14 DISCUSSIONE/FOFI malinconiche e scarsamente o per niente vitali nonostante il vitalismo delle apparenze. Forse le difficoltà maggiori, mai abbastanza insistite, sono appunto queste: la moltiplicazione delle storie nell'appiattimento delle esperienze e dell'esperienza; l'assenza di ogni curiosità reale, di "inchiesta", all'infuori del proprio io e degli speculari io dei propri simili di sottogruppo e sottocorporazione. Gli aspiranti scrittori (o cineasti, o poeti, o teatranti, o sceneggiatori e disegnatori di fumetto), anche i più dotati di talento, di questo partecipano, ne sono prodotto compiacente e solidale per narcisismo e pigrizia, e non mirano alto, non sembrano avere ambizioni di una qualche maggiore rappresentatività e incisività. Anche loro hanno storie e non esperienze, forse ancor più di altri poiché coinvolti dalla mediocrità degli intellettuali loro padri assai più di quanto non pensino e non vorrebbero. E preferiscono rifarsi a storie altrui, divagarsi imitando, o ancora crocianamente e scioccamente "partire da sé". Di qui la necessità imprescindibile di contestualizzare, e di modificare con i poveri mezzi che si hanno, ·il contesto; di riproporre temi e problemi sociali e morali determinati (ancor più che teorici o filosofici), di volersi attivi e presenti al mondo e all'epoca e non suoi passivi consumatori, di vivere e non farsi vivere. Di riacciuffare per qualche coda la propria Storia e farne esperienza. Vedendosi membri di una società, soggetti di storia. La strada non può che essere lunga e assai faticosa, perché in questo si può star certi di avere contro quasi tutti, e certamente, in primo luogo, i bonzi delle accademie e delle gazzette, i funzionari della cultura e del regime, i vagheggiatori del debole acquiescenti alla logica dei forti, o dei forti compiaciuti delle corporative debolezze di intellettuali comprabili con quattro denari, voluttuosi di servizio. Si sarà capito dunque perché si dice che ci vorranno molti anni, forse tanti quanti ne sono serviti a distruggere, per ricostruire una narrativa e un'arte significative di un più della miseria in cui siamo costretti. E si dice arte, poiché di estetica si tratta, e non di politica, ma di un'estetica che ha più che mai bisogno di rivedere le sue basi alla luce dei contesti. Non esiste opera vera che sia ) davvero aperta, come si è amato credere alle origini del degrado, e non esiste opera che sia davvero chiusa, nonostante il suo indispensabile bisogno di interna e serrata coerenza. Chiusura e apertura sono il frutto di una scelta di conformismo dell'arte, alla pari dei più volgari prodotti di consumo proposti dall'industria della cultura (all'interno della quale, però, molto spazio è pronto per chi voglia e sappia proporre opere "di successo" che del presente e dei suoi dilemmi sappiano parlare, poiché è il lettore ad averne, consciamente o inconsciamente bisogno; e non è comunque il successo un elemento discriminante, oggi come sempre). L'opera deve pur sempre esere "chiusa", ma aprirsi per qualche spiraglio al mondo, e dialogare con esso. Ma per poterlo fare deve conoscerlo, e l'autore ragionare una sua scelta, un suo rapporto, una sua maturità di vivente. Arbore e Altan A leggere l'insieme di stronzate "umoristiche" che formano l'instant-book Quelli della notte (Mondadori, pagg. 169, lire 12.500; a cura di Renzo Arbore, che mette le mani avanti, "umoristicamente" ma non troppo avvertendo che "questo libro è una truffa"), best-seller di questa estate a seguito della famosa trasmissione, c'è da finire in cura per forte depressione. Il modo migliore di reagire è dunque, per i masochisti che, come chi scrive, se lo sono comprato, quello di fare un altro acquisto, ahimè nella stessa collana "umoristica" della stessa casa editrice: Altan, Le ultime parole famose (pagg. 113 a colori, lire 15.000). È un antidoto efficace, nonostante che la stessa collana e lo stesso editore lo pongano automaticamente nella schiera, nolente di certo l'autore, dei "buffoni di corte" riaffermatori comunque di uno status quo. Eppure la differenza è grande, anzi abissale, ed è proprio il libro di Altan a chiarircela con alcune vignette: quella a pagina 10 (la bellona che dice: "L'italiano è un popolo straordinario. Mi piacerebbe tanto che fosse un popolo normale.") sembra un'indiretta risposta preventiva al programma ,di Arbore, e quelle a pagina 15 (porco-padre e porco-figlio: "Abbiamo ritrovato il coraggio di dirlo forte: porco è bello!"), e a pagina 51 (un signore chino su un mucchio di merda: "Annata straordinaria per quantità e qualità, cari i miei gourmets. ") allargano il discorso. Ai fini di questo intervento va ancora ricordata almeno quella di pagina 44 (la bellona: "A guardarsi indietro sono bravi. Appena guardano
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