Linea d'ombra - anno II - n. 10 - giugno 1985

112 SCHEDE/SlORIE sa e procedono assimilandola con naturalez• za nel racconto (come nella descrizione degli amori clandestini di Tomas o nel clima politico - e poliziesco- di Praga in mano sovietica o, ancora, nel bellissimo capitolo sulla morte di Karenin, il cane di Tereza). Più spesso, però, pur rimanendo di alta qualità, il racconto tende a lasciarsi risucchiare dalle riflessioni, dai pensieri "a voce alta". E non sempre, questi ultimi, appaiono privi di banalità o di con!~nuti discutibili proposti invece come ow11. Perché mai, per esempio, per tornare a un'idea-chiave del libro, "ciò che avviene una sola volta è come se non fosse mai avvenuto"? Non è piuttosto vero il contrario, cioè che non vi è nulla di meno effimero, di meno leggero, di ciò che è unico? La vita è breve, come è noto, e fragile, ma non è proprio per questo che vi siamo così tenacemente abbarbicati? Non è necessario che le nostre azioni debbano eternamente ritornare come le abbiamo compiute una volta, per essere intrise di responsabilità. L'unicità della nostra vita non conferisce loro alcuna speciale "'circostanza attenuante"': anzi, esaspera il problema della loro valenza "morale", lo rende più ··pesante", soprattutto in un mondo condizionato dai rapporti di forMilan Kundera. za tra gli individui. Come dice Kundera, con i pensieri di Tereza,,"la vera bontà dell'uomo si può manifestare in tutta purezza e libertà solo nei confronti di chi non rappresenta alcuna forza. Il vero esame morale dell'umanità, l'esame fondamentale è il suo rapporto con coloro che sono alla sua mercè"'. Qui Kundera sottolinea in particolare il rapporto di dominio brutale istituito dall'uomo verso gli animali e legittimato da una tradizione culturale millenaria, dal Genesi a Descartes, ma il discorso potrebbe estendersi agli stessi rapporti interumani. Kundera descrive benissimo lo smarrimento profondo di chi si trova coinvolto nel declino delle ideologie e dei "grandi valori" (appunto, dal Genesi al razionalismo moderno) e si sente alla mercè dei Poteri, vecchi e nuovi, del Mercato e dello Stato, e ha disgusto delle varie forme di kitsch in cui si distillano e si celebrano le retoriche dominanti in ogni parte del mondo. Nella narrazione vera e propria sono le incertezze e le inerzie di Tomas a marcare questo smarrimento, insieme alle inquietudini e agli slanci di Tereza e alle insofferenze di Sabina. Nella vicenda del cane Karellin -ma anche, sullo sfondo, delle innumereovli vittime umane delle repressioni - rintracciamo invece il segno della brutalità dei domini consolidati, inamovibili. In queste pagine il romanzo offre il meglio di sé, confermando, con l'alta qualità della scrittura, la capacità di scavo e di rivelazione del Kundera già conosciuto. Ma il libro infine lascia piuttosto la sensazione di una fusione imperfetta, dove il congegno narrativo mal si assortisce con la "'filosofia". Quest'ultima più volte si giustappone al racconto e si esplicita invece di filtrare dal racconto stesso. Cosi, in questo scambio irrisolto tra i due registri letterari, il romanzo tende a dislocarsi in due distinte dimensioni, nessuna delle quali ottiene piena giustizia. Anche per questo, probabilmente, il contenuto etico-politico lascia perplessi. Kundera oscilla tra la tentazione del cinismo, di una amara a-moralità, e una dichiarazione di smarrita impotenza. In questa situazione, divisa tra una cappa di oppressione e i residui di un libero arbitrio circoscritto a piccole nicchie dell'esperienza personale, la vita appare in balia, oltre che dei Poteri, del Caso. In sé, questa risulterebbe una riflessione piuttosto ovvia, se non fosse per una ulteriore discutibile generali~zazione: "solo il caso ci parla, ciò che avviene per necessità è muto" (p. 56), dal tono inutilmente oracolare (non è la sola, in verità). Perché mai il Caso, che attraverso una serie imprevedibile di eventi, ci fa incontrare con la persona di cui ci innamoreremo dovrebbe essere più importante del nostro bisogno di amare? Kundera sembra sostenerlo a proposito di Tomas e Tereza, trasformando così il Caso nell'altra faccia, volubile ma non meno tirannica, del Potere e annullando il peso delle volontà individuali e collettive di chi non dispone di Potenza e di Fortuna - di chi, cioè, è "debole", inerme. Non è forse senza significato che questa lettura sia molto piaciuta a certa critica, a certe correnti culturali, che hanno trovato nella propria esibita impotenza di fronte alla Storia un alibi, una ragione di disimpegno (se non, peggio, di corruzione e compromissione). L·essere, la vita, hanno una consistenza minima, leggera più del vento, ma rappresentano tutto ciò che siamo e che abbiamo. Cadute o ridotte a kitsch le ideologie, come i Grandi Principi, irrigidite le Rivoluzioni in tirannie e fattesi malcerte, spesso vuote, le Democrazie - e con le nostre stesse esistenze personali insidiate e rese inquiete - rimane, per chi ha voglia e cuore, la necessità, il "dovere" di esplorare altre vie o liberare sentieri più vecchi, ostruiti, percorsi-rifugio di solidarietà e tutela per gli inermi di tutte le specie viventi. Leggerissima nella storia, la loro eterna sconfitta continua a sembrarci pesantissima e, fra le cose "destinate., a ripetersi, la meno casuale, la più insostenibile fra tutte. NEI PROSSIMI NUMERI DI LINEA D'OMBRA: racconti, saggi, poesie, fumetti, interviste, recensioni Allred Diiblln, Joao Gulmaraes Rosa, Henry Rolh, lngeborg Bachmann, alhanael Wesl, Chrislopher lsherwood, Jordan Radickov, Jean Rhys, Clarice Lispeclor, Sam Shepard, Julien Gracq, Timolhy Findley, Ling Shu-Hua, Slanley Kubrick, Eugenio Barba, Heiner Miiller, Ani la Dessi. Raniero Panzieri. Silvio Guamieri, Giovanni Giudici, Francesco Ciafaloni, Piergiorgio Bellocchio, Mario Schifano, Remo Ceserani, Bonnie Marranca, Sebasliano Addamo, Mario Schellini, Giani Sluparich, Alfonso Berardlnelli, Fabrizia Ramondino, Anlonio Tabucchl, Giampiero Neri, Tiziano Rossi ... IL PROJ,SIMO NUMERO SARA IN EDICOLA IL IS SETTEMBRE

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