Linea d'ombra - anno II - n. 11 - settembre 1985

cando semmai di nascondere il dispetto per aver vinto il Carducci anziché il Biella o il Gandovere anziché il Fiuggi: c'è una differenza di milioni su cui è impossibile sorvolare. Chi non vince quest'anno vincerà nel 1986 o, con molte scuse, nel 1987, e il futuro premiato si autoprogramma: rinvierò all'anno prossimo, quando vincerò il premio Bergamo, certi costosi lavoretti in bagno; rabbonirò !'eternamente scontenta consorte con la promessa di una crociera nel 1987, quando uscirà il mio libro di varia umanità (amenità) e l'Ischia sarà mio. Un premio, insomma, non lo si nega a nessuno: se va proprio male e si vince un quadro, ci si recherà l'indomani dal mercante amico, se è un'aurea patacca (ohibò se risultasse similoro) si farà una visitina all'orefice sotto casa. Parole meno comprensive le meritano invece i signori giurati. I quali, si sa, non leggono tutti i libri in concorso - sarebbe disumano pretenderlo - anzi, in genere ne leggono uno solo, quello del loro candidato: per farlo vincere baratteranno il voto a suo favore promettendo l'appoggio al saggista di parte (casa editrice) avversa: è tutto un fiorire di compravendite, un mercato con imbonitori e sommaria valutazione dei capi esposti. Lasciandosi, i giurati si abbracciano frettolosamente: tanto si rivedranno tra breve, tra due settimane c'è il Vallombrosa (finalmente si prenderà un po' di fresco) e a fine mese il Mondello (speriamo che il tempo si mantenga, ci faremo una nuotata). A ottobre arriva il gran finale: il Premio dei Premi, il Nobel. Già Fruttero&Lucentini hanno espresso il dubbio che detto superpremio sia "tanto importante solo per via della grossa somma di denaro che comporta. Dissociata da quel bel mucchietto di corone, la giuria chiamata a stabilire ogni anno chi sia il massimo scrittore vivente non avrebbe la minima autorevolezza, le eccellenti persone che la compongono non verrebbero consultate neppure per l'assegnazione della Salsiccia d'Argento in Valcamonica". Se si ha la pazienza di scorrere l'elenco dei premiati, si nota subito che aricevere l'alloro sono stati, con poche eccezioni, i mediocri e i filistei. Anche quest'anno avremo la solita aspettativa del Nobel a Borges. Il quale il Nobel, visti i criteri adottati in Svezia, se lo meriterebbe ampiamente: "Borges è il Nobel perfetto, che più Nobel non si può", ha scritto Piergiorgio Bellocchio. "Sembra fatto su misura per rappresentare lo spirito dell'epoca, la Crisi dei Valori Istituzionalizzata, l'Ambiguità Permanente, e insomma i vari Declini, Tramonti, Eclissi, Perdite, Crolli, Naufragi (delle Fedi, delle Certezze, della Ragione, del Centro, della Totalità, della Storia, delle Ideologie, dei Significati ... )". E poi, allo stesso modo di un Beethoven sordo, uno scrittore cieco è una rarità meritevole di alto encomio. DELCONTESTO Goffredo Fofi Ci vorranno anni Perché possa rinascere una narrativa italiana di una qualche dignità, perché nuovi autori possano crescere e affermarsi che abbiano qualcosa da dire e sappiamo come dirlo, passeranno molti anni. Forse tanti quanti ne sono serviti per svilirla, circa un quarto di secolo? Speriamo di no, e che i tempi siano più brevi, ma ogni analisi seria potrebbe far pensare il contrario. Ho detto un quarto di secolo con convinzione. La mia personale e soggettiva analisi di lettore disordinato ma fedele mi fa pensare che la notevole ricchezza di un passato non lontanissimo, fino agli albori dei Sessanta, e tale benché negata su opposte posizioni dai neoavanguardisti del '63 come dagli ideologi iperpolitici ("tutto populista" o "tutto evasivo") non possa certo riprodursi, e che quel tanto che sarà possibile costruire dovrà affermarsi contro vizi e vezzi di un quarto di secolo, per la narrativa e in generale la letteratura (ha fatto eccezione la sola poesia). Salvo i soliti nomi DISCUSSIONE/FOFI (Morante, Calvino, Volponi, ma anche alcuni minori e alcuni marginali, da Mastronardi a Satta), il boom dapprima, con il riassetto dell'industria culturale ed editoriale che ha comportato, e poi il nefasto '63, e poi un '68 che ha fatto cultura in senso antropologico e collettivo ma negando ogni elaborazione artistica non finalizzata (con risultati disastrosi: non un film, non un romanzo, non un documentario, non un testo teatrale e perfino una canzone o un fumetto dei giovani di quegli anni che sia degno di memoria), e poi a un '77 che ha preteso rozzamente e aggressivamente una creatività generalizzata e di tutti, e poi un Dams, e un riflusso, e una esplosione di soggettività magniloquenti, e al presente un'èra del frivolo e del rococò che si spera sia breve e si teme lunghissima, hanno davvero fatto della letteratura una terra di spedme9tazioni balorde e isolate, e della narrativa,in particolare un campo abbandonato a una rampante piccola-borghesia bisognosa di idealizzare la propria miseria infiocchettandola d'umano e d'eterno. Èra del frivolo, del conformismo generalizzato in un'esplosione di maniacali, piccole o sporche originalità, i nostri anni propongono a chi voglia reagirvi e sia giovane, le conciliabili strade del successo (cito per tutti i televisivi Macno e Rimini), del lamento, del farfallante, e, nei più coltivati, dei sempiterni idillio e sperimentazione. E a chi, come me, non crede molto in letteratura alla parola "realismo", non rimane che auspicare un qualche ritorno alla realtà, un qualche nuovo radicamento nel presente e nella storia, nel ripudio del giornalismo cui si delega da anni tutto questo, affinché la letteratura (e la narrativa) tomino a dirci chi siamo, a bagnarsi della vita di tutti. Libero poi ognuno di seguire i modelli e i cammini che preferisce, che gli dettano i suoi talenti e la sua visione, la sua scelta. Ci si rende ben conto di come la miseria nazionale, non economica (checché si ami dire, a giudicare dal livello dei nostri consumi se comparato a quello mondiale), bensì decisamente intellettuale, politica, umana, antropologica, non possa sorreggere progetti di una qualche ambizione che non nascano da isolate disperazioni o rabbie; di come non esistano sistemi di pensiero e soprattutto di analisi che possano favorire una riflessione personale più radicata e radicale; di come il magma delle situazioni sia appunto confuso, e il regime della complicità nazionale lasci spazio solo a battaglie (micidiali, anche) tra corporazioni e interessi. Ma esistono tuttavia storie che aspettano di essere raccontate, tristi e incerte, 13

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