Linea d'ombra - anno II - n. 11 - settembre 1985

48 POESIE Tiziano Rossi Germinale Come pallida arde ed intensa Maria in quella stanza, e di più - dentro l'ombra ritornando germinale - a te si accosta e domanda vicinanza perché non sa, non sa che mai si perderà. E così su questa natalizia specie di paglia c'è il vostro spettacolo povero, l'esser qui capitombolanti in forse letizia a lievitare le tante moine, mentre gelida sta la tua ottenebrata città con tutte le nevi del ventuno di dicembre. Senza biscotto e senza provvidenza, quando sul niente di nuovo dondolate per scombussolato sentimento - come lucignoli, come bandierine! - che destinazioni, che infinita sussistenza. Impasto La notte prodigiosa e la sua polpa, l'oscuro di sotto le lenzuola, i volti che viaggiavano con noi, il re di quadri, le briciole, i sì di Rosina, spaurita cugina, e Kammamuri all'erta tra l'erba, gli amici in quantità con me precipitati, lo scaldino, vagante sottomarino, le cinque dita che marciavano in plotone su per le nevi sfinenti del cuscino. Quell'angolo nostro taciuto nel più fondo che prediceva l'impasto del mondo. Corsa L'accanito pantano e i cavalli in dérapage che fumano rischiando sfiancamento per qualche alta fantastica fiducia dentro la vita, il travàlico pesante; e voi come dentro la loro carcassa, a sfiatare sotto giubbe a colori, le stille nelle palpebre su quella dirittura interminata. Che sparpagliato coraggio e pazienza defluiti tra le rughe di adesso, ancora in corsa (come brucia - più avanti - la stella cometa!). Cavallo Sul màdido chilometro di erba nel minuto senza fine col suo muso, ma mai il distacco - quattro lunghezze - fu colmato. E consumante quell'ultima curva che fa male (perché la distanza e la lotta e il sacrificio?) tra la Lombardia e le sue verzure perfino di lui s'è incinta la memoria Tutto sudato, orecchie dritte, il suo sfiatare forse a cercare riconoscenza nel putiferio delle zolle, allora terzo - come da pronostico - al traguardo era incancellabile quello il piazzamento Di nome si chiamava Sustinente e dentro un'antica nuvolaglia incorporato, in silenziosa, equina dignità ancora col suo travagliare, per te là, più veloce sulle zampe, più veloce Sabato Come arrischiata su un piattino fumava la tazzina del caffè, con la sua schiuma e il suo minimo ausilio, e poi nel viavai di un arduo sabato in che maniera tremolavano lui e le ciglia domandanti di Sandrina lungo i negozi potenti, fin dove l'occhio Allora in bìlico soltanto sulla incerta loro voce e con i capelli scompigliati sulla testa si approssimavano ai reciproci costati, tesori tesori straordinariamente sfiorati: la felicità che smagrita s'affacciava. Restati un poco nella buona sorte; e a distanza anche questo frantume sarà in un altissimo non si sa.

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