prattutto, che sono subentrati in massa. Qui stanno in qualche modo i due capi della storia che Irving Howe racconta nelle 500 pagine del suo La terra promessa. Ebrei a New York (Comunità, 1984). Howe comincia dalle masse degli ebrei russi e polacchi che lasciarono le citta e gli shtetlakh est europei dopo il 1880 per andare a formare il grande quartiere ebraico di Manhattan. Ne registra gli stupori: "Il popolo nuovo e straniero che giunse attraverso l'oceano in questa città inimmaginabile si sentiva travolto da una terribile tempesta che lo avrebbe presto fatto a brani. Autobus e tram sfrecciavano per le strade con una potenza diabolica. Una marea di persone calcava i marciapiedi, i loro volti come schiuma. Gli immigrati provavano un senso di sgomento davanti all'affanno di ·queste strade formicolanti. Era ·tutto selvaggio, tutto incomprensibile". Li osserva poi nella fatica per diventare comunità nuova: i casamenti sovraffollati, poveri, sporchi; le strade piene di ambulanti, di gente e di bambini; le malsane fabbriche di indumenti dove vanno a lavorare: "Il boss della bottega viveva lì con tutta la famiglia. ,La stanza sul davanti della casa e la cucina si usavano da laboratorio. Tutta la famiglia dormiva in un unico locale senza finestre. Le macchine da cucire dei lavoranti erano sistemate vicino alle finestre. Quelli che imbastivano erano seduti su sgabelli accanto alla parete, e nel centro della stanza, in mezzo alla sporcizia e alla polvere, erano ammucchiate cataste di stoffe". Li vede mantenere e abbandonare e cambiare la vecchia fede e le sue regole, le gerarchie familiari, le abitudini culinarie e gli svaghi. Nel I903, Abraham Cahan dovette difendere sul suo giornale il baseball: "Anche il corpo ha bisogno di svilupparsi. Il baseball si gioca all'aria aperta. Lo sport veramente selvaggio è il football, l'aristocratico sport dei colleges. Nel football si verificano incidenti e scontri, ma il baseball non è pericoloso". Ne racconta infine i rapporti vecchi e nuovi con l'anarchismo, il .socialismo, il comunismo e il sindacalismo, con le tensioni dell'ascesa sociale e dell'istruzione (la preoccupazione delle autorità di Harvard perché nel 1922 il 22% degli iscritti erano ebrei); i coinvolgimenti con la politica istituzionale e la criminalità. lrving Howe, critico letterario e storico, aveva intitolato il suo libro World of our fathers, mondo dei nostri padri. La sua opera è ricca di aneddoti, di ritratti, di brani di racconti e testimonianze personali attraverso cui filtrano le esperienze e le razionalizzazioni dei protagonisti - i padri, appunto, con tutte le possibili diversità e ricorrenze. Howe conserva la ricchezza della varietà, ed è abbastanza poco nostalgico da ripercorrerne l'incanalamento progressivo senza recriminare su ciò che "andò perduto" nel processo di formazione della nuova cultura ebraicoamericana. Il racconto è tutto interno all'esperienza degli immigrati ebrei. Vi sono molti echi, ma il lettore interessato ne vorrebbe ancora di più e li vorrebbe squarci non occasionali, sulle esperienze circostanti. Non c'è prospettiva comparativa, eppure chi legge avendo in mente i mondi degli altri immigrati trova significative coincidenze. Per noi: con il viaggio degli italiani e con il sovraffollamento, la povertà e il rumore delle loro abitazioni nel nuovo mondo. Si trovano analogie nelle dinamiche di edificazione della comunità e altre ancora, così come ci sono, beninteso, ancor più significative divergenze; ma un'analogia vale forse la pena di ricordare presentando questo libro. Nessuno si stupirebbe di leggere la storia della miseria della prima generazione di italiani in America; immagino invece quanti si stupirebbero nel leggere di un'altrettanta povertà ebraica. A questi consiglio in modo particolare il libro. Howe, direttore della rivista "Dissent", è un socialista che ha abbandonato il marxismo nel corso degli anni Cinquanta. Come per tanti intellettuali ebrei, nella storia dei Bambino ebreo di New York (1910). SCHEDE/CINEMA loro padri c'è la spiegazione del loro avvicinamento al marxismo e nella loro le ragioni del suo fallimento. Howe non fa eccezione e ksue preferenze "di ritorno" per l'etica ecuÌnenistica del socialismo dei padri si fa sentire quando racconta le colpe dei comunisti ebrei. Qui sono alcune delle pagine più discutibili di tutto il libro - che sono anche, però, tra le più periferiche. Nel complesso, dalla storia che Howe racconta, frutto essa stessa della tradizione di mantenimento comunque della memoria della comunità, di ricerca intellettuale e di esercizio della critica, vengono fornite all'oggi le ragioni del vigore dell'intelligenza ebraico-americana. Anzi: ebraico-newyorkese, riconoscendo a New York tutta la dominanza che ha e che il libro giustamente sostiene. Si tratta di un'intelligenza civile, vigile, una volta "separata", adesso componente caratterizzante della cultura statunitense del secolo. CINEMA "LAMIARELIGIONE È SIMON" Goffredo Fofi L'ultimo film di Resnais, L 'amour à mort, è stilisticamente diverso da quelli precedenti del regista, e in particolare da quelli scritti, come questo, assieme a Jean Gruault. Gruault ha portato a Resnais una dialettica, nelle sceneggiature, serrata e spesso forzata, per non dire arida e fredda, che costringeva il regista a una complessa operazione di montaggio che rinunciava alla sua abituale sinuosità, e a un certo schematismo dei personaggi e, diciamo pure, delle tesi. Parliamo di Mon onde d'Amérique e di La vie est un roman. La scelta di ridurre il gioco dei personaggi a quattro, di realizzare il film in modo quasi teatrale, da kammerspiel, e l'argomento stesso (l'amore, la morte, il suicidio) fanno però, qui, dello schematismo gruaultiano qualcosa di insolitamente forte. L'altezza del progetto, la scelta e necessità di "non barare" con argomenti di tale portata, richiedevano un trattamento rigoroso, controllatissimo, eppure semplice, di concatenata chiarezza ed essenzialità. La riduzione dei personaggi (due coppie: i protagonisti Elisabeth e Simon, e il loro controcanto "protestante", i due pastori e coniugi Judith e Jéròme) e la riduzione dell'aneddoto a ciò che avviene tra la prima "morte" di Simon, la sua seconda e definitiva scomparsa e il suicidio di Elisabeth 93
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