Linea d'ombra - anno II - n. 10 - giugno 1985

causa il più illustre e forse anche più discusso fra gli ebrei cosiddetti assimilati: Franz Kafka. Come sapete, si susseguo• no tull 'ora le discussioni se Kafka debba essere considerato o meno uno scrittore prettamente ebraico. Viene tirato un po' da una pane e un po' dall'altra. Anche di lui, comunque-così come degli ebrei di cui parlavo in precedenza· si sonolineano certi improvvisi ritorni dì fiamma, certe incuriosite introspezioni anorno alle proprie radici. Ebbene, sentiamo come proprio un critico ebreo, Cesare Cases, nega una rigida speci• ficità ebraica dell'ebreo Kafka. Sono parole assai illuminanti: "Kafka intuiva che la difficoltà di mantenere l'identità che caranerizzava gli ebrei occidentali stava diventando il probi e• ma di 1u11igli uomini e quindi occorreva andare a fondo in questa direzione, trasformando la vicenda dell'ebreo in una parabola della vicenda umana in cui dell'ebreo sarebbe rima· sta soltanto l'iniziale dell'autore ... uno stile in cui il quotidia• no e il dimesso aningono direnamente all'universale". La nostra è un'epoca di travaglio universale in cui, pur senza la lucidità e la genialità di Kafka, molti altri si troveran· no sul suo stesso crinale di rinessione. Se la vicenda dell'ebreo può trasformarsi in "una parabola della vicenda umana" ciò dipende anche dal fano che la questione ebraica, in tulla la sua tragicità, può essere considerata una delle chiavi fonda• mentali di interpretazione di questo ultimo secolo (ìnsiem~ alle rivoluzioni socialiste e all'emergere del terzo mondo). E stata una sorta di drammatica cartina di tornasole nel corso della crisi della centralità dell'Europa. A questo proposito si può anzi, paradossalmente, aggi un• gere che di questi tempi in Italia (specie dopo le opposte manifestazioni, gli allentati e idiballiti legati all'invasione del Libano) in certi ambienti essere ebrei è diventato quasi uno status symbol. 11 fenomeno, che riguarda essenzialmente ebrei e mezzi ebrei miei simili, cioè "pericolosamente prossimi all'assimilazione" quando non invece "ex assimilati", orgo· gliosi di sventolare anche solo una parziale e indi rena ascen· <lenza semita, il fenomeno - dicevo - è curioso, interessante, ma se permenete ai miei occhi anche un pochino fastidioso. Conosco casi di folgorazione addirillura plateale, ho visto gente che identificandosi nel suo unico vecchio nonno ebreo ha dato vita a delle vere e proprie sedute di autocoscienza in cui la ricerca delle radici comportava di nuovo una sorta di abdicazione dalle proprie precedenti acquisizioni di ordine razionale, e la stessa psicanalisi applicata alla condizione ebraicarischiavadi assumereun'intonazione puramentemitica. Sia ben chiaro, questa è solo la confessione di una cena mia istintiva diffidenza, non è la critica di un fenomeno culturale. Come se certe persone, vista andare in crisi la propria diversità militante sessantollesca, terrorizzate però dall'idea di una definitiva normalizzazione, cercassero rifugio in una nuova diversità ebraica. Resta comunque più reale, sincero, profondo e anche significativo che mai il travaglio di queste non poche persone, che vivono al di fuori della comunità israelitica e che magari -con un paradosso solo apparente• hanno avvertito il bisogno di una riscoperta della propria identità ebraica proprio a DISCUSSIONE/LERNER partire da un rifiuto, da una presa di distanze nei confronti della politica e della cultura dominanti in questo momento in Israele. Non si è trallato infani del semplice riproporsi di cene tradizionali forme di ostilità anti-israeliana tipiche della sinistra. Anzi, la prima ronura si è verificata semmai fra questi ebrei e l'inadeguatezza culturale, l'incapacità di capire della sinistra. A ciò è seguita una riflessione introspettiva, spesso solitaria, da cui sono derivati questi nuovi bisogni di cui parliamo. È pensando anche a queste realtà, non solo italiane, e non circoscrivibili soltanto agli ambiti della sinistra, che ritorno a quell'affermazione di Levi sul mutato baricentro dell'ebraismo. C'è un auspicio da più parti ripetuto: "l'integrazione degli ebrei nei loro paesi di residenza non deve comportare la loro assimilazione, cioè la loro scomparsa". D'accordo, ma questo auspicio non va a mio parere interpretato come un invito ad un serrate le fila interno alle comunità, ad una semplice intensificazione dell'anività separata. È più che spiegabile che ad un simile invito molti ebrei, forse la maggioranza degli ebrei, si sentano estranei. Quell'invito io lo sento rivolto anche e sopra11u110 agli altri di cui parlavo citando Kafka. Quelli che disdegnano le relazioni interne ad una comunità chiusa ma che invece sono portati per condizione oggeniva e predisposizione culturale ad affrontare con costante ~enso critico (tipicamente ebraico), magari assumendo ruoli di vera e propria coscienza critica· cioè collocandosi in opposizione al cinismo pur così diffuso · i problemi della propria vita e dei propri tempi. Nè solo di senso critico, si trata. Il passaggio e la sopravvivenza della cultura ebraica in mezzo alle persecuzioni del XX secolo, sono stati il tramite di un'estrema, universale estensione del messiancsimo. Accanto alla minaccia del Dio giudice del Vecchio testamento sì è imposto il messaggio di superiorità culturale non violenta del debole posto di fronte ai meccanismi più spietati della società. Mai come oggi, in un mondo che si è al tempo stesso sempre più rimpicciolito e spaccato al proprio interno, oltre che avvicinato al baratro di una tragedia assoluta come quella nucleare, mai come oggi ha avuto senso auspicare lo sviluppo di un simile valore universale rappresentato dalla condizione ebraica. Che è poi l'esano contrario, universalistico, di certe mitologie semite o antisemite sul popolo ele110, e anche di tuni i senarismi purtroppo risorgenti di cui non si sente davvero il bisogno. 11 fallo che a questo crinale di rinessione si approdi non solo dal versante ebraico, ma anche da altri percorsi culturali non è segno di assimilazione ma semmai di accresciuta responsabilità. Certo, so che di questi tempi in Israele c'è anche chi propone norme restrinive per stabilire chi è ebreo e chi no, ritenendo forse che questa è l'unica via di salvataggio del popolo ebraico. Agli occhi di costoro credo che chi vi parla non sia altro che un rinnegato, e se mai avrà dei figli saranno solo dei "bastardi" senza più identità. Spero che voi la pensiate diversamente e non vi lasciate terrorizzare da tutti i possibili confronti, incroci, arricchimenti che la vita oggi offre, insieme ai suoi altrellanto formidabili pericoli. 41

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