Linea d'ombra - anno II - n. 10 - giugno 1985

84 510RIE/LAMBIASE strada a sperimentare la ruggente diversità della vita mediterranea. Si facevano servire i pasti in camera o, al più, indugiavano nel giardino dietro l'albergo a osservare lescreziature di umido su di una erma falso-romana. Li interessava la fioritura dell'ortensia o la disposizione dei tronchi ammucchiati nella legnaia. A volte avevano a ridire perfino della conigliera: troppi animali affollati dietro la rete, il legname degli stabuli era marcio, la qualità delle carote lasciava a desiderare. li rilievo, pronunciato in punta di lingua, anticipava un brontolio più cupo e minaccioso sul disamore dei meridionali nei confronti delle bestie. Potevano mai capire. queste anime infingarde, che anche un coniglio può essere oggellodi infinite attenzioni e che il suo tenero musello implora una dedizione disinteressata? In quei casi mio padre nicchiava, guardando il cielo libero sopra di lui, titillandosi il nodo della cravalla. Quanto ai tedeschi, sembravano molto più imeressati ai problemi dello spirito che a quelli banalmente referenziali legati alle angustie del viaggiare. Chiedevano inquieti: "Winckelmann dove soggiornò a Napoli?": "Come possiamo fare per acedere alla sala degli Incunaboli della Biblioteca Regia"'": "'Vi sono ancora quelle pillure parietali sul lato nord delle catacombe di San Vincenzo?" Armati di Baedeker, volevano cogliere, per loro edificazione. l'insignificante, l'apparentemente futile. Lo spirito si armava anche di queste intese con il nulla, a cui la guida, come umile servitore, doveva fornire l'ultimo suggello. A Capri i tedeschi sembravano indifferenti alla bellezza e arditezza delle rocce o alla bontà degli spumoni in piazza. Volevano subito inerpicarsi verso le rovine di villa Jovis, avvinghiati al dorso paziente dei muli. avendo avanti agli occhi come vaporosi fantasmi le ricostruzioni dell'Hadrawa. Oppure chiedevano di visitare subito le sale fumose dello Zum Kater H iddigeigei, perché li, un giorno, si sarebbe seduto a bere un boccale di birra nientemeno che Federico Nietzsche. Lo sapete? Mio padre aveva imparato a distinguere i suoi turisti dall'odore cli cui erano impregnati. Odore di piedi. di ascelle, di capelli, di denti. Aveva un sistema di classificazione più accurato di un Bororo dell'Amazzonia. Se chiudeva gli occhi e annusava. poteva enuncaire trionfalmente: ecco uno scozzese, ecco un pellicciaio di Aquisgrana, etc. O almeno ci provava, con una spavalderia che raramente lo tradiva. Questa non è tanto una stravaganza, quanto una scienza possibile del mondo, che soltanto una guida turistica può avere in forme così assolute. D'altra parte mi conforta il fallo di aver trovato in Lichtenberg qualcosa di analogo, una classificazione possibile fondata sulla forma degli escrementi: a punta, tortili e così via. Nei confronti delle donne, di quelle magnifiche donne che una volta si incontravano nei grandi alberghi costieri o lagunari che fossero, misteriose come divinità, ma allo stesso tempo sensuali, provocatorie, ardenti di vita, con bocche smaglianti di scarlatto, lunghi occhi cigliati, massecorvine di capelli a stento 1rallenu1i dai turbanti di seta. i seni palpitanti sollo i leggeri abiti estivi. nei confronti di queste epifanie del lusso e della fcrinità mio padre aveva un allcggiamento obliquo, tra l'indifferenza e la·febbre, tra la giovialità svagata e la sofferenza. Di solito esse si accompagnavano sulla spiaggia a maturi spasimanti, a mariti ridicoli coi calzoni a mezza gamba, i pelli incassati sopra spropositate camicie fiorate, il viso di circostanza, i quali si abbandonavano quasi di mala voglia sulla sdraio, imbarazzati e sguaiati, col testicolo che semmai veniva giù come un bargiglio di tacchino dal calzone troppo largo. Col pretesto di piccole adempienze legate al suo mestiere, mio padre cominciava a volteggiare come un uccello di passo sulla spiaggia, andava e veniva, fingeva di guardare l'orizzonte coperto di vele e poi il frontone dell'albergo colle superbe cariatidi e la bouganvillea che s'avviluppava orgogliosa, per raggiungere infine la dea ammirata tulla la ma11ina, non appena il petulante compagno si fosse per un qualche motivo allontanato, ghermirle un braccio e sussurrarle in un soffio dure parole d'amore. Di fronte a queste sirene orrifiche, mio padre era disposto a venire a palli finanche con la sua misoginia. In fondo erano esseri di un altro pianeta, correlativi di un universo privo di legami con il nostro, creature della sera e dell'alcova. Di qui equivoci, tenebrose avventure, febbrili a11ese in prossimità delle cucine o dietro la gabbia cigolante dell'ascensore, palpeggiamenti, inganni. disillusioni, e quelle parole di scusa ogni volta balbc11a1enei miei confronti: "Potevamo rifiutare"/ Potevamo rimandare'!", quasi a coinvolgermi, mio malgrado, nella sua inappagata ansia sensuale. D nsom ma: Ercolano era il centro del mondo e la cillà e tulio il golfo si dipartivano da lei in cerchi concentrici. Ho trovato qualcosa di analogo in Poule!. Qui vi era una pienezza di vita che non si è riprodolla altrove, se non come periferia cd eccentricità. Eppure come si è scentrato questo mondo, come è divenuto un altrove banale, un concentralo di volgarità, uno sciocchezzaio in cui è andata a rifugiarsi tulla la insolvenza partenopea! Sopra e a lato del nobile villaggio grava una cillà informe, un pot-pourri di cose prive di senso. e ciò che più colpisce il viandante è il campo di roulolles sul vialone che precipita verso la sua ruina, con le amache impermeabili e i crateri di gommapiuma per dolcissime nol!i all'adiaccio! li luogo più nobile del mondo costretto a convivere con i fornellini a gaz e le piastrine solforose per allontanare le zanzare; l'epicureismo di Filodemo, generosamente elargito a edificazione della gioia di vivere, con i buglioli profilallici e le bo11iglie thermos per tener in caldo il brodo di pollo ... Tullo ciò affidato ai pensieri di una guida turistica! A volte mi pareva di guardare la cillà da una distanza incolmabile, da un binocolo rovesciato. La vedevo insulsa, arrogante, terribilmente e vanamente agitala. Che ridicola Sibari sesquipedale, con gli amministratori spocchiosi che non sanno ancora decidersi se la città finisce, dal punto di vista amministrativo, contabile, dove il regio alveo di San Giovanni si confonde con le acque sotterranee del Sebcto o cento metri più a Oriente, oltre lo scalo portuale, ove uno sfasciacarrozze ingentilisce la sua baracca con dei fiori di biancospino ...

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