria e anti-accademica della maggior parte dei movimenti culturali di questo secolo. Non solo l'arte d'avanguardia è oggi realmente alla portata di quel pubblico borghese e piccolo-borghese contro cui si era inizialmente levata la sua protesta. Ma quella stessa protesta e la sua estremistica globalità hanno abbandonato in blocco la produzione artistica contemporanea, fino a sparire quasi del tutto dal nostro orizzonte culturale. Che cosa ne è oggi, con la cosiddetta fine della Modernità, di quel pattò, di quella solidarietà difficile ma obiettiva che dalla metà dell'Ottocento fino alla seconda guerra mondiale ha tenuto schierati spesso sullo stesso fronte i ribelli e i rivoluzionari, i bohémiens e i populisti, i poeti maledetti e i fautori del socialismo, gli intellettuali non-conformisti e quelli militanti? Non sono mancati gli equivoci, e anche le tragedie (sia individuali che collettive). L'interpretazione che per esempio la filosofia di Herbert Marcuse ha dato di questa vicenda e del rapporto fra utopia estetica, ragione dialettica e rivoluzione politica è stata un'interpretazione ottimistica. Il marxismo critico-utopico che ha avuto una grande e tardiva influenza all'inizio degli anni Sessanta alimentando la crescita della Nuova Sinistra, non ha tenuto abbastanza conto dell'autosoppressione del marxismo come filosofia rivoluzionaria nelle esperienze del "socialismo reale". Marcuse, Sartre e Ernst Bloch sembra che non abbiano mai letto una pagina di Simone Weil, di George Orwell o di Ignazio Silone. Il loro sguardo rivolto fiduciosamente al futuro ha conservato fino alla fine, cioè troppo a lungo, la caparbietà infantile della speranza. Resta però il fatto che nonostante la drammaticità dei rapporti fra le organizzazioni del movimento operaio e l' intellighentsia critica, questi rapporti hanno creato per circa un secolo in tutto l'Occidente (in Europa, in Russia e in Americaj una capacità di analisi sociale, una chiaroveggenza morale e letteraria di fronte a cui l'attuale cultura del narcisismo, dell'accademismo planetario e dei mass media non può che impallidire. (Basta leggere l'ultimo libro di Fortini, Insistenze, uno dei rarissimi frutti attuali della tradizione dell'engagement, per rendersene conto: si tratta solo di una raccolta di articoli di giornale, ma la loro acutezza e concentrazione è tale che per lo più i recensori di oggi arretrano sgomenti.) L'ossessione dell'Arte In quanto prassi estetica organizzata e di gruppo, l'avanguardia ha avuto d'altra parte una specifica funzione nel dissolvere il conflitto fra arte e società che aveva caratterizzato la cultura moderna. La critica avanguardistica all'opera d'arte come valore, la sua strategia di demistificazione e desublimazione dell'idea stessa di opera d'arte, hanno finito per "democratizzare'' in senso uni-dimensionale e repressivo il rapporto tradizionalmente e necessariamente squilibrato fra opera e pubblico. Il gesto artistico d'avanguardia, che in un primo momento si presenta sia come oltraggio al pubblico che come oltraggio all'opera, diventa un gesto impotente e superfluo quando il pubblico si evolve trasformandosi in pubblico esteticamente attivo e creativo secondo gli stessi principi e precetti di arbitrarietà aleatoria fissati dall'avanguardia. Un'arte demistificata e desublimata, infatti, più che liquidare il concetto idealistico di Arte, liquida se stessa. L'arte fondata sugli automatismi puri dell'inconscio o sul caso, è esattamente quell'arte che il nuovo pubblico può farsi da sé senza bisogno di ricorrere agli artisti. L'artista demiurgo (e nessun artista è demiurgo quanto l'artista d'avanguardia) si assegna anzitutto 1~ qualità trascendentale di battezzare come arte un gesto o un prodotto qualsiasi. Nega l'Arte, non fa che continuare a negarla: ma il suo "modus operandi" ha assolutamente bisogno del feticcio ideale del!' Arte per poter trasfigurare esteticamente e garantire contro l'irrilevanza i suoi prodotti. In questo modo, la figura dell'artista e l'idea di Arte si eclissano solo in apparenza. In realtà trionfano più astrattamente e incondizionatamente che mai, come firma e come aura (la semplice firma dell'artista basta a trasformare in arte tutto ciò che tocca). In una tale arte ciò che conta non è certo fruirla, ma produrla (o, nel caso che esista un mercato, come nelle arti visive, possederla). La critica avanguardistica dell'arte è così ben riuscita che invece di rendere obsoleta l'arte tradizionale ha reso obsoleta l'avanguardia. Qualsiasi pubblico neoconformista, una volta liberatosi delle sue inibizioni culturali può provvedere direttamente al proprio fabbisogno. Il beffardo e bonario Palazzeschi tutto questo lo ha capito all'inizio del secolo, fingendo di fare il futurista. Lascia- :emi divertire, la più lieve e definitiva critica dell'avanguardia, è una poesia scritta nel 1910. Passività creativa Almeno a partire dagli anni Settanta una vecchia parola d'ordine di Walter Benjamin qa cominciato perciò a suonare falsa. Giusta o sbagliata che fosse in origine, non era più applicabile in una situazione tanto diversa. Proprio ciò che Benjamin aveva auspicato a metà degli anni Trenta (nella sua conferenza parigina L'autore come produttore) alcuni decenni dopo si è infatti pienamente realizzato. Quando l'intera middle class culturale diventa in blocco un "ceto d'avanguardia" non è più così vero che il migliore apparato culturale sia quello che ''più porta i consumatori alla produ-

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