Linea d'ombra - anno II - n. 10 - giugno 1985

86 STORIE/LAM81ASE sorrisi misteriosi che ci vengono dal passato, su questo non c'era alcun dubbio, né al futuro nomade in stivali giallini e casacca da argonauta verrà mai in mente che sarebbe più pratico e profittevole visitare le chiese barocche di Neapoli. Ma tant'è! Questi conati menevano comunque in moto l'economia, non meno degli sciami di turisti che volano cori i charters o della compravendita dei titoli di borsà in autunno. Tante piastrine Sterminio per avveduti campeggiatori, altrettanti puntelli di questo meridione languente; mentre lo huile de tortue fa il paio con gli spermaceti a unificare il mondo sollo la spinta di insopprimibili correnti commerciali ... Comprendevo, mentre il topedone volava sullo svincolo autostradale in•vista delle roulottes scamauate sotto il sole, che il turismo dei nomadi era la forma moderna attraverso cui si configurava l'essere-nel-mondo, il proprio radicamento nell'ebbrezza della vita che cambia. D'altra parte non si viveva che per quel momento in cui si staccano gli ormeggi dalla banchina, per quel deragliamento dei sensi, e poco importa se invece di lagune fosforescenti si presentano orribili deserti in riva al mare, con le ossa calcinate di povere famigliole di gitanti. Il fatto che facessi la guida turistica mi liberava dai tormenti del viaggiare a scopo consolatorio. Niente riti succedanei e purgatoriali tra Capo Vaticano e punta Licosa e il tran tran giornaliero dell'Alilauro è il contravveleno che mi salva dalle conformità sociali. Amen. nvolte vi erano gruppi di viaggiatori che insistevano per llilvisitare i Reali Musei Napoletani. Spericolati ricercatori del Bello, conoscevano nell'intimo la vita e le opere di Antonio Traversi o litigavano per una falsa a1tribuzione del Ribera. "Lei certo ci accompagnerà!" chiedevano con un mite rimprovero nello sguardo. Per loro i musei locali o erano regali o non erano. Non avrebbero mai ammesso che potessero essere frequentati da studenti scalcinati o da turisti sovranamente preoccupati di sapere in quale sala avrebbero trovato l'automatico per il caffè. Ti domandavano a bruciapelo: "Dove possiamo vedere la collezione dei papiri ercolanensi?" E quando erano davanti a quei poveri cuoi inceneriti: "Dov'è il terzo lemma di Filodemo?" Il loro assillo? Andare alla ricerca di tesori neglelti, di scatoline di acajou ancora odorose di tabacco, di fondi di museo napolitano in cantine con le travi tarlate e il guizzo furtivo della faina, con la mano che palpa religiosamente reliquiari secenteschi o s'accosta trepidante alla porta di cappelle chiuse con una senemplice mandata, perché vi era sempre una cappella da qualche parte, una cappella-cantina o una cappella-cripta, stante la delirante sovrapposizione delle funzioni di cui I~ ci11à si adornava. Erano esperti di tutto, nervosi e audaci, commoventi perfino, tanto da generare il sospeno che ad Aquisgrana o a Stoccolma vi fossero legioni di antiquari di null'altro preoccupati che di catalogare l'infima vita del sottosuolo partenopeo, tanto questa ci11àdoveva apparire di lontano il forziere del meraviglioso e dell'inaudito. Non ho mai veduto una tale ostentazione di bassi furori. Frugavano, annusavano. si perdevano in una nube di sensualità. Sembrava di leggere in Febvre la faccenda delle doti maritali delle vergini della Franca Contea! Mettevano le mani dovunque, con quanta mancanza di pudore, e anche con quanta impenita arroganza! Collocavano il fornellino della pipa e gli occhiali da sole sopra una lastra tombale e cominciavano a tastare nel buio. Per nulla infastiditi da quel tanfo vinoso che veniva dal fondo, dallo scricchiolio inquietante delle assi gravate. Mi veniva da pensare: "Ecco, ora pescano nel torbido". Ed in effe11imi parevano proprio intenti a mortificare nel loro accanimento l'immagine virtuale del passato. Pronti a dire, dinanzi a quelle tele arrotolate o a quei sesquipedali busti rococò: "Che scemenza io di false opulenze e di impronunciabili verità! Quale splendore di similoro a nascondere l'obbrobio dei cateteri o la ridicolaggine di quei vomiti irruenti sopra origlieri immacolati!" Perché il loro scopo, capite, era quello di colpire nell'intimo l'idea che ognuno di noi possiede di ciò che ci ha preceduto. Me11evano a nudo la faccenda della quotidianeità, dei piccoli noiosi fatti di ogni giorno, dei nastrini e delle mutande, dando un bel calcio nel sedere a tuni coloro che ancora credevano all'odore di bergamono nelle anticamere regali o alle grandi idee assise nell'Accademia dei Trasformati! Il risultato sarebbe stato non soltanto la messa in mora della Storia, o almeno quel conceno di Storia che ci siamo portati appresso da bambini, ma quella di Turismo, perché chi viaggia vuole avere innanzi a sé troni marmorei e teatri imbracati di velluto, non sudici lavatoi o seggiole sbilenche. Quanto al destino di noi guide turistiche ... Bene, ci aggiravamo tra controsensi e ossimori. Parlo delle tele cavate dalla sporcizia ed esposte per un animo alla luce di una lampadina. La punana vergognosa. Il falso sembiante. La serva dispotica. L'ingenua lasciva. Il tiranno addomesticato. Mi ricordava la storia del Parigi sbastigliato. O la storiella di quella guida turistica che rispondeva inevitabilmente: "Non so. Sono forestiero!" a chi gli chiedeva dov'era possibile comprare una pianta della cinà. Non mi sono mai divertito tanto come di fronte a quelle tele dispettosamente integre a dispelto del tempo, che folgoravano contro muri contristati di umido, in depositi che sembravano chiusi dall'età carolina. Perché nel momento in cui più alta e sacra era l'emozione, più lucido lo sguardo dei miei viaggiatori, dal pavimento smosso emergevano sacche di plastica con la scrilla Bianco Profondo o calendariacci pornografici con vezzose fanciulle che divaricano la vagina con dita serpentine. Eccoli dunque i misteri di Napoli! Come i ladri nelle tombe egizie, qualcuno s'era aggirato in queste catacombe asovvertire i1vecchiume, a contaminare la polvere dei secoli, ad alterare e cangiare, e semmai s'era portato baldanzosamente via quei sudari eleganti per sostituirli con inopportune riproduzioni antichizzate in qualche garage della suburra! O per lo meno s'era divertito a rimescolare allegramente il tulio, a scombinare un po' qui e un po' lì, come un guaglione scostumato che fa la pipì sui suoi giocanoli, quasi per il gusto di sconfiggere quella pretesa di

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