28 \_ In questa e nelle immagini seguenti, esempi di arie nigeriana, dal volume Kunst aus dem Alten Afrika, di Maria Kecskési (PinguinVerlag, /nnsbruck e Umschau-Verlag, Frankfurt/M., 1982). I l l:;p fabbro. Ma conservai con cura tutti i grossi quaderni dove avevo scritto le storie, senza però sapere che uso farne, dato che avevo lasciato la scuola. Finii l'apprendistato e prima di entrare alle dipendenze della Royal Air Force, affidai i quaderni a mio fratello. Alla fine della guerra (la II guerra mondiale) fui congedato e assunsi un impiego nello stato. Allora mi feci restituire da mio fratello i quaderni delle storie, e li conservai nella mia stanza per tutto il tempo dell'impiego. ALTEMPOINCUIRACCONTAVO STORIE Nel 1948 comprai una rivista che all'epoca veniva pubblicata da quello che allora si chiamava Ufficio pubbliche relazioni. Usciva ogni tre mesi. Era dedicata soprattutto ai costumi e alle usanze tradizionali di tutte le tribù della Nigeria. La sera, tornato a casa dal lavoro, mi misi a leggerla. Dopo un po' arrivai alla pagina in cui si reclamizzavano molti libri scritti in lingua yoruba. Appena vidi quella pubblicità, mi ricordai dei tempi della scuola, quando anch'io sapevo raccontare storie. E anzi ne avevo trascritte un bel po'. "Ma perché - mi chiesi - da tutte queste storie non ne ricavo una lunga, per farla leggere alla gente, così le storie yoruba possono continuare a vivere anziché essere dimenticate per sempre?" Mi piace molto scrivere storie. Così, finito il lavoro, sulla strada del ritorno verso casa comprai una quantità di grandi fogli di carta. Prima di sera mi ero provato a scrivere in forma di lungo racconto alcune delle storie che avevo raccolto. Ma non riuscivo assolutamente a intrecciarle in un unico racconto lungo. Quando mi trovai di fronte a questa difficoltà, non mi preoccupai molto. Ma tra me pensai: "Finché insisto nel tentativo di riunire più storie in un unico racconto lungo, non ce la farò mai, non solo, ma è anche sbagliato farlo. Alle storie devo aggiungere o mescolare altre usanze degli yoruba o cose dei loro antenati. "Ma quali sono le cose o le usanze da aggiungere alle storie?" Questa era la domanda che adesso mi ponevo. Subito mi si presentarono alla mente cinque soggetti o materiali che avrebbero fatto della mia storia un "autentico racconto popolare yoruba". Eccoli: 1) credenze yoruba 2) usanze yoruba 3) caratteri tipici yoruba 4) religioni yoruba 5) proverbi e autorappresentazioni. Le storie raccontatemi a voce costituivano l'ingrediente principale di questi materiali. (Nel libro La strega-erborista della città remota si può vedere come ho usato le religioni yoruba.) Il passo successivo fu di fare un elenco scritto di molti di questi materiali. A questo punto mi misi a scrivere il racconto. Mentre andavo scrivendolo, laddove era necessario aggiungevo usanze o proverbi o credenze o caratteri tipici yoruba. Narro le mie storie come se io fossi l'eroe e prima di tutto do una descrizione completa di me stesso. Per esempio, all'inizio del Bevitore di vino di palma spiego innanzitutto che cosa faccio ogni giorno. E cioè bere vino di palma giorno e notte. Poi parlo della mia età, ecc. ecc. A pagina 131 , dico: Quando vidi che per me non c'era più vino di palma, e che nessuno poteva spillarlo per me, allora pensai tra me che i vecchi dicevano che tutte le persone che morivano in questo modo non andavano subito in cielo, ma vivevano tutte insieme in un posto di questo mondo chi sa dove. Allora dissi che sarei andato a cercare dove stava il mio spillatore di vino di palma che era morto. Qui ho usato una credenza yoruba. Gli yoruba credono infatti che chi muore non va in cielo ma, donna o uomo che sia, vive da qualche parte sulla terra ... nella Città dei· morti. Inoltre dico: Una bella mattina presi con me tutti gli amuleti miei personali e anche tutti gli amuleti di mio padre e lasciai la città natale di mio padre per scoprire dov'era andato il mio spillatore che era morto. Qui ho usato una credenza e un'usanza yoruba. Ciò significa che gli antichi yoruba, quando si mettevano in viaggio, solevano armarsi di amuleti e incantesimi. Perché credevano che gli amuleti avrebbero potuto salvarli dall'assalto degli
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