Linea d'ombra - anno II - n. 11 - settembre 1985

50 DISCUSSIONE/BERARDINELLI Piccola Borghesia. Una piccola borghesia certamente rinnovata: eclettica e nello stesso tempo monoculturale, nemica dei cosiddetti "ideali" e magnetizzata dalla società dello spettacolo, polimorfa, sradicata, fluttuante e soprattutto molto più estesa della piccola borghesia tradizionalmente nota (da cui erano usciti a schiere, per circa un secolo, gli intellettuali, i letterati, ghi insegnanti, i bohémiens, le élites moralistiche, estremistiche e "risentite" occidentali). Questo nuovo ceto in formazione e in via di assestamento aveva davanti a sé tutto un orizzonte di aspettative: articolazione decentrata dello Stato sociale, ingresso (desiderato) del maggiore partito operaio nell'area di governo, estensione degli apparati e delle burocrazie. Il sindacalismo dei ceti medi "proletarizzati" si trasformava in corporativismo. Dell'intellettuale tradizionale si cominciavano ad apprezzare di nuovo le caratteristiche qualitative, inventive e creative, ma se ne dimenticavano, come inattuali e desueti, il disagio morale, la coscienza infelice e divisa, il populismo. Fra l'incredulità di molti, poco prima e poco dopo la metà del decennio Settanta, qualche economista e qualche sociologo ricominciava a parlare con una particolare insistenza di questa entità trascurata e dimenticata: appunto la Piccola Borghesia. Ne parlavano per esempio Ermanno Gorrieri nel libro sulla Giungla retributiva (Il Mulino 1972) e Alessandro Pizzorno nel suo scritto significativamente intitolato I ceti medi nel meccanismo del consenso (in AA.VV., Il caso italiano, Garzanti 1974). E ne parlava Paolo Sylos Labini nel suo molto discusso Saggio sulle classi sociali (Laterza 1975). Il capitolo del libro da cui sono tratte le seguenti citazioni porta un bel titolo: L'ubiquità della piccola borghesia. "Sebbene la piccola borghesia non costituisca propriamente una classe, essa tuttavia, come certi santi, possiede il dono dell'ubiquità. Gli stessi interessi della classe operaia sono in gran parte gestiti - almeno sul piano politico e su quello delle organizzazioni sindacali centrali - da membri della piccola borghesia, i quali a differenza dei lavoratori salariati hanno, fra gli altri privilegi, più tempo libero e un più elevato grado di istruzione. Pur amministrando la cosa pubblica e, nella massima parte, gli apparati dei partiti politici, e pur condizionando ampiamente i gusti e le aspirazioni sociali, non si può affermare che il potere sia nelle mani di questa quasi classe. Nei paesi economicamente più evoluti i piccolo borghesi sono gli amministratori universali; condizionano le scelte di fondo - fin quasi ad esercitare in molti casi una specie di potere di veto -, ma non sono loro a prenderle. "Se si considera che la piccola borghesia è spezzettata in tanti e tanti gruppi (localmente, in tante e tante clientele) e che non pochi di questi gruppi sono costituiti in misura notevole da individui famelici, servili e culturalmente rozzi - da quelli che chiamerei i topi nel formaggio - si comprende perché nella nostra vita pubblica siano così diffuse certe pratiche non di rado sgradevoli e perfino ripugnanti. (... ) "L'instabilità politica e la superficialità culturale che caratterizzano numerosi strati della piccola borghesia, insieme con l'acuto desiderio di sfuggire ad una vita mediocre e squallida e di emergere ad ogni costo, possono contribuire a spiegare i salti acrobatici compiuti da certi individui dall'estrema sinistra all'estrema destra (molto raramente nella direzione opposta): uno dei più noti campioni di questo genere di salti è, nella nostra storia, Benito Mussolini, rappresentante caratteristico di certi strati della piccola borghesia provinciale". (pp. 53-54) Come si vede, qui Sylos Labini non parla propriamente da scienziato. Le sue sono piuttosto considerazioni che potremmo definire "socio-moralistiche". Questo pessimismo e questa durezza di giudizio si collocano in una tradizione di violenta condanna della piccola borghesia, a cui nessuno dei maggiori leader e pensatori marxisti del passato può dirsi veramente estraneo. Il nuovo Proteo In questa diagnosi e requisitoria, agli specialisti di scienze sociali si affiancarono alcuni scrittori. La tendenza antiborghese, apocalittica e, in parte, anarco-libertaria si riaccende violentemente in alcuni romanzi e saggi importanti di quegli stessi anni. Per esempio in Corporale di Volponi (che però è soprattutto un romanzo sulla crisi della "dialettica storica"). Ma più esplicitamente in La Storia di Elsa Morante e negli scritti "corsari" e "luterani" di Pasolini. In tutti e tre questi casi, la critica della piccola-borghesia coinvolge la sinistra vecchia e nuova, il '68 e lo stalinismo, in una visione luttuosamente corrusca delle sorti della società italiana. Le frasi di Pasolini in proposito le conosciamo bene. Hanno continuato a risuonare abbastanza a lungo, dopo la sua morte. E nei suoi ultimi saggi sono così frequenti e ossessive che si può citare quasi a caso: "Ora, in pochi anni, tutto è cambiato. Il piccolo-borghese non solo si è definitivamente distinto dalla classe popolare - prevalentemente contadina - da cui proveniva, ma, fornito di mezzi come nessuna classe privilegiata ha mai posseduto nella storia, ha cominciato, ottenendo immediatamente clamorosi risultati, a borghesizzare l'intera nazione ... Le caratteristiche 'negative', 'nere', del piccoloborghese, si sono stabilizzate una volta per sempre: ( ... ) teppismo, ferocia, disinteresse per ogni cosa, paura, conformismo, volgarità". (Descrizioni di descrizioni, Einaudi 1979, pp. 170-71). Quella che per Pasolini è una vera "bestia nera", e una categoria morale da cui, come ogni artista, egli si esclude, è osservata più da vicino, più maliziosamente e ironicamente, ma con non minore aggressività, dallo scrittore tedesco Hans Magnus Enzensberger. La rivista da lui diretta, "Kursbuch'', pubblica nel 1976 un numero monografico dedicato alla piccola borghesia. Qui, in una serie di annotazioni riassuntive, Enzensberger scrive: "Qualsiasi cosa possa essere avvenuta della piccola borghesia, l'Apocalisse non ha avuto luogo. Né la crescente concentrazione del capitale, né l'ormai secolare i11flazione, né il progresso tecnicoscientifico, né guerre o crisi sono mai riusciti a darle il colpo di grazia. Neanche l'introduzione di una sorta di socialismo nell'Unione Sovietica, nell'Europa Orientale e nei paesi del Terzo Mondo, è riuscita ad eliminarla. Al contrario, essa ha prodotto piccolo borghesi di tipo nuovo, i piccolo borghesi della rivoluzione vincente, bonzi, quadri, funzionari: singolari specie di mutanti, incredibili creature di una nuova classe, che assomiglia molto alla vecchia. "Ma anche nelle società capitalistiche, il buon vecchio, il catti-

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