.Wo/e Soyinka (archivio Jaca Book). ESTETICAETARZANISMO INCONTROCONWOLESOYINKA a cura di Itala Vivan Wole Soyinka, drammaturgo, poeta, romanziere nigeriano di ceppo yoruba, è stato recentemente in Italia per partecipare a un convegno sul teatro africano che si è tenuto presso l'Università dell'Aquila. Sulle pagine di "Linea d'ombra" del febbraio scorso abbiamo recensito il primo volume della sua autobiografia, intitolato Aké. Gli anni dell'infanzia (Jaca Book, 1984). All'Aquila ho avuto con lui una conversazione in cui è emersa la sua consueta corrosiva ironia sui canoni estetici correnti di certi critici occidentali. Wole Soyinka, lei oggi è uno scrittore famoso in tutto il mondo, invitato anche nelle università occidentali: come fu che cominciò a scrivere? Quali furono gli inizi della sua carriera di scrittore? Per quanto mi posso ricordare, sin da quando ero piccolo sono stato sempre attratto dai libri. Mi piaceva leggere, e mi piaceva la letteratura - romanzi, racconti, teatro. Quanto al teatro, va detto che alla mia scuola c'era la tradizione di mettere in scena dei lavori teatrali fra noi scolari; e io partecipavo sempre a queste attività. Non so dirle a che punto abbia deciso di provare io stesso a scrivere: ricordo però che all'epoca in cui andavo a scuola scrivevo già dei racconti, che pubblicavo nel giornale scolastico, e delle cose per il teatro. Ma a che punto io abbia cominciato a scrivere sul serio, con consapevolezza di scrittore, è difficile dire. So soltanto che il mio lavoro si è sviluppato gradualmente, man mano che cresceva l'esperienza; e così si è maturata la mia vita . Quali sono state le influenze fondamentali sulla sua storia di scrittore, Wole Soyinka - influenze africane, europee, americane, d'ogni genere? · Innanzitutto è importante ricordare dove e quando io sono cresciuto, e cioé ad Abeokuta, negli anni trenta e quaranta, in un luogo e in un tempo in cui la tradizione orale era molto forte, in un ambiente dove si raccontavano storie, si tramandavano usanze, si ripetevano antichi indovinelli - indovinelli che diventavano indovinelli di indovinelli, ossia metafore della realtà - e vari altri elementi di questo genere, combinati insieme. Questo mondo sta alla base della mia formazione di uomo e di scrittore, e della mia acuta memoria, che è più antica della memoria parlata e ancor di più di quella scritta. La realtà antropologica che mi ha nutrito costituisce quindi l'influenza più profonda sul mio modo di essere di oggi. Tutto il resto è venuto dopo, e sopra: persone, libri, incontri che ho trovato nel mondo intero, e che sono anch'essi diventati parte di me, ma che ora mi appaiono meno importanti e meno segreti di quei segni e di quelle parole del mio primo periodo del vivere, il periodo più buio e lontano. Certo, anche Amleto e Ulisse sono degli archetipi: ma Abiku viene prima di loro, per me. Nel mondo letterario contemporaneo è in corso un dibattito che è sorto proprio nel contesto africano di lingua inglese, e che verte sui criteri estetici con cui si valutano queste nuove letterature. Alcuni critici africani sono contrari a che i critici europei analizzino questo mondo con i medesimi criteri con cui si analizzano le letterature europee. E lei, Soyinka, ritiene che ci sia bisogno di una nuova esteticaper analizzare il prodotto africano, e che occorra decolonizzare la critica letteraria - come sostiene Chinweizu -, oppure è d'accordo con l'applicazione dei metodi comunemente usati anche in Occidente, come sostiene, fra gli altri, Sunday Anozie? Io non credo nella creazione artificiale di un'estetica. Chiunque si sia occupato di problemi estetici, come me ne sono occupato anch'io, sa che all'interno d'ogni cultura è incorporata un'estetica, che è antropologicamente legata all'intera organizzazione di quella stessa cultura, e perciò da essa inseparabile. Il problema, per quanto riguarda la cosiddetta estetica africana - o addirittura la stessa esistenza di un simile concetto - sta nell'incapacità dei critici di analizzare le culture africane. Guardando a esse, si viene per così dire presi da somiglianze - che inevitabilmente esistono - con le culture occidentali, e allora si perde di vista la specificità africana, e il senso di ciò che ha un suo proprio collocamento in Afri-
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