Linea d'ombra - anno II - n. 10 - giugno 1985

30 DISCUSSIONE/SCNl_,O cambiamenti, ed il sacrificio di sé come principio assoluto, anche se regalmente offerto, non appartiene più• almeno tra le donne• agli ideali del nostro tempo. Ciò comporta la perdita, soprattutto per gli uomini, di una figura materna (almeno simbolicamente) disposta senza discutere a custodire la loro vita, a sopportarla. e per molte donne comporta la perdita di una funzione, che era un modo di collocarsi accanto all'uomo: complementarietà subalterna che assopiva ogni tentazigne di antagonismo. Non è forse un caso, allora, se opposta a questa rassicuran• te figura che scompare, riesploda da qualche tempo, con tanta insistenza, l'aggressiva e battagliera figura della Zingara. Con altrettanta sospetta insistenza il riapparire di Carmen si porta dietro un tema, che fu molto caro a Nietzsche, il quale, come si sa, amò l'opera di Bizct, e non solo per un uso strumentale nella polemica con Wagner. È la guerra tra i sessi che viene riproposta, più o meno velatamente, la antica visione biblica di una situazione mai pacificata tra uomo e donna: dove la donna non sottomessa appare fatale all'uomo e la libertà fatale alla donna. Questo può anche essere un modo più realistico di ricordarsi che esistono dei rapporti di forza, ma riproponendo questo concetto attraverso il personaggio di Carmen, che paga con la vita stessa a desiderio di libertà, quale messaggio ci viene inviato? Si tratta di pura coincidenza, ovvero è un monito larvatamente minaccioso, reso lieve dalla seduzione dell'arte? Forse il balletto che Antonio Gades e Cristina Hoyos hanno portato in giro per l'Europa rivela quest'altra Carmen, defraudata e in pericolo. Non la Carmen, proterva e impavida, di Bizet-Mérimée, pronta a morire pur di rimanere libera, ma un gracile simbolo, reso a tratti grottesco dall'eccesso di tenebrosa stilizzazione, indifeso nella sua rossa mantilla, mentre la sua malia, svuotata di potere, è mirabilmente risucchiata, come per caso, da un donJosé capoballerinoe amante, più seducente che sedotto, che esordisce da domatore battendo le mani davanti ai suoi ballerini perfettamente allineati. Prime alla Scala Dunque, il messaggio è stato realmente inviato. Lo conf erma la Carmen bifronte che emerge dalle attuali interpretazio• ni: ora aggressiva e libera, ora completamente privata (come nei brutti periodi, la Strega di Michele!) dei suoi inquietanti poteri. Ed è molto curioso notare come la Carmen, che ci viene dalla Spagna, ricordi cosi singolarmente quella che ci è stata offerta lo scorso dicembre alla Scala dalla regia di Piero Faggioni e la direzione di Claudio Abbado. Nella loro interpretazione dell'opera si fa, infatti, ancora più esplicito quanto traspare dal bàlletto di Gades, anticipato dal film di Saura. La Zingara è ormai vista come una pura ossessione, una figura disincarnata della mente di don José, sconvolto data follia amorosa. Con garbo filologico, col prete• sto di rifarsi al solito Mérimée, la si svuota di ogni soffio di vita, come se fosse così semplice mescolare correttamente un testo letterario e una partitura musicale scritta su un libretto, ·he aveva apportato profonde modifiche a quel testo. Ma l'atmosfera spagnoleggiante di questa regia ha, tutta• via, il merito di chiarire in modo più esplicito l'altra "faccia" di Carmen, la faccia debole. El sueno de la razòn produce monstruos, come si sa. Riducendo la protagonista a fantasia solipsistica di un innamorato, il regista sembra voler denunciare il soggettivismo come proprio di ogni passione, l'incapacità di rapporti reali di ogni innamoramento. Di fatto, non solo stravolge l'opera di Bizet, ma pone come irreale oggetto di desiderio quella Carmen che si"pone soprattutto come soggetto di desiderio. La trasforma in simbolo-fantoccio dello stato passionale di un uomo; che diviene di fatto il protagonista. Ma senza la mordace ironia di un Bunuel, questo ogget• to del desiderio appare, lungo lo snodarsi della vicenda, sempre più oscuro, anzi completamente oscurato. Ciò corrisponde, in parte, in questo pro_liferare di Carmen, allo sforzo per trovare l'elemento di distinzione a tutti i costi. "La mia Carmen'" dice ogni regista, ogni direttore con atteggiamento di legittimo proprietario. Ma il buffo è che, a questo punto, Carmen non c'è più! È sparita, si è dissolta. Maligna• mente, ma non poi tanto.si potrebbe supporre che il Mal-Aimé si sia vendicato, questa volta, in due modi. Il secondo modo è meno rozzo ma non meno violento: iA più, trascina nella sua vendetta non solo Carmen ma tutta l'opera. Partendo dalla constatazione, non priva di qualche fondamento, che la passione amorosa sia soprattutto delirio, e che essa crea il proprio oggetto come una madre il proprio figlio, la regia di Piero Faggioni sopprime ogni parvenza di alterità, ogni tentativo-maschile di delineare, pur attraverso lo schermo del proprio sesso, il femminino. Ma con la soppressione di Carmen come alterità seduttiva, vitale, di fatto tutto lo spirito dell'opera è tradito. Segue la giusta punizione: una noia mortale. L'edizione scaligera dell'opera è stata, tuttavia, un'operazione molto coerente, da un punto di vista culturale, conferma di un certo viaggio simbolico dell'immaginario maschile, ma poco felice da un punto di vista artistico, lontana come siè dimostrata dall'atmosfera di Bizet, ma anche da quella di Mérimée, così asciutta e ignara da tenebrosi furori. Godard le fou In mezzo a tutte queste interpretazioni, il film di Godard Prénom Carmen appare una specie di sano e salutare sberleffo. Ha la libertà e suscita la simpatia di chi, invece di rinfocolare certi miti, li prende in giro nel momento in cui prende in giro anche se stesso. Un esempio? La famosa habanera, L'amour est un oiseau rebelle. fischiettata da.un pazzo nei giardini di un ospedale psichiatrico. Qui risiede infatti zio Jean-Godard, visitato da una nipote che ha come prénom Carmen e che a tempo per6o, ma con una strana aria assona, si interroga su che cosa venga prima del prénom. Questa domanda si rivela poi centrale. È la dissoluzione, attraverso le immagini,· ma non solo della ihdividualità di Carmen, giacché anche l'hypocrite spectateur viene coinvolto nel crollo di ogni speranza, di ogni utopia, legato per qualche ora alla mancanza di senso

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