STORIEDIGANZ Rolando Zorzi Catechismo Alla fine delle elementari, un giorno durante l'ora di religione, l'alunno Ganz teneva fra le mani il volumetto chiuso dei Vangeli. Preso dalla noia, aprì il libro all'ultima pagina e lesse: J IO. Infilò la mano in tasca e tolse il temperino. Lo aprì e incise un calcolo sulla superficie grommosa del banco. Questo calcolo: J IO: 2 = 155. Subito sfogliò con ansia il libro fino a· pagina 155. Là cominciava l'introduzione al Vangelo secondo Luca. La pagina non era numerata e perciò, senza leggere nemmeno una parola del testo, Ganz cercò il primo numero che avrebbe incontrato. Col fiato sospeso, vide tra parentesi l'indicazione di alcuni versetti: /, 1-4. ''Bene", disse fra sé espirando, "tra I 14 anni sarà la fine del mondo". E un senso di benessere gli scese dalle punte dei capelli a spazzola fino al nero delle unghie. Se i conti tornavano, l'alunno Ganz non ci sarebbe stato per quella data. Ostacolo Fermo a un semaforo, a lato c'era una macchina blu. Venne il verde, e il veicolo partì a 1u11avelocità. Nel rombo del motore accelerato Ganz senti due colpi smorzati. A sinistra, sul marciapiede davanti, un gruppello di uomini, fermi in piedi, discutevano o scherzavano. D'un tratto si mossero a scatti, rapidi verso una via buia laterale. Soprabito beige e pantaloni 'più chiari erano a terra, col corpo sul marciapiede, la testa sulla strada. Ganz guarda intorno per cercare conferma. Tullo normale. Ore una. E trentacinque minuti. Poche automobili scorrono sulla strada ben illuminata. Persone camminano sui due marciapiedi del centro. Nessuno corre verso un punto. Era uno scherzo. Avevano lanciato un paio di petardi sull'asfalto, per ammazzare il tempo, la notte. Superò l'incrocio accelerando. Subito frenò. C'era un ostacolo in strada. Occorreva tornare indietro. Doveva diventare un curioso, testimone, soccorritore forse. Da lontano stava disteso nella posizione di prima. Un mucchio oblungo di vestiti chiari, probabilmente canoni allungati sul limite del marciapiede. Ganz fermò la macchina vicino, a una certa distanza. La mano destra è sollevata ad angolo sopra la crava11a composta. La testa poggia sul piano stradale, rovesciata verso l'alto. Sono i capelli, oltre lo sbalzo del marciapiede, liquido lento esce dalla tempia sinistra. Finiva con due colpi di rivoltella. Era fiero di aver visto succedere, Ganz poteva raccontare. (Quel che in segreto ti mostra com'è senza te il mondo.) Il senso di colpa si stava intanto assorbendo la macchia d'angoscia e la normalità muoveva intorno, lungo il fatto. Ganz è dentro. La vede e la sente dopo quotidiane notizie e telefilm, la normalità non indifferenza, che è già sentimento, passione. Si tratta di uno qualsiasi, capitato in un posto qualsiasi, senza storia o trama nota, caduto per caso sulla via di casa d'un altro qualunque. La drammaticità del cinematografo non è sul posto a girare. La cornice di riferimento è indeterminata. Non ha intreccio, suspense, primi piani, parole, frasi o gesti sceneggiati. Né musica. La simultaneità e quasi ubiquità dello sguardo umano sul fatto restituisce alla realtà il suo quadro reale e a Ganz la sensibilità per la morte delegata al cinema, in cronaca, gialli, tv. Presto vennero le sirene, i lampeggianti, i cercatori di bossoli, lettiga verde e portatori. Il fatto cominciava ad avere un senso. Il pubblico si stava formando, animando. Per gli spettatori il morente è già morto. Ganz aveva voglia di andare. Come teste si giudicava in~ervibile, dopo che la forza magnetica del cadavere era stata annullata. L'uomo stava diventando definitivamente oggenivo, oggetto d'indagine e di giornalismo. Sul posto uno si mise ad alzare la voce: "Circolate! Circolate! Non c'è niente da vedere!" Ha ragione, pensò Ganz, non c'è NIENTE da vedere. Girò la chiavetta e mise in moto. I delegati stavano rimuovendo l'ostacolo. Spavento Ganz sformato per diversi motivi poggiava la testa alla mano, ultimo sostegno. Un lontano conoscente gli aveva scritto una volta: "Quando siamo sull'orlo dell'esaurimento parliamo tutti per proposizioni principali. Le prove? Eccole: Ho sbagliato tutto. Non ne posso più. Voglio farla finita. Ti basta?" Ganz stava zitto. Non c'era nessuno a portata di voce. Aveva smesso da tempo di parlare con muri, pilastri o piastrelle. Perciò entrò in cucina per bere e accese la luce. L'insetto sul pavimento frenò la sua corsa e alzò la testolina. Un minuscolo organo preso dal panico magari pulsava sotto il guscio lucido e immobile dell'animale.L'individuo sformato spense la luce e lo scarafaggio proseguì il suo viaggio nel buio. Anche Ganz cominciò sull'istante a sperare. Per lo spavento o per simpatia alzò il bicchiere in una specie di brindisi. M Morta, giaceva nuda e dignitosa, in piedi, dentro un'enorme bara di vetro, migliaia di volte più grande del suo corpo. Chissà se sapeva che quella sarebbe stata la sua sepoltura. Aveva forse cercato di sfuggire là dentro al suo mortale nemico? Sentiva avvicinarsi la fine? Era capitata in quel posto per caso? Inutili domande. Domande da uomini. Nemmeno da viva gli avrebbe risposto. Né dello le sue angosce. Non una parola tra loro era possibile. Eppure, più la guardava, più Ganz sentiva che fra loro due c'era ancora qualcosa. C'era stato qualcosa tra loro, l'estate passata. Quando lo tormentava con i suoi andirivieni. Gli sfiorava una mano, una guancia, e via. Sempre dietro ai suoi amori, che non erano quelli di Ganz. Per questo lui non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Là, immobile, nella sua rigidità naturale, quel corpo lo attirava atrocemente. Perché gli sembrava una finta. Un ultimo tiro che voleva giocargli. Ganz aspettava che a un trailo
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