104 INCHIESTA/ROSA I' PRIZE "DE SICA" AT VENICE FILM fESTIVi\L GRANO PRIX DE LA JURIE AT FESTIVAL OF NICE Wlw are 1kt mil lTtUl,l,.~ts 1 1M ona 1fwit fl(lint 1/w-it /att, OT W OMJ 1Mf are al'Ol<nd iu 1 Pubblicità americana per Summertime <li M. Mazzucco. me di film in nuclei che sono poi gli elementi della storia del cinema. In questo momento di vuoto italiano ci sono autori vari, che stanno cercando ognuno la propria strada. Indipendentemente dai contenuti e dallo stile, vinceranno solo quelli che sin dall'inizio avranno saputo tenere conto dei problemi di mercato. 4) Il cinema, seppure in una fase di transizione tra le più radicali della sua storia, resterà vivo se saprà mantenere costanti quegli elementi che lo rendono insostituibile: la spettacolarità, la magia della fruizione singola in una situazione pubblica, il piacere della qualità. 5) Summertime era un film non scritto, ma solo accennato. L'esigenza della sceneggiatura nasce per me solo nel momento in cui bisogna comunicare a terzi il progetto: in questo caso è meglio avere la collaborazione di un professionista, in quanto l'aspeuo della sceneggiatura è comunque prevalentemente letterario, per quanto filmico sia il soggetto trauato. La sceneggiatura è comunque un'arma a doppio taglio, proprio perché meue in maggiore risalto aspeui che poi saranno minoritari nel prodotto finale. Purtroppo non solo credo che siano pochissime le persone in grado di scrivere una sceneggiatura valida, ma che siano ancor meno quelle in grado di leggerla correttamente. 6) Lamentare una carenza significa presupporre la necessità di una presenza. Si trascura il fatto che se questo fenomeno si verifica spesso è segno evidente di un profondo malessere nei confronti della narratività in senso stretto. Bisognerebbe che i film-makers imparassero a trasformare queste cosiddette carenze in valori positivi. Per me il cosa e il come raccontare coincidono. L'espressione è unica, e contempla tutti e due i valori in modo inscindibile. 7) I rapporti tra le varie forme espressive sono un risultato, e pertanto vanno solo analizzati, non teorizzati; trovo che negli ultimi anni si sia innescato tra le varie forme un meccanismo che ha come unica destinazione un messaggio unico che assomiglierà sempre di più a se stesso. 8) L'unico scambio possibile è quello fatto sulla sostanza di prodotti completi, non certo su vaghe teorie senza meta e senza scopo. Basta con i meeting e le conferenze per cercare di far nascere qualcosa che non c'è, rimbocchiamoci le maniche e poi ci confronteremo sui prodotti. Massimo Mazzucco (Torino, 1954) risiede tra Milano e New York dove svolge l'attività di fotografo di moda. Dopo aver frequentato la scuola di regia televisiva della New School of Social Research di New York e aver collaborato come realizzatore a 'Sabato Due', trasmissione RAI del 1979, ha diretto Summertime (1982/83, 35mm, col., 70'), presentato al Festival di Venezia e numerosi altri festival. PAOLOROSA I) Per quel che mi riguarda non amo le discipline, né i rami del sapere, né i canali di indagine. Ci sono dei problemi e ho l'esigenza di affrontarli ed il desiderio di conoscèrli. Fa parte della mia vicenda personale l'attraversare vari strumenti espressivi ed avere a che fare contemporaneamente con diversi ambiti di intervento (attualmente video, cinema, installazioni), e questo spiega perché non ho scelto di fare cinema, ma di utilizzarlo, senza escludere altri strumenti e senza necessariamente privilegiarlo. Questo non significa stabilire un rapporto distacca• to con il mezzo che utilizzo. Ma è che non voglio farmi fuorviare dal mito della "disciplina" perché trovo che non ci sia niente di più illogico per chi si pone il problema di esplorare una dimensione contemporanea così complessa; e nemmeno dal mito della "specializzazione" che è il modo migliore per limitare la propria immaginazione. Di solito cerco di pensare ad una collocazione del messaggio "creativo" all'interno di un mercato, poiché ritengo che oggi esprimersi con un linguaggio significa misurarsi con tutto l'apparato economico, che di per sé è diventato linguaggio e dal quale non ti puoi astrarre se cerchi un rapporto con gli altri. È finito il tempo della sperimentazione nei laboratori asettici. Ma purtroppo parlando di cinema questo criterio rappresenta una contraddizione. li suo mercato è moribondo e impenetrabile ed una mediazione con esso non rappresenta che un salto all'indietro, poiché anche da un punto di vista industriale, almeno per quanto riguarda la pro• duzione italiana, non mi sembra certo modello di saggezza. D'altra parte però la privazione alla quale sottoporsi non facendo film è tale che si preferisce vivere una contraddizione, con tutti i limiti che impone, piuttosto che una rinuncia. Mi pongo questo come un problema da risolvere, nel senso che dicevo all'inizio. Il nodo essenziale di questo aspetto mi pare possa essere l'urgenza di costruire un mercato e non solo di adeguarsi a quello esistente. Occorre valorizzare un diverso modo di produrre film, di distribuirli, di farli vedere alla gente. Occorre imporre nuovi strumenti critici sostituendo i logori che sono in circolazione. Esempi se ne vedono già (per chi li vede, naturalmente) e in questo senso la simbiosi con altri settori può essere determinante. È una soluzione che va ricercata con la stessa intensità creativa con cui si tenta di esprimere un racconto cinematografico. È necessario occuparsi anche di questo anello, ed affermare che non rinunciamo alla mercificazione dei nostri lavori, ma al contrario propugnamo l'idea che essi diventino la partenza per una sana commercializzazione che ridia anche da questo punto di vista senso al fare cinema e costruisca il necessario terreno per sviluppare le potenzialità esistenti. 2) Nessuno può gettar via la storia, dimenticarsene; quindi direttamente o indirettamente se ne è espressione. Questo non toglie che io senta comunque una cesura profonda, un distacco incolmabile con le esperienze passate. Un distacco, che non è segnato solamente dalla forte modificazione determinata dallo sviluppo dei nuovi strumenti audiovisivi (che prepotentemente si sono sovrapposti al cinema). Ho l'impressione che questa voragine si sia prodotta anche da un atteggiamento arido e fortemente egoistico di alcuni "maestri" espressione di generazioni precedenti alla nostra. Molto più attenti questi a generare modelli piuttosto che riferimenti; a conquistare ter•
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