che allora invocava? Vede, leggendo la sua autobiografia, Aké, si rimane colpiti dalla diversità dello stile rispetto alle opere precedenti, e soprattutto rispetto al romanzo precedente, il complesso e tormentato Stagione di anomia, del 1973. È a causa di questi capelli bianchi? Si tratta di una svolta nella sua scrittura? Oh, la mia autob10grafia ... l'ho scritta mentre ero in esilio, subito dopo esser uscito dal carcere, alla fine della guerra civile. In quel periodo la mia memoria riandava agli anni dell'infanzia, a quello che il paese era un tempo. Forse per me fu un naturale processo terapeutico, scrivere quel libro, come se volessi mantenere la sanità mentale attingendo a dei serbatoi mnestici. E così, ricordando il paese della mia infanzia, mi scopersi a riflettere sul fatto che nessuno aveva mai raccontato quel paese ch'io ricordavo. Non esisteva una descrizione in parole di quel mondo lontano, così diverso dall'atroce presente contemporaneo. Così fu che buttai giù i primi capitoli del libro; e poi li misi da parte, come se il tono di voce con cui avevo avviato quell'incipit fo~e tale da impedirmi di proseguire. Il materiale rimase in un cassetto per tre anni. Quando lo ripresi in mano, mi resi conto che proprio quel particolare tono costituiva lo stile: sì, una sorta di tono di voce, un suono, che faceva riemergere suoni e rumori e silenzi lontani, e voci di persone scomparse, come se ritornassi indietro a quegli anni e ne riproducessi la realtà, per quanto è mai possibile rientrare nella pelle delle sensazioni, delle percezioni remote. Non ho mai impiegato tanto tempo a scrivere un libro quanto ne ho impiegato per Aké: ma è stato un tempo di grande, anzi, di immenso piacere, che forse prolungavo il più a lungo possibile per goderne maggiormente. Così è nato quello stile: uno stile peraltro irriproducibile, perché legato a un'esperienza specifica, e al rivivere quella stessa esperienza rielaborandola creativamente e con ciò architettando livelli narrativi multipli. E ne é uscito il romanzo. Non sarebbe mai possibile fare altrettanto con un lavoro teatrale; il romanzo permette un'organizzazione di livelli simultanei che è unica, e per me è stato così - sebbene in modo sempre diverso - per ciascuno dei miei tre romanzi, Gli interpreti, Stagione di anomia, e Aké. C'è una continuità fra queste tre opere, anche se sono distinte, e anche se io non mi considero propriamente un romanziere, dato che il mio mestiere è il teatro, e ho scritto dei romanzi solo in momenti di pausa, negli iati del vivere. 35
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