Linea d'ombra - anno II - n. 11 - settembre 1985

44 STORIE/SINGH afferrò la testa fra le cosce e gli piegò con forza le braccia dietro la schiena .. Era la sua famosa "stretta del cobra": schiacciamento del corpo e strangolamento in simultanea. Nell'arena si fece un silenzio di tomba. Una voce rauca risuonò: "Mar dey Saley ko". Con entusiasmo mi unii al mio isolato compaesano con un forte "Mar dey". Una pioggia di pacchetti di sigarette vuoti e palle di carta cadde sulla mia testa mentre ventimila voci mi urlavano: "Chiudi il becco!". Il mio vicino si innervosì: "Faresti meglio a stare in guardia - la gente si eccita con poco, sai". Il poliziotto mi venne vicino e mi avvertì: "Meglio tenersi calmi, signore". La folla si alzò dai propri posti e si ammassò intorno al ring. Una donna vi salì e premette l'estremità accesa della sigaretta sulla caviglia dell'indiano. Ma Nanjo non lasciò la sua vittima. La polizia accorse per riportare gli spettatori ai loro posti e formò un cordone intorno ai lottatori. Per un po' Mazurki continuò ad agitarsi lamentandosi, poi si arrese. L'arbitro pose fine al combattimento e sollevò la mano di Nanjo, il vincitore. La folla rumoreggiò e fischiò in segno di disapprovazione dirigendosi verso il ring, ma una mezza dozzina di nerboruti poliziotti circondò il lottatore spingendolo con forza verso lo spogliatoio. Un quarto d'ora più tardi, dopo che la folla si era dispersa e non sembrò più pericoloso per un indiano con barba e turbante avventurarsi in giro, mi diressi verso lo spogliatoio di Nanjo. Nella stanza surriscaldata e soffocante c'era più di una dozzina di mucchi informi di grasso e di carne, i principali pesi massimi di Toronto. Tutti grandi amici tra loro. Nanjo e Mazurki si battevano vicendevolmente il ventre con colpetti amichevoli dimostrandosi oscenamente intimi: "Figlio di cane!", "Figlio di puttana!" e così via. Nanjo mi vide e un largo sorriso gli illuminò la faccia. "Per la miseria! Guarda chi c'è - uno del mio paese!" Mi presentai e strinsi parecchie mani sudate. Il vocabolario inglese di Nanjo si esaurì con "Cristo, è bello vederti", poi proruppe in puro e stretto punjabi. "Potrei stenderli tutti sul tappeto, ma il mio manager non me lo lascia fare. Devo perdere. Devo fare la parte del cattivo e spesso vengo squalificato per irregolarità. Che posso farci?" Poi si battè lo stomaco con un caratteristico gesto indiano. "Tutto per la pancia. Ma quando avrò fatto abbastanza soldi, ti farò vedere io cosa so fare. Li metterò tutti KO, questi pervertiti. Tutta la fottuta banda. Poi tornerò a Hoshiarpur a coltivare la terra. Voglio che mia moglie veda il mio villaggio". Si guardò intorno nella stanza affollata e chiamò gridando la moglie. Una bionda formosa con un largo sorriso che scopriva parecchi denti d'oro emerse dal gruppo dei lottatori e mi salutò con un sonoro "Come sta?", masticando con decisione una gomma. "È Sikh ora. Si chiama Mahinder Kaur. Le ho insegnato un po' di punjabi. Piccola, di' che cosa ti ho insegnato". La bionda sputò la gomma: "Wah Guru jee ka Khalsa." "Wah Guru jee kee Fateh." (traduzione di Luisa Palermo) Dal 21 ottobrein libreria il nuovoromanzodi DanieleDelGiudice Atlanteoccidentale Quandola letteratura haqualcosada dire Einaudi DIANA TORRIERI L'anticaBambina

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==