ULTIMELEVE UNQUESTIONARIO Al FILM-MAKERS ITALIANI a cura di Paola Candiani e Goffredo Fofi ILQUESTIONARIO /) Cosa ti ha spinto a scegliere il cinema (e/o la TV) e non un'altra fomu, di espressione e comunicavone? Cos'i che ti spinge a fare film che nella maggior parte dei casi non avranno circuito e non sanno bene come collocarsi nel mercato attuale? 2) Ti senti espressione e prodotto di una storia del cinema Italiano o hai cercato e cerchi i tuoi riferimenti altrove? E quali? JJ Cos'i e cosa dovrebbe essere un "nuovo cinema"? Ci sono esempi e modelli coi quali senti di poterti confrontare, dai quali imparare, in Italia o altrove? Che ruolo pui> avere ancora l'autore-regista, oggi? 4) Qualefuturo vedi per il cinema all'interno della produzione audiovisiva attuale e delle sue linee di tendenza? 5) Hai sempre scritto da solo i tuoi film? E se si, perché? 6) Molti lamentano nelle opere dei film-nuzkers delle carenze di "narrativittl", una scarsapadronanza della sceneggiatura e una certa fragilittl di contenuti. Sei d'accordo? E in questo caso, come pensi che si possa ovviare a questi limiti? Che rapporto c'i nel tuo "fare cinema" tra il "cosa raccontare" e Il "come raccontare"? 7) Che rapporto pensi debba esistere tra il cinema e altre forme d'espressione, tradizionali (narrativa, poesia, teatro, pittura... ) o più recenti e nuove (/umetto, pubbliclttl, video-art, Yideo-c//ps•.•) ? 8) Senti l'esigenza di rapporti di collaborazione e acr,mbiocon persone della tua generaiione che si dedicano a queste altre forme? E come pensi possano lltlSCett? PAOLOBOLOGNA I) A. Probabilmente il cinema soddisfa la mia natura e formazione interdisciplinare (pittura, teatro, architettura, musica, ho anche scritto un romanzo dal quale vorrei fare un film). Poi perché è sintetico, essenzialmente dinamico, totale. Amo la sua magia, la sua tecnologia, la poesia elementare della luce e dell'ombra. Credo sia ancora l'arte del nostro secolo. B. Spero di non fare più film che non avranno mercato. Per me si trattava anche di cominciare, anche se hanno fauo molto per impedirmelo. (Intendo le s1ru11ure). Ma il problema credo sia oramai, non di fare film per un ipotetico mercato, ma di cercare di "fare il mercato". per quel che ne rimane. In Italia per il momento, non parliamo dell'estero, c'è un bisogno limitatissimo di film italiani. 2) Sono espressione e prodo110 del cinema italiano, ma i miei riferimenti, e non solo cinematografici (anche se consumo essenzialmente cinema), e quello che faccio, hanno tendenze planetarie. Guardo sopra1tu110 l'occidente. Sono troppi film e autori che dovrei citare, anche se ovviamente ho i miei primi amori ... Cerco la perizia, la qualità, ma non solo della regia, o dello sceneggiatore; di alcuni film cerco di capirne l'intelligenza produttiva, i sistemi, le modalità. 3) Non lo so proprio. lo sono, faccio nuovo cinema, se ricerco un nuovo modo di fare cinema, in risposta a quello attuale, alla situazione di mercato così com'è. Ma non è solo un fatto di poetica, di vecchio o nuovo realismo, di linguaggio; c'entra molto la produzione, la sua imprendi1orialità. In questo momento mi sembra importante. Nel cinema di libero mercato, che è quello che ora mi interessa, anche perché non credo che in Italia ne possa esistere uno serio sovvenzionato (troppe lottizzazioni e burocrazie, troppi pochi soldi), c'è bisogno di questa intelligenza di penetrazione, di appropriazione, della quale il regista o autore, si deve fare carico. Non ci sono più produttori, in Italia (non è solo colpa loro) sono pochissimi, ed è comunque sempre meglio scegliersi le proprie catene, se di catene si parla quando solitamente ci si riferisce al mercato. 4) Un futuro di sicura espansione, già in atto del resto. Per il cinema italiano poco, se non cambiano le leggi al più presto. Le percentuali parlano chiaro. Poco cinema nelle sale (40 film reali ogni anno) poco cinema in televisione (e bruttino, ovviamente). Le leggi attuali non solo non aiutano, ma ostacolano pesantemente. Troppi interessi "da macellaio". sollo. Ma in generale si consuma molto più cinema ora con la televisione, che prima nelle sale. A me il cinema piace vederlo nella sala, proiezionista permettendo. Certi film in televisione perdono, altri acquistano. Molti film cambiano per poter meglio penetrare nella scatola televisiva. 1=: un gioco di linguaggi, tutto qua. li cinema comunque contiene ancora il cinema in televisione. L'unica cosa che mi spaventa realmente, aldilà della diversa "densità" delle strutture narrative che il consumo televisivo ha imposto (le quali possono essere stimolati), è la "castigazione dell'occhio". Cioè la capacità di poter leggere autonomamente e più in profondità al cinema, e il suo abbruuimento in televisione. Non solo una grossa perdita di comunicazione, per averne delle altre. La televisione, per sua essenza, avvilisce l'occhio, la sua intelligenza, la sua bellezza. 5) Ho realizzato un solo lungometraggio, Fuori dal giorno, in 16 mm. L'ho scritto da solo. Non è facile trovare i collaboratori. L'ho anche prodo110 da solo e anche montato da solo. Altri ne ho scritti e sto scrivendo, alcuni con altri, a seconda dei casi o del tipo di film. Non è megalomania o cos'altro. Se qualcuno venisse con un copione e mi dicesse "Ecco i soldi, gira questo film", lo farei volentieri, se non altro per la s1ima riposta in me. Ma nella mia situazione devo essere io a propormi e in ogni caso devo essere responsabile, altamente partecipe. Ho scritto molto, ultimamente. Era una cosa che dovevo approfondire. Per poter essere "più cosciente", diciamo, per ogni futura collaborazione. 6) A. Non credo di essere un filmmaker, assolutamente. Lo sono stato, in passato. Sono tre anni che non "giro" pellicola, e questo non mi porta alcuno scompenso. Me ne porterà in futuro se almeno uno dei miei progetti per il cinema non andrà in porto. Ho visto troppi film, e il piacere di guardarli ancora mi appaga, alla lunga. Anche perché un film si fa da solo. Cioè basta schiacciare il pulsante della cinepresa. Le carenze non riguardano soltanto la sceneggiatura, in ogni caso. Ma per quanto riguarda la "narratività", è questa stessa mi sembra che al cinema è andata in crisi. Se è stata una scelta per chicchessia, ben venga, era giusto farlo. Per me lo è stato. Anche perché, soprattutto in Italia, si confondeva sempre più la narratività cinematografica con la gag di un comico davanti a una cinepresa (dalla fine degli anni '70). La televisione è piena di narratività. Le antenne ne sono stracolme. Ma quello non
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