Linea d'ombra - anno II - n. 11 - settembre 1985

38 STORIE/RADICKOV Appena ebbe fatto la costola, quella si voltò e s'incamminò per la foresta. La tartaruga maschio attese che ritornasse, ma poi, siccome non tornava, partì alla sua ricerca. Camminò un poco per la foresta e in una radura vide una tartaruga sconosciuta che si divertiva con la sua costola. Cominciarono a litigare tra loro per la costola e, visto che non si mettevano d'accordo a parole, vennero alle mani. Si picchiarono di santa ragione e quando, esausti, cessarono il combattimento s'accorsero che della costola non c'era più alcuna traccia, si sentiva soltanto un lontano frusciare nel folto della foresta. Le due tartarughe si precipitarono verso il rumore, si spappolarono i piedi dal gran correre, e quando arrivarono, videro che non era la loro costola, ma un'altra sconosciuta tartaruga maschio che proprio come loro si cercava la sua costola. I tre partirono insieme e giunsero in una valle piena di costole. Le costole scavavano buche per seppellirci le esperienze che avevano vissuto. Le tartarughe si scelsero subito una costola ciascuno, ma quando le provarono capirono che non erano le loro costole, perciò le lasciarono perdere e ricominciarono a cercare. E così fino ad oggi. Ma nemmeno una tartaruga ha finora ritrovato la propria costola, ecco perché neanche adesso vivono a coppie. Similmente, anche l'uomo si cerca la costola, ma quando la trova se la porta a casa, perché l'uomo non è come la tartaruga, caro lettore, e vive a coppie. Solo che, dopo aver vissuto qualche tempo con la propria costola, si rende conto che c'è stato un equivoco e che si è sbagliato, per cui la lascia perdere e si prende un'altra costola. Se poi non prende un'altra costola, continua a vivere con quella presa per sbaglio, ma nel ffattempo osserva tutte le altre costole, se per caso gli riesce di scorgere tra di loro la sua. Ma ai nostri tempi ci sono certe costole, caro lettore, certe costole ... dove mai andremo a scovare la nostra tra tante costole! Così dio ci ha mandato la sua divina punizione: che gli altri dormano con le nostre costole, caro lettore, e noi con le costole degli altri. SUI LEONI La nostra povera terra dava soltanto lenticchie e mio padre alla fine si stufò di seminare tutta la vita lenticchie, cavarle e versarle poi nel granaio, dove la maledetta calandra si affilava i denti tutta l'estate e aspettava solo l'arrivo delle lenticchie per gettarcisi addosso e mangiarne il cuore. La calandra, benevolo lettore, non è come l'elefante che prima mangia la mandragora e solo dopo di ciò s'eccita e s'infuria. Quell'insettaccio è sempre ben sveglio, anche senza nessuna mandragora, e si appuntisce esaltatissima i denti in feroce e aggressiva attesa che compaiano le lenticchie nel granaio. Mio padre maledisse lenticchie e calandra e disse che avrebbe cominciato a seminare soltanto leoni. La gente dei campi vicini guardava e !}Oncredeva ai propri occhi. Tutti seminavano lenticchie e solo nel nostro campo si rigiravano dei leoni, stendendoli nei solchi. Mio padre prese l'erpice e livellò il seminato perché non venissero gli uccelli e si mettessero a beccare i leoni. I vicini entrarono nel nostro campo e dissero a mio padre che i leoni sarebbero morti. Per essere più convincenti andarono a strappar via la coda di un leone che spuntava dall'aratro. La tirarono, la tirarono, fjnché il leone scosse la coda e li spedì gambe all'aria con tanta energia che volarono un bel po' prima di ricascare a terra. Nessuno ebbe più il coraggio di metter piede nel nostro campo. A primavera andammo a vedere come stavano ileoni. Erano germogliati, e tutto il campo sembrava di pelle di leone. I campi dei vicini erano pallidi, qua e là spuntavano i baffi storti delle lenticchie, il nostro invece risplendeva tutto e mandava brillìi leonini. Quando venne l'estate, andammo a mietere i leoni, ma quale non fu la nostra sorpresa nel vedere che il campo invece che di leoni era pieno di conigli! Mia madre cavava i conigli imprecando e mio padre scuro scuro li legava in fasci e li caricava sul carro. I vicini cavavano lenticchie e crepavano dalle risate guardando i nostri conigli. Quell'autunno mio padre morì e io continuai a seminare leoni nel campo e a mietere conigli. I vicini per parecchio tempo risero del fatto che seminavo leoni e mietevo conigli, ma poi smisero di ridere e presero a guardarmi di traverso. Perché mai, dicevano, noi seminiamo lenticchie e lui semina leoni? Come se fosse da più di noi! Per contentare i vicini, lasciai perdere i leoni e cominciai anch'io a seminare lenticchie. Allora quelli ripresero a ridere e a dirmi dietro le spalle che non mi ero mostrato uomo. Suo padre, dicevano, seminava leoni, e lui s'è messo a seminare lenticchie! Capii così che non si deve mai dar retta ai vicini. Semina leoni, benevolo lettore, anche a rischio di mietere conigli! Forse un giorno la sorte ti premierà e tra gli ossuti conigli del tuo campo ti verrà tranquillamente incontro un leone. Che dio ti benedica! UNUOVODISERPENTE Un bambino stava seduto all'ombra del ciliegio e guardava le contadine che legavano i pampini delle viti. Più in là, degli uomini con cappelli di paglia pompavano dalle irroratrici e tingevano le foglie d'azzurro. Il bambino masticava le punte acide dei pampini (aveva i denti allegati e rattrappiti, ma tuttavia continuava p masticare) e sua madre ogni tanto veniva all'ombra per bere acqua dalla verde brocca panciuta e allora il piccolo guardava il viso di lei, sudato e rosso dal lungo star china. Provò anche lui a sollevare la brocca, ma era pesante, perciò se l'appoggiò al pancino per aiutarsi. Sotto l'ombra c'erano molte brocche, alcune nuove nuove, altre multicolori, ce n'era persino una tutta dipinta con dei galletti, ma il bambino preferiva la loro brocca verde, perché aveva lo

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