56 Calhy Berberian (/010 di Fulvia Farassino). emissione, trasmissione e ricezione, nell'accezione più ampia di questi termini. La teoria tedesca della ricezione (Rezeptionstheorie) si situa in una prospelliva analoga quando parla di "concretizzazione" dell'opera lelleraria. È solo a partire da una posizione di principio siffalla che è possibile tentare di particolarizzare l'approccio. Questa particolarizzazione deve operare secondo due assi: - l'uno, relativo alla modellizzazione dei falli "poetici": per esempio, alle modalità che costituiscono, nella cultura occidentale del XX secolo, il fallo "letterario"· - l'al;ro, relativo alle condizioni temporali e spaziali. Queste doppia particolarizzazione costituisce, sul piano epistemologico, la condizione sine qua non della validità di ogni discorso critico. E. solo tramite questo approccio, e al di là delle conseguenze che essa comporta e dei risultati a cui conduce, che si può operare una concentrazione sul testo stesso. Ma forse, dicendo questo, faccio mio malgrado un errore etnocentrico! forse questo percorso non è possibile che nello studio delle tradizioni poetiche e lellerarie, e sarebbe risibile nell'immenso dominio delle poesie tradizionali dall'Africa? In effelli, nelle forme poetiche trasmesse dalla voce (e anche quando siano state preliminarmente composte per iscrillo), l'autonomia relativa del testo in rapporto all'opera diminuisce molto: si può supporre che, al limite, l'effello testuale svanisca, e che l'intero spazio dell'opera sia investito da elementi di performance non testuali, quali la persona e la recitazione dell'interprete, l'uditorio, le circostanze, l'ambiente culturale, e, in profondità, le relazioni intersoggettive, i rapporti tra la rappresentazione e il vissuto. Una poetica della scrillura può in qualche caso fingere di ignorare alcuni di questi elementi; una poetica della voce non lo può fare mai. È dunque intenzionalmente che nel mio libro ho parlato della poesia vocale in termini tali da poter essere applicati alla scrillura lelleraria. Sono convinto in effetti che l'idea di performance dovrebbe essere largamente estesa; essa dovrebbe inglobare l'insieme dei falli compresi oggi dalla parola ricezione, ma rapportandoli al momento decisivo (drammatico nel senso greco della parola) in cui tulli questi elementi si cristallizzano entro e attraverso una percezione sensoriale - cioè un impegno del corpo. Mi sembra del resto che è in una direzione simile che la critica, da poco e a volte confusamente, si sta impegnando. Fin da adesso il termine e l'idea di performance tendono (quantomeno nell'uso anglosassone) a ricoprire tulle le specie di teatralità: ecco un segno. Ogni "lelleratura" non è, fondamentalmente, teatro? Riprendendo in parte laprecedente domanda, vorrei tornare su una questione di metodo e di scelte teoriche. Langue et techniques poétiques à l'époque romane fu nel /963 un libro anticipatore, per l'apertura degli studi medioevali romanzi a/l'analisiformale e a problematiche suggerite dalla linguistica teorica, e segnò in assoluto un episodio importante nella ripresa del formalismo in Europa. Nel 1972, /'Essai de poétique médiévale dimostrava la sua disponibilità verso i modelli semiologici, accettati criticamente, ma anche con generosità e comprensione per quanto di nuovo era avvenuto nella critica di quegli anni. La presenza della voce segna, mi pare, una correzione di rotta rispetto all'indirizzo neoformalistico, ponendo invece enfasi sulle condizioni pragmatiche di esistenza della poesia e sulla funzione del destinatario. Si tratta di una scelta condizionata da/l'oggetto (l'oralità) o Lei ritiene che sia necessario un superamento del formalismo (pur senza svalutare la qualità e l'enorme quantità di risultati acquisiti negli anni Sessanta-Settanta); e se s,: in che direzione? Constato in effelli che da venticinque anni si delinea allraverso i miei libri un itinerario le cui tappe sembrano essere state dellate dall'evoluzione delle ricerche linguistiche. Questo non è stato intenzionale. È un fallo, che risulta dall'interesse che ho sempre nutrito per la linguistica, di cui ho seguito l'evoluzione senza mai aderire fermamente a una dourina particolare. Lo strutturalismo di Jakobson mi ha segnato fortemente e per molti anni; credo di essere passato oltre, ma ne rimango assai arricchito. Su questi punti mi sono spiegato in Leggere il Medioevo. Su questa linea, La presenza della voce manifesta l'influenza della pragmatica - a cui facevo riferimento poco fa. Senza dubbio, a proposito della poesia vocale, una linguistica pragmatica si imponeva in ogni modo, e in questo senso si può dire che nel mio libro la scelta della dollrina è stata determinata dalla natura dell'oggello. Ma in effeui una concezione pragmatica del linguaggio (quali ne siano l'apparato conceuuale e il vocabolario) mi sembra, nel contesto intellelluale odierno il mezzo migliore di percepire la complessità, la ambiguità, la eterogeneità dei numerosi elementi che compongono la performance; e questo resta vero nella prospeuiva, che ho appena ricordato, di una esecuzione intesa come totalità di ricezione.
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