Linea d'ombra - anno II - n. 10 - giugno 1985

Campus americof/O (foto di Grace I Sygma). ccuuali raffinatissimi (esemplare a modo suo l'analisi qui riponata del funzionamento semantico dì Disneyland, anche se a condurla è lo studioso francese L. Ma rin), l'impegno assiduo nella professione ma intriso di rimpianto per periodi migliori (di W.C. Booth per esempio, che ricorda un passato nel quale i critici non reputavano "folle" l'amore per la leheratura, né credevano che il confronto delle opinioni fosse una variante della lotca per la vita) compongono un paradigma di atteggiamenti sui quali - qui e oggi - occorrerebbe riflettere. Il volume si chiude con una lunga e preziosa intervista. Protagonisti ne sono i due condirettori della rivista di Berkeley represe111ario11s (che ha iniziato le sue pubblicazioni nel febbraio del 1983) Stephen Grcenblatt, specialista di letteratura e storia del Rinascimento, e Svetlana Alpers, storica dell'arte allieva di E.H. Gombrich e autrice del notevole Arte del descrh1ere. Scienza e piuura nel Seicemo Olamlese pubblicato di recente da Boringhieri. L'intervista corre intorno a diversi aspetti di un nodo problematico fondamentale, al centro delle indagini stesse della rivista: il tentativo di definire nuove forme di rapporto fra il sociale e il letterario, di rintracciare le dimensioni di socialità intrinseche allo spazio artistico sulla scorta di un approccio fortemente interdisciplinare. La via può essere quella - come dice S. Alpers - che da un superamento del "modello tcsrnale dei significati e della comunicazione" si rivolga alle "circostanze della produzione culturale" provando, per esempio, a fondare una "concezione ma1erialistica, anziché idealis1ica, delle intenzioni" degli autori, o cercando di passare da "un discorso di verità ad un discorso di piacere e interessi" {pp. I 18-9). Tuttavia un punto particolarmente nevralgico, rilevante in assoluro, viene toccato da Greenblau quando. sollecitato con insistenza da Ceserani riguardo alle forme possibili di relazione fra critica ermeneutica e sociologica, indica la loro contrapposizione come "falsa e SCHEDE/SAGGI distru1tiva" e responsabile di un'immagine astraila, non situata, del destinatario. Viene FANTASMINICERCDA'AUTORE qui, credo, messa in evidenza una debolezza vistosa della critica americana: l'assenza di Maria Del Sapio una concezione adeguatamellle articolata e concreta del momento della fruizione dei testi letterari. Paradossalmente si discute molto di le11ura (si pensi al lungo diballito sull'interpretazione che ha coinvolto un grande numero di critici, da Hirsch a Hanman a Fish) ma l'immagine dei destinatari tende a oscillare tra i modelli parziali e non comunicanti di un fruitore astratto - universale - l'uomo comune di ogni tempo - di un interprete altamente professionale e qualificato - il critico - oppure, all'opposto, di un destinatario statistico (l'entità numerica e sociologica che sta alle spalle delle grandi tirature dei best-sellers). Sembra far difeuo la capacità di costruire un concetto di pubblico al quale non venga affidato solo il compito di un gesto passivo di assenso o dissenso, né soltanto la funzione scientifica di compiere un'interpretazione valida. Ai caraucri di storicità e socialità va infatti unito il riconoscimento della funzione attiva che il pubblico svolge ranto nella genesi dei testi - quale termine di riferimento del progetto creativo dell'autore - quanto nella sanzione concreta della loro esistenza intcrsoggettiva. Individualità e socialità, quantitativo e qualitativo si mediano, non si contrappongono. Si gioca qui, mi pare, la possibilità di fondare un nuovo punto di vista organico e unitario dal quale rileggere i fenomeni variegati della le11erarictà. Come si vede, è folto l'insieme di questioni che il saggio rintraccia nel dibattito d'oltreoceano e pone sul tappeto. Difficile seguirle tutte. Certo, nel corso della lettura a tratti si è preda di un senso di frustrazione, di attesa delusa quando alla puntuale capacità di cogliere i nessi problematici non segue una tra trazione adeguatamente approfondita. Tu11avia l'ambito in cui il lavoro deve essere misurato è quello dichiarato dal titolo - "un breve viaggio .. - e su questo piano si raccomanda per l'utilità informativa e lo sguardo sicuro e vivace. C'è un bellissiroo saggio di Charles Lamb intitolato alle streghe e ai terrori notturni della sua infanzia ( Witches, and Other Night Fears. 1821) in cui il bambino, irretito dai propri fantasmi, tende gelosamente la sua tela segreta verso un mondo antico ancora pervaso di magia. Di quel mondo, che si fa raccontare da serali voci di donna - la balia e una zia - e che sopravvive nel sogno, il piccolo Lamb scova tracce tangibili in un voluminoso libro in due tomi: una raccolta di storie del Vecchio Testaroento, ciascuna miseramente piegata alle leggi della verosimiglianza da una serie di scettiche obiezioni puntigliosamente seguite da modeste proposte di razionali soluzioni. Eppure è proprio nelle pieghe di questa appagante testimonianza di mediocre fede positiva che il piccolo Lamb trova di che far scintillare un infantile desiderio di credulità destinato al silenzio. C'è una terribile illustrazione di quel libro, la strega di Endor che per Saul fa apparire Samuele dal regno dei morti, a cui il suo occhio interiore con atterrita morbosità non cessa di andare per attingere una forma, un corpo da dare ai suoi visitatori notturni. I quali sopravvivono così stretti ai lati dal dubbio, ma non per questo sono possenti e terrificanti. Complice la vista interiore fattasi più scaltra, più lunga e più sottile, il fantasma riesce ancora a farsi vedere, magari in controluce, sul retro e negli interstizi di un sapere innalzato per espellerlo. Le fasi di questo traffico illecito con i fantasmi di ciò che non trova un posto nell'ordine del reale si possono seguire attraverso la storia di circa due secoli di letteratura "gotica··, inglese e americana, che David Punter percorre fin nelle sue odierne emanazioni cinematografiche alla ricerca delle ragioni srorico-culturali della paura e del significato psicologico dei simboli che di volta in volta le danno forma (la letteratura del terrore. Editori Riuniti 1985). Non è un caso, fa notare Punter, che una letteratura del terrore emerga prepotentemente col romanzo gotico nel secolo delrlllumirrismo - il secolo delle filosofie razionali e dell'affermazione del romanzo nella sua forma realistica~ assumendo su di sé, e nelle sembianze distorte del mostruoso, l'espressione di stati della psiche per i quali non viene data spiegazione razionale e che comunque non si aprono alle normali modali119

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