ILCREDDOIPILATO Karel Capek Rispose Ges,ì: "Per questo sono venuto al mondo, per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla parte della verità ascolta la mia parola." Gli disse allora Pilato: "Che cos'è la verità?" E, dello questo, usci'di nuovo davanti ai Giudei e disse loro: "lo non trovo in lui nessuna colpa". (Vangelo secondo Giovanni 18, 37-38) a ul far della sera giunse da Pilato un uomo piuttosto stimato in città, di nome Giuseppe d'Ari ma tea, anch'egli discepolo del Cristo, e lo pregò di consegnargli il corpo di Gesù. Pilato acconsentì e disse: "È morto innocente." "Tu stesso l'hai mandato al supplizio" replicò Giuseppe. "Sì, l'ho mandato a morte" rispose Pilato "e la gente è convinta che l'abbia fatto per paura di quel branco di chiassoni con il loro Barabba, mentre cinque soldati sarebbero bastati a calmargli i bollori. No, non è questo il motivo, Giuseppe d' Arimatea." "Non è per questo" riprese a dire dopo un istante. "Ma parlando con lui mi sono reso conto che non sarebbe passato molto tempo prima che i suoi discepoli ne crocifiggessero degli altri: in nome del suo nome, in nome della sua verità crocifiggeranno e tortureranno tutti gli altri, annienteranno ogni altra verità e alzeranno sulle loro spalle altri Barabba. Quest'uomo parlava della verità. Che cos'è la verità? "Voi siete un popolo strano, che si perde molto in parole. Tra voi non ci sono che farisei, profeti, salvatori e altri settari. Chiunque trovi una qualunque verità bandisce tutte le rimanenti. Come se un falegname che ha fabbricato un nuovo tipo di sedia proibisse alla gente di sedersi sulle seggiole costruite prima di lui. Come se per il semplice fatto d'aver trovato una nuova sedia venissero distrutte tutte le vecchie. Ovviamente è possibile che la nuova sedia sia migliore, più bella e più comoda delle precedenti, ma perché, diamine, a un uomo spossato deve essere impedito di riposare su non importa quale misera panca, magari anche rosa dai tarli o in pietra? Si sente a pezzi, sopraffatto dalla fatica, ha bisogno di riprendere fiato, e voi vorreste proprio farlo sloggiare a forza da dove s'è appoggiato sfinito perché si trasferisca sulla vostra sedia. Non vi capisco, Giuseppe." "La verità" ribattè Giuseppe d' Arimatea "non si può paragonare a una sedia o a una sosta; somiglia piuttosto a un ordine che dica: va' qui o là, fa' questo o quello, abbatti il nemico, espugna questa città, punisci il tradimento e altre cose come queste. Chi non ascolta tale ordine è un traditore e un nemico. Ecco come stanno le cose con la verità." "Ah, Giuseppe!" disse Pilato. "Eppure sai bene che sono un soldato e che ho passato la maggior parte della mia vita tra i soldati. Ho sempre obbedito agli ordini, ma non perché fossero la verità. La verità era semmai che mi sentivo stanco o assetato, che avevo nostalgia di mia madre o desideravo la gloria, che quel soldato stava giusto pensando alla sua donna e quell'altro al suo campo o alla sua pariglia di cavalli. La verità era che se non avessero ricevuto ordini, nessuno di quei soldati sarebbe mai partito per andare a uccidere altri uomini affaticati e infelici come loro. Che cos'è dunque la verità? lo credo di esserle almeno un poco vicino se penso ai soldati invece che agli ordini." "La verità non è un ordine del comandante" rispose Giuseppe d' Arimatea, "ma un ordine della ragione. Tu vedi bene che questa colonna è bianca; se io sostenessi che è nera, ciò andrebbe contro la tua ragione e non saresti d'accordo." "Perché no?" disse Pilato. "Direi che devi davvero essere terribilmente tetro e infelice per vedere nera una colonna bianca, tenterei di distrarti un po', m'interesserei sincera• mente di te più di prima. E se poi in definitiva non fosse nient'altro che uno sbaglio, mi direi che anche nel tuo errore c'è tanto della tua anima quanto nella tua verità." "Non esiste una mia verità" disse Giuseppe d' Arima tea. "Non c'è che una sola e unica verità valida per tutti." "E qual è?" "Quella in cui credo." "Ecco, vedi" riprese lentamente a parlare Pilato, "non è altro che la tua verità. Siete come dei bambinetti che credono che tutto quanto il mondo finisca dove arriva il loro sguardo e oltre quel limite non ci sia più nulla. li mondo è grande, Giuseppe, e c'è spazio per molte cose. Cosi penso che anche nella realtà ci sia posto per molte verità. Guarda me: io sono straniero in questo paese e la mia casa paterna è lontana oltre l'orizzonte, pure non dirò che questa contrada non è vera. Altrettanto straniero è per me l'insegnamento di questo vostro Gesù; ho forse di conseguenza motivo d'affermare che è falso? Per quanto mi riguarda, Giuseppe, penso che tutte le terre sono vere, ma bisogna che il mondo sia enormemente vasto perché tutte vi possano entrare l'una accanto all'altra. Se l'Arabia si stendesse là dove c'è il Ponto non sarebbe affatto giusto. Lo stesso accade con le verità. li mondo dovrebbe farsi immensamente grande, accogliente e libero perché possano trovarvi posto tutte le verità che esistono. E io penso, Giuseppe, che il mondo è realmente così. Salendo sulla cima di una montagna molto alta si vedono tutte le cose fondersi e quasi livellarsi in un'unica pianura. Anche le verità, da una tale altezza, si fondono. L'uomo non è fatto per vivere sulle alte montagne, gli basta avere accanto la sua casa o il suo campo, entrambi pieni di verità e di cose: li è il suo vero posto e il centro del suo operare. Ma di tanto in tanto può alzare gli occhi a una montagna o al cielo e dirsi che di lassù le sue verità e cose non cessano certo d'esistere e niente viene loro tolto, ma si fondono con qualcosa di estremamente più vasto e libero, che non è ormai più sua proprietà. Tendere con affetto a questa ampia visione e nello stesso tempo coltivare il proprio piccolo campo, questo, Giuseppe, è qualcosa di simile alla devozione. E io penso che il Padre celeste dell'uomo di cui parliamo esista veramente da qualche parte, ma vada d'amore e d'accordo con Apollo e gli altri dèi. In parte si compenetrano e in parte confinano tra loro. Guarda: nel cielo c'è un'infinita quanti-
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