, 82 S10RIE/LAM81ASE dal caldo e dalla differenza delle efelidi. Questi brevi, affannosi viaggi erano più interminabili di una spedizione per la luna. Le soste in stazione erano agonie, attese piene di speranze e di delusioni, stordimenti. Culi elenfatiaci, culini luterani, deretani gallici, chiappe nostrane. Gli inglesi mettevano i sandali sui calzini e guardavano pacificamente nel vuoto. Nella sala d'attesa vi era sempre qualcheduno che si sdraiava su due sedili e cominciava a russare. A volte incrinava il silenzio con un peto formidabile, impetuoso, misurabile in decibel, che per un momento scuoteva dal letargo anche le suore in attesa di raggiungere la fons eburnea di Castellammare di Stabia. Quando finalmente il lampo luminoso del quadro annunciava la partenza, ecco sollevarsi un viaggiatore che si ricordava d'aver lasciato il becco del. gas aperto. Lasciato aperto in Germania, con la sorella che fino all'ultimo lo aveva implorato di dormire con le finestre chiuse, perché le zanzare italiane sono particolarmente nocive! Quel breve viaggio tra Napoli ed Ercolano, tra il mare e il dorso violaceo del vulcano! Dai finestrini i turisti si affacciavano su _queicorti lacci stempiati o su quei cimiteri di automobili come su di un mondo sconosciuto, non ancora toccato dal lampo rassicurante della creazione. Come ripercorrendo il tempo a ritroso vedevano per un attimo sidecars anteguerra di un inenarrabile color topo, oppure turriti orologi con le lancette ferme, tra una mutanda tarlata e uno scacciamosche di ritagli di giornale. Si meravigliavano dei festoni di peperoncini sotto la grondaia, come delle conigliere sui balconi, con gli animaletti che lanciavano segnali disperati con i musetti al vento e le orecchie puntute. Quando salivano i travestiti, la meraviglia si amplificava. Allora vedevo i belgi darsi di gomito, ma educatamente, roteando inquietamente le loro sclerotiche fiamminghe. Non avevano mai visto una tçatralità cosi rapinosa, una così struggente passione per le striature di viola, le calze di nylon, le camicette di seta trasparenti. Un orizzonte di seni saltellanti, di cosce aperte e di bocche maliose era dinanzi a loro; ed essi per timidezza abbassavano gli occhi, ma in un lampo folgoravano la macchia scura del pube, il mistero così innocentemente esibito. -· Affaticati dai caldo e da quella promiscuità così irriverente, una volta giunti mi lanciavano occhiatacce di rimprovero. "E possibile frequentare delle toilettes perlomeno decenti?" Ed invece, anche nel bar più scintillante, s'aprivano indecenti cessi alla turca, con quell'odore di feci e di ammoniaca, e le scritte burlone alla pareti, del tipo: "Voulez vous la fica?", che facevano arrossire anche i più corrivi. A volte eravamo assaliti da sciami molesti di venditori ambulanti lungo il viale che precipita verso i tepidarium. Ci venivano incontro, sorridenti e rissosi, coi loro rid1collss1m1occhtalt a specchio, i ventagli spagnoli di carta, i coltellini con la scritta "Ricordo di Ercolano", perfino gli oggetti impronunciabili: i fratini di creta che improvvisamente mostrano cazzi luciferini o suorine con enormi fiche divoranti, e schiaccianoci in forma di cosce seghellate o pietre del Vesuvio trasformate in bougies. La visita alla città morta era piena di delicatezze e di mostruosità. Era come percorrere una balza infernale. All'ingresso sorgeva la testa il guardiano, occhi deliquescenti e barba sefardita, a ricordare i divieti la cui trasgressione conduce a temibili pene: Non toccare; non incidere sugli affreschi (ma tutti avevano comperato i coltellini souvenirs!); non orinare negli angoli; non fotografare, etc. Proibizioni che sarebbero andate bene per frotte scalmanate di studenti più interessati a leccare il gelato che a seguire gli ammonimenti degli insegnanti, ma che suonavano incredibili per un gruppo di pensionati della Renania. Ma tant'è! TI cartello era di un giallo minaccioso, come era minaccioso il cane mastino con le gengive violacee e un filo di bava pendulo nell'aria. Relitto di età antichissime, mostro addomesticato, veniva fotografato e ammirato, tra osservazioni cariche di meraviglia, mentre v'era sempre l'anima arguta pronta a paragonarlo ai molossi vetrificati dalla lava o alle figurine ruggenti e maiolicate sopra i Baedeker: "Cave canem!" Ciò che più mi colpiva era il fatto che i viaggiatori stranieri erano spesso più interessati dalla scritta "Roman ruins" sul legno, a simulare un antico cartiglio, che dalle rovine stesse, o dallo spessore del tempo, dalla muta aurea che saliva come un vapore estivo dal peristilio monco del tempio di Venus. Bramavano la simulazione del passato, non il passato stesso, così volgare e così poco attraente. Quanto ai turisti italiani, erano sovranamente preoccupati di trovare un muretto scalpellato a dovere sopra cui apparecchiare le colazioni. Ogni volta che venivo tra queste strade, sentivo questa voce insopprimibile che giungeva da lontano, e tanto la mia voce era più incolore nel raccontare la storia del disvelamento di Ercolano (dio santo, quanti anni fa l'avevo imparata, e da chi?), tanto più avvertivo come un tuffo al cuore e la sensazione che non avrei potuto resistere a lungo al dominio meduseo del passato. Se gli altri avessero potuto intuire, mentre mi tenevo in bilico su di una colonna mozzata, a quali forse resistevo! Quali fatiche mi costavano le ba11utesulla inverosimiglianza dei genitali di Apollo o ledescrizioni dei palpeggiamenti nelle palestre gladiatorie! Loro si sarebbero innamorati finanche di una scadente riproduzione di un quadro di Alma Tadema; mentre avrebbero trovato più istruttiva una lettura attenta del dépliant trilingue che moriva nelle loro tasche, di quel vagare sfiancato nel triste decumano dissepolto! Annoiati e allo stesso tempo febbrili, si chinavano sulla bacheca che racchiude gli strigili e i cosciali dei lottatori del circo, per chiedermi dov'erano gli artigli dei leoni adibiti a lacerarli, o come si fa a liberare il ferro dall'ingrommatura di verderame che li ricopre. Avrebbero voluto oggetti rilucenti, da specchiarvisi felici, da collocare come trofei di guerra sul canterano, perché questo imponevano le regole del vivere secondo sapienza. Chiedevano piccoli musei domestici dove gettare alla rinfusa l'oreficeria del passato, con tanti bei cartellini illustrativi, le date in cifre romane e il luogo del ritrovamento, anche se erano capaci di contrattare gli acquisti nella toilette di un treno. Saggiavano la storia come si saggerebbe del
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