Linea d'ombra - anno II - n. 10 - giugno 1985

dell'ospedale psichiatrico, che circola nel film. Di fatto, è il caos, cui sembra alludere ciò che viene prima del nome ... Fin dall'inizio è chiaro, insomma, che potremo riconoscere la figura della Zingara solo attraverso la corrosione della caricatura. C'è e non c'è. C'è, ma non è una sigaraia. Oltre che nipote di zio Jean-Godard, è una terrorista. C'è, ma non si occupa di contrabbando, si occupa di rapine in banca per finanziare il suo gruppo e sembra anche voler girare un film stanando zio Jean dall'ospedale psichiatrico. Stessa cosa per don José. È sempre wna divisa, ma a guardia di una banca: quella che rapinerà Carmen. Avrebbe potuto essere un modo di rendere attuale la storia della Zingara. Ma Godard si è guardato· bene dal raccontare questa storia, ce la fa riconoscere attraverso gli ammiccamenti della deformazione, fino alla morte della protagonista: caduta sotto i colpi di un mitra, non più sotto la lama di un coltello. Ma non volere abbandonarsi al racconto, cui invece inviterebbe sempre l'hypocrite spectateur. è il segno che non ci sono più illusioni.da offrire e da offrirsi. Rifiutare un mito scomponendolo e interpolandovi con ironia un quartetto d'archi che prova e riprova Beethoven, o la propria follia, che s'interroga in modo nascostamente saggio come tutte le follie,è il tentativo di riflettere, il solo senso possibile, del resto, dal momento che difficilmente conosceremo con Godard una direzione di marcia. L'atmosfera è sempre quella, fintamente dinamitarda, apocalittica di Pierrot /efou che vaga in una specie di foresta, con la sua donna che si lamenta: "Je sais pas quoi faire! Je voudrais avoir qualche chose à faire!". Ma ora Pierrot lefouè maturo, è invecchiato. E questo vuol dire che sa che non ha più nulla da fare, mentre la sua ipotetica donna, la nipote tortuosamente desiderata sembra essersi fatta vitale e attivissima. Ma dell'oscurità dell'azione, di ogni azione più o meno esplosiva, Carmen rimane lo stesso ambigua e arrogante messaggera. Sempre scomoda e pruriginosa presenza per il vecchio zio Jean-Godard, che non riesce a resistere alla tentazione di filmare come il latte materno, a più riprese, la spuma del mare. O ciò che è prima del nome, forse: e qualche volta può anche essere un tantino di banalità ... L'elemento più fraterno del film, che lo sottrae all'ambiguo ricorso al mito di tutte le altre interpretazioni, è una malinconia di fondo, un masochismo, a tratti dolce e quieto (come nella malat1ia mentale, talvolta), che potrebbe anche chiamarsi rassegnazione. Tutti, nel film, hanno inseguito un sogno irrealizzabile: il soldatino dietro a Carmen, i terroristi dietro alla rivoluzione. Anche Carmen ha inseguito un suo sogno: un luogo dove gli innocenti stiano tutti da una parte e i colpevoli, dall'altra. E zio Jean-Godard? Ha sognato tutte queste cose insieme, e dell'altro ancora. La finzione stessa, ma questa finzione disintegrata, in assenza di storia, di storie amorose e di passione, si arrende nella caricatura di sé. Zio Jean sembra essere il vero Mai-Aimé della situazione, sì, ma senza più gli infantili connotati delle storie d'amore e morte. Questa volta a respjnDISCUSSIONE/SCNl•O gere, a passare oltre, a non lasciarsi capire, è la realtà stessa, solo ironicamente confusa con una figura di donna. Il ciclo del Mal-Aimé può considerarsi concluso: respinto senza appello. Nonostante tulio, la ricerca dell'errore("Non è la vita il valore più grande, è l'errore, capire dove c'è stato errore", dice la giovane violinista del quartetto) rimane fondamentale. Giacché è la stessa categoria del possibile che sembra essere diventata di difficile reperimento, mentre la sensazione di trovarsi sotto l'influsso di forze oscure e di non capire molto rimane dominante. Sembra un degno punto di arrivo del viaggio simbolico che abbiamo intrapreso all'inizio in compagnia del Mal-A imé e del Sedutlore: il loro dissolvimento corrosivo, ma anche fragile, scoperto, nella domanda. 2.000.000di copie in tutto il mondo DAVIDYALLOP IN NOME DI DIO LA MORTE DI PAPA LUCIANI pag. 350, 66 fotografie, L. 16.800 TULLIOPIRONTI EDITORE Nella notte tra il 28 e il 29 settembre del 1978, Giovanni PaoloI, Albino Luciani,morivaappena trentatre giornidopola sua elezionea Papa. La causa della morte:infarto del miocardio, come fu annunziatodal Vaticano alla stampa mondiale. I dubbi, i sospetti su questa morteimprovvisafurono subito liquidati come dicerie. Oavid Yallop cominciò la sua indagine a proposito di que• sta morte su richiesta di alcuni personaggi residenti nellaCit• tà del Valicano, turbati dal fatto che erano state tenute nascoste alcune delle circostanze in cui era avvenuta la scoperta del corpo del Papa. Tre anni di intense ricerche hanno permesso a Yallop di scoprire . come aveva già fatto Albino Luciani • che esisteva in Vaticano una catena di corruzione che legava tra loro importanti prelati, banchieri, esponenti dell'alta finanza. Papa Luciani, sostiene Yallop, aveva deciso di fare piazza pulita, di eliminare questo torbido intreccio. Di qui l'idea del complotto che ne avrebbe provocato la morte. Sei uominr in particolare erano interessati a che l'operazione di pulizia intrapresa dal Papa non andasse in porto: monsignor Marcinkus, presidente dello IOR; il segretario di Stato Jean Villo! (che Luciani voleva sostituire); il banchiere Michele Sindona; l'altro banchiere, Guido Calvi; il cardinale arcivescovo di Chicago, Cody; e infine il "Burattinaio" Licio Gelli, l'uomo della P2,al centro di tutte le trame oscure che, in questi anni, hanno avvelenato l'Italia. In questo libro· tradotto finora in 35 paesi, due milioni di copie vendute• Yallop spiega come e perché è giunto alla conclusione che Albino Luciani fu assassinato. 31

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==