Linea d'ombra - anno II - n. 11 - settembre 1985

8 APERTURA/DOBLIN .-:,erò è strano lo stesso. ç'è un mare di gente davanti I.Ile di fronte al cimitero. Sono stati attaccati ai muri manifesti rossi dal contenuto strano: bisogna consegnare le armi, così sta scritto, in questo o in queJ posto - questo è ancora comprensibile - ma poi: chi non avrà consegnato le armi entro la tale ora all'osteria dell'Aquila nera, sarà punito davanti alla corte marziale. Il tutto suona molto medioevale, un'espressione simile non può essere usata da un nuovo governo. Il giorno dopo comincio a capire: è proprio vero che non si crede a qualcosa finché non la si è vista con 'i propri occhi. Alla fine della guerra. mi ricordo. avevo avuto una discussione con un avvocato che parteggiava per i francesi, dopo il telegramma di Wilson che annunciava l'armistizio; l'accusa di saccheggio mi sembrava - per un conoscitore dei soldati e dell'esercito tedeschi - una cosa assurda. L'avvocato sorrise; disse di non essere così ingenuo da condividere la mia opinione; che canaglia d'un cliente, avrà sicuramente pensato. Davanti al cimitero ci sono delle sentinelle, stanno montando un reticolato. Si sente dire che davanti alla scuola hanno sparato e ucciso tre persone. Mi avvio in quella direzione, riesco a farmi largo tra soldati e civili, passo davanti a una mitragliatrice: vicino al portone, poco lontano dal muro del cimitero, vedo per terra tre uomini con il berretto tirato sul viso. Tutt'attorno ci sono donne che si tengono premuto un fazzoletto contro il viso; riesco finalmente a entrare nel cortile della scuola. Lì ci sono sei lanciafiamme, un vivace andirivieni (sembra quasi di essere in una caserma) e un movimento di carri, che vengono scaricati in continuazione; un capitano gira attorno con.l'elmetto ben calcato sulla fronte, il monocolo e uno sguardo di ghiaccio. Contro il muro, vicinissimi all'entrata, stanno tre uomini, pallidissimi, dai vestiti sgualciti: hanno l'aria di non aver dormito e un aspetto che muove a compassione; il più giovane sbadiglia in modo provocatorio, gli altri due guardano rassegnati a terra. Qualcuno dice che non sono stati ancora processati, ma più tardi verrò a sapere che li hanno rimessi in libertà. Come cerco di andare verso il viale, vedo venire nella mia direzione una ventina di persone: a passo di marcia, i fucili in spalla, gli elmi ben calati sul viso. Ma che cosa vogliono, ne abbiamo già abbastanza di soldati. Scortano un uomo altissimo, pallido, dall'espressione coraggiosa e severa allo stesso tempo; strano però che lui porti un berretto e loro gli elmetti; sembrerebbe, a giudicare dal vecchio cappotto militare nero che il prigioniero indossa, che quelli come lui non abbiano di che vestirsi, mentre la colonna esibisce un abbigliamento lindo-e ordinato. E come cerco di passare avanti, mi rincorrono gridando di sgomberare; tutti corrono dall'altro lato della strada e, come mi giro, vedo l'uomo altissimo scortato dalla colonna salire i gradini dell'entrata al cimitero; a destra e a sinistra si sente sussurrare: adesso sparano anche a lui. E già mentre cerco di chiudere gli occhi, si sente lo sparo. Ecco, anche questa è andata. Ora quello là sarà per terra, nel suo cappotto militare nero. Prima era un uomo, adesso è una cosa. Non riesco a immaginarmelo. Sono spaventato. Sono state viste morire tante persone, ma questo è qualcosa di particolare. La morte sembra diventata di ordinaria amministrazione; c'è di che rimanerne sconvolti solo a pensarci. E non è l'unico morto, dalle inferriate del cimitero la gente indica qualcosa e conta tre, quattro, cinque. Si sentono dei forti colpi. La battaglia non è finita. m on dico che questa tattica sia al di là della mia capacità di comprensione. Sicuramente bisogna disporre di un'adeguata preparazione militare per capire che alcune centinaia di persone, dotate di poche, anzi di pochissime armi, non possano non aver la peggio nelle scontro con truppe forti di migliaia e migliaia di soldati che, armati di tutto punto, di cannoni e carri armati, danno guerra per giorni e giorni. L'esercito tedesco non è stato stroncato, è pur sempre vivo: ora si sta riavendo lentamente. Un'.altra cosa che non riesco bene a capire è il ricorso all'artiglieria pesante. ai carri armati: si voleva mostrare di poterne disporre, mentre gli insorti non ne avevano; per spaventarli e metterli in guardia si è deciso di sparare sulla popolazione - e i morti sono stati centinaia. Gli aerei hanno di solito il compito di individuare i nemici; ma forse, dal punto di vista militare, è sufficiente che ci informino della loro presenza; e in effetti la cosa ci ha fatto veramente piacere. Quello che capisco forse meglio è la legge marziale. Quel che è stato fatto dopo la battaglia. Spiegelberg, ti conosco. È sempre lui, non è la prima volta che lo incontro: tabula rasa, bum bum, vittoria!, la Germania al primo posto nel mondo. Il capitano Fryatt, che aveva una fretta indecente di condannare qualcuno, parlava solo di soppressione. Mi sembra già di vederli, seduti a un tavolo con tanto di telefono; fanno stridere i denti e dicono: aspetta, aspetta, ragazzo, che te la facciamo vedere noi, con calma, un paio di granate e capiranno che con noi non si scherza. Gli tireremo le orecchie e capiranno che cose simili a noi non le si fanno. Sulla morte e sull'omicidio sono stati in molti a riflettere: l'unica cosa da fare, infatti, è pensarci sopra. Già alla vista di un'arma si è portati a pensare a queste cose, e il movimento contro la pena di morte esiste già. A me non piace per niente l'aria viziata che si respira nei momenti di morte nelle tragedie, ho già detto prima la mia repulsione. E in questo caso provo una repulsione ancora più forte. È stato dimostrato che anche gli insorti hanno ucciso. Ma, da quel che ho visto, si trattava di qualcosa di previsto dalla legge e dalle autorità: per così dire, di ordini impartiti con saggezza. Qui non c'entravano l'impulso, l'avidità, l'accecamento, l'odio, la vendetta, qui un giudice non aveva che Jla scegliere tra i mezzi che la riflessione gli metteva a disposizione. L'odio, l'impulso fanno capire gli omicidi degli insorti. Sappiamo che il caso Dreyfus scatenò l'indignazione di tantissimi in Francia. Sappiamo anche come la pensavano Zola e Voltaire in materia di infrazioni della legge. E che cosa ne pensa, oggi, la Germania, la repubblica imperiale? Il popolo dei poeti e dei pensatori ha poco tempo, in realtà, deve occuparsi delle sue stupidaggini. I poeti poetano, i pensatori

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