Linea d'ombra - anno II - n. 10 - giugno 1985

bollito al supermercato, e intanto immergevano i piedi furtivi in una fontana zampillante o cercavano un anfratto per nascondervi l'involucro metallico del rullino. Insomma tutti indaffarati, curiosi, finanche innamorati di quelle lusinghe, ma smaniosi di fuggire, di ritirarsi in albergo e spedire cartoline ai parenti con l'immagine del sileno ebbro che orina sotto lo sguardo divertito della ninfa. li rapporto coi morti accartocciati e melodrammatici nella simulazione di una impossibile fuga, era dei più obliqui e anche dei più comici. Si paravano davanti succhiando caramelle alla menta, con una certa sfrontatezza infantile, o si chinavano a indicarsi il residuo carbonizzato di una pantofolina. Poi rampollava improvvisa la domanda delle domande. "Ma dove sono le catene?" "Questi non sono schiavi! E se lo erano, ciondolavano in casa in perfetta libertà, come animali domestici." "Oh, dov'è il cane alla catena?" "Non qui, non qtii. A Pompei." "Allora ~ono a Pompei gli schiavi alla catena!" "Né a Pompei, né ad Ercolano. Non ci sono da nessuna parte." "Ma il libro dice, a pagina ... " Così all'infinito. Lo schiavo presupponeva la catena; la schiavitù o era incatenata, o non era; d'altra parte i romani che sarebbero mai stati senza i prigionieri inchiavardati, ancorché imploranti? No, non c'erano dubbi, le catene c'erano, ma il magma le aveva·dissolte. Non si torcono troppo, per essere degli uomini "scatenati"? Certe volte il trantran ercolanense era contraddetto da improvvisi, innocenti singulti di esistenza. Una rana saltellava in un pozzo, una zolla di terra sconvolta faceva emergere un lacrimatoio femminile. Ma il resto era nulla! n vevo appreso il mestiere da mio padre. Cazzo! Ero li.i.I cresciuto coll'idea che per conoscere il mondo ma, soprattutto, farlo conoscere, non si potesse e dovesse far altro che la guida turistica. Avete mai parlato di birre anseatiche con viaggiaiori di Amburgo e di tappeti curdi con finanzieri di Teheran? No? Bene, io l'ho fatto! Il guaio era quando si invertivano i termini: una cascata di equivoci, di qui pro quo, ed ecco rischiare la figura di chi vuol vendere tappeti a onesti signori tedeschi o vuol corro"mpere col miraggio dell'alcol islamici e temerati uomini d'affari medio-orientali! A volte mi frullava tutto in mente, voglio dire tutto ciò che mio padre nella sua saggezza e nella sua pazienza mi aveva elargito, e quando mi arrestavo cadevano giù pensieri privi di senso. Tutto appariva sregolato, disordinato ed eccessivo, laddove per mio padre tutto era stato ordinato, calmo e privo di turbolenze. Lui era una guida perfetta, nato per un mondo di perfetti globe-trotter. Un mondo prima del diluvio, quando sugli aerei salivano pochi coraggiosi e !e prenotazioni non conoscevano ancora la gelida frettolosità di impiegati disamorati del loro lavoro. Chi veniva a Pompei, voleva venire giusto quaggiù; non vi capitava suo malgrado, quando il SlORIE/LAMBIASE proposito era quello di sperimentare i casini di Bombay. Le virulenze di mio padre nei miei confronti! Allorché pretendeva che Io accompagnassi coi suoi turisti a Ercolano, in pieno inverno, e dal Vesuvio dilavavano fiumi di fango, al punto che la città sembrava voler scomparire nuovamente sotto una coltre di macerie, Lo ricordo ancora: allontanava i venditori di souvernirs con una voce rabbiosa, lui che era la persona più inoffensiva e docile del mondo. Un travet dei viaggi di solitàrie comitive ecentriche, con nottatacce in quelle piccole pensioni della costiera dove i cani abbaiano fino all'alba. Allora si andava a Sorrento con un tram sempre affollato di venditori di uova andini e quando la carrozza sgangherata era arrivata in cima alla punta di Scutolo, si precipitava verso Meta come da un dirupo boliviano, con i tedeschi sballottolati in una vertigine di azzurro, e lui, mio padre, che cavava dalla tasca una bottiglietta di ammoniaca per le anime più deboli. Povero piccolo padre! Povera carne martoriata ·da infiniti tours privi di sugo! Si riteneva un abilissimo artigiano che proietta la sua immagine in un mondo che non sa che farsene di tanta sapienza d'antan, ma che pure gli richiede la sua tenacia e la sua perizia levantina. Allora Sorrento era un luogo lontano e astrale e Positano più accigliata e buia di Urano! Per i viaggiatori più esigenti vi erano limousine funeree guidate da chauffeur inafferrabili, ex guidatori di carrozze che avevano conservata questa abitudine di camminare quasi sonnecchiando sotto la visiera, per poi spegnere la chiavetta in discesa per risparmiare benzina, con uno stridio di gomme che scarrocciano sull'asfalto e un odore acuto di freni sotto la pressione del piede. Arrivati nella piazza di Sorrento, caffè invasi dalle mosche e cavalli sonnacchiosi vicino alla statua del Tasso, -colto in atteggiamento disamorato e obliquo! Come odiavo quei luoghi, e mio padre che portava i suoi turisti nei limoneti affacciati sul mare a citare in tedesco smozzicato i versi di Goethe, mentre al più m'affascinava l'odore dei negozi di cappelli sul corso, o i banchi di gelato del caffè Maresca, per quei sigilli di verderame sul lucido dei coperchi. Sto pericolosamente divagando, ma devo farlo. Non posso non parlare di mio padre e della sua concezione turistica del mondo. La sua inenarrabile Weltanschauung! Egli s'era consolidato nella convinzione che nulla è più eccellente di un inglese in riva al Mediteraneo e nulla più infido e ridicolo di un belga. Lui che non aveva mai letto Baudelaire e credeva che Stendhal fosse una marca di profumi! Quanto al resto, agli americani era connaturata la ricchezza e la volgarità, ai francesi una frivolezza che faceva argine anche alla stanchezza e alla noia del viaggiare. Da queste proposizioni ne derivavano altre, in forma di corollario. Gli argentini erano sensuali, avidi di vita, spendaccioni e perfetti ballerini.Gli ungheresi collezionavano etichette sulle valigie. Gli spagnoli si imbrillantinavano eternamente i capelli. I giapponesi di notte studiavano il sifone del cesso per carpirne il segreto. Vi erano a volte turisti più esigenti e più stravaganti. Quelli, per capirci, che si limitavano a osservare il via-vai dal balcone dell'albergo, senza fare alcun tentativo di scendere in 83

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